collettivo culturale tuttomondo Medea di Doris Bellomusto
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Mi chiamo Medea, siete sicuri di volermi ascoltare?
Un figlio, non è un miracolo, non è un’occasione. Un figlio è un sacrificio.
Un figlio ti apre alla morte. Si spalanca il cuore quando nasce un figlio, ma si rovescia il tempo.
Comincia a scorrere al contrario. Ti affianca la morte ogni giorno, la temi sempre, ti segue come un’ombra.
Non è un male, anzi. Ma è fatica.
La vita non è più semplicemente tua. Non giochi più secondo le tue regole.
Un figlio crea la parentela, il legame, il giogo. Ti tiene stretto alle tue scelte, ai tuoi confini. Ti smaschera.
Un figlio è un miracolo e un’occasione solo se si è disposti a dargli un coltello fra le mani.
Un figlio ti sventra quando nasce e, se tutto va come deve, continuerà a sventrarti fino a quando ne avrà bisogno.
I figli sono cannibali!
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Doris Bellomusto
illustrazione: Neith, Medea
La poesia di Doris Bellomusto, liricamente ispirata e senza eccessi retorici, ci mostra una tensione espressiva legata alla dimensione esistenziale.
Ogni testo, innestato sul tronco di una tessitura evocativa, filtra le suggestioni dell’anima e le immagini del reale dandone consistenza simbolica. Il distacco dal mondo quotidiano e la riflessione esistenziale permettono all’Autrice di conciliare la forma distesa e scorrevole con un simbolismo intenso e una ispirazione emotiva ricca di sfumature.
I grandi temi dell’esistenza vengono affrontati attraverso ritmi serrati e una densità del testo rilevante, così pregno di immagini, ma comunque aperto alle interpretazioni del lettore.
Ne emerge nettamente una poetica di scavo lessicale, che propone poesie decisamente intense, di grande essen-zialità, con immagini-chiave spesso originali, che spingono il lettore a riflettere e a rispecchiarsi nel mondo interiore dell’Autrice. (by Ubaldo Giacomucci)
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