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Michela Murgia La gattamorta

04/09/2023 By carlaita

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La gattamorta di Michela Murgia (Cabras, 1972 – Roma, 2023)

E’ la terza volta in un mese che mi trovo a spiegare a un uomo cosa sia una gattamorta. Non mi è mai capitato di doverlo fare con una donna: le donne lo sanno benissimo.

Il gattamortismo è un comportamento sociale prevalentemente femminile, benché abbia incontrato uomini capacissimi di replicarlo. Prende il nome dal movimento lascivo delle gatte in calore, che rotolano per terra miagolando e mostrando la pancia con un atteggiamento apparentemente passivo che ti induce a credere che la decisione di avvicinarti spetti a te.

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La gattamorta la riconosci dal fatto che evita qualunque modalità assertiva: lei non “è”, lei “sta” e la sensazione che restituisce è che le cose le accadano senza alcun suo contributo, anzi suo malgrado.

Inutile dire che è vero l’opposto, ma questa ovvietà per un maschio medio è praticamente impossibile da capire, ammesso che esista un maschio medio che voglia capirlo davvero.

La gattamorta solletica infatti l’aspirazione alla superiorità di genere che si annida in molti uomini, quelli che possono essere lusingati dalla possibilità di potersi dimostrare forti e protettivi verso una femmina della loro specie. Perché questo meccanismo ancestrale si attivi occorre naturalmente che ci sia una donna disposta a recitare la parte del sesso debole, fragile davanti alla durezza del mondo, intimidita dalla vita in qualunque forma si manifesti e dunque bisognosa di protezione, perché la gattamorta – nemmeno Battiato l’aveva capito – è un essere speciale e troverà di sicuro qualcuno pronto a superare le correnti gravitazionali pur di aver cura di lei.

La gattamorta fa tutto in modalità passivo-aggressiva: è lei quella che a una festa balla poco e guarda tanto, toccandosi i capelli di continuo; appena un uomo gradito le incrocia lo sguardo lo abbassa e sorride, davvero troppo timida per reggere un simile impatto.

Parla a voce bassa, tra il sussurro e il lamentoso, perché è sensibile. Ha spesso qualche fragilità fisica sexy e invisibile, tipo mal di testa o pressione bassa, ideali per accasciarsi indebolite e magari farsi accompagnare a casa senza dover mai dire “vorrei andare a casa”. E’ quella che ha sì la minigonna inguinale, ma sembra essersela infilata per caso, giusto perché non aveva nient’altro di pulito, mica per malizia. La gattamorta poi non fa mai deliberatamente qualcosa di dannoso. Se accade, per definizione lei “non voleva”. Inutile farglielo notare, sennò piange lei e tu l’hai fatta piangere. Se poi abbia delle idee sue è un mistero inconoscibile: non le manifesta mai troppo nettamente, perché le posizioni esplicite suggeriscono forza e la gattamorta non vuole suggerire alcun tipo di forza, altrimenti come fa a convincerti che quello forte sei tu?

Fare la gattamorta in un paese pieno di stereotipi di genere è estremamente efficace.

Senza mai dichiararlo, la gattamorta conforta l’uomo destabilizzato dal confronto con donne più autonome o comunque abbastanza impegnative da fargli temere di non esserne all’altezza. La gattamorta risolve l’ansia: lei non ti chiede alcuna altezza, devi persino chinarti.

Nonostante la riconoscibilità, per vederla essendo maschi ci vuole una vita e di solito il punto di consapevolezza si raggiunge quando è troppo tardi.
Una donna invece la gattamorta la riconosce dalle elementari, da quando la ragazzina gracile con gli occhi color del dado da brodo si metteva in un angolino vicino a quello che piaceva a te e si fissava le scarpette zitta finché lui non le offriva un pezzo di merendina, intenerito.
E tu che ti eri imparata le regole del calcio per fare colpo.

_

immagine dal web

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Non ho mai capito dove finisce l’amore che non u Non ho mai capito dove finisce
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usarne gli avanzi per le polpette, concimarci le piante … https://cctm.website/stella-poli-italia/
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Questo mondo è poi la loro patria, era comunque l’unica patria che noi eravamo disposti a riconoscere. Un minuscolo microcosmo, in cui ci si può sempre salvare dal mondo che crolla.

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Non sono solitario, le dissi. E stavo per aggiung Non sono solitario, le dissi. 
E stavo per aggiungere: sono solo, è diverso.

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Non si può vedere il tuo nome chiuso nella mia gola, il tuo “sì” nel mio sangue, la sete e la fame che ora chiedono solo di te, e il nodo che mi hai stretto alle viscere, e l'affanno di non saperti seguire, se non con il mio passo lento, che esiste solo in funzione del tuo, che sa solo la strada che vedi tu. 

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🍁🍂 🍁🍂
Qual è la parola per dire che non si hanno più s Qual è la parola per dire che non si hanno più sentimenti
negativi verso chi ti ha ferito?
Perdono, mi hanno risposto. Ma io volevo, al contrario, parlare
del rancore.
Questo è stato l’inizio e può valere come esempio.
Ogni giorno c’è una parola nuova di cui non ricordo il senso
e il cui suono tintinna un motivo percepito a brani
familiare una volta, ora perduto.
La sua luce abituale cade. Di colpo non importa,
provo rancore, perdono chi prova rancore, mi perdono?
C’è un alfabeto incomprensibile, un linguaggio dimenticato.
I nomi ruotano privi della loro materia fin dal mattino.
Come chiamare la stoffa bianca che il vento muove davanti
alla vetrata?
Tenda, tende. Il riso mi si annida in gola.
Lei, cioè io, tende a cosa?
Qui so rispondere: tendo alla terza persona
alla grazia sperimentata una volta sola
di un dolore sdoppiato e spinto fuori
poi fissato, ascoltato perfino nello scroscio delle lacrime
ma da un’altra me stessa
capace di lasciare la sua vecchia pelle sulla terra.

Antonella Anedda 

 foto © Nini Kubaneishvili
Devo fabbricarmi un sorriso, munirmene, mettermi s Devo fabbricarmi un sorriso, munirmene, mettermi sotto la sua protezione, frapporre qualcosa tra il mondo e me, camuffare le mie ferite, imparare, insomma, a usare la maschera. 

Emil Cioran
foto Saul Leiter
Fabio Magnasciutti Fabio Magnasciutti
Per riuscire a capire il mondo, a volte bisogna di Per riuscire a capire il mondo, a volte bisogna distrarsi.

Albert Camus

foto keristi  k
di Maya Angelou Ho imparato che qualsiasi cosa a di Maya Angelou 

Ho imparato che qualsiasi cosa accada, o per quanto l’oggi sembri insopportabilmente brutto, la vita va sempre avanti e il domani sarà  migliore.
Ho imparato che si può capire molto di una persona dalla maniera in cui affronta queste tre cose: una giornata piovosa, la perdita del bagaglio, l’intrico delle luci dell’albero di Natale.
Ho imparato, indipendentemente dal rapporto che abbiamo coi nostri genitori, che ci mancheranno quando saranno usciti dalla nostra vita.
Ho imparato che il semplice sopravvivere è diverso da vivere.
Ho imparato che la vita qualche volta consente una seconda chance.
Ho imparato che non si può affrontare la vita con i guantoni da baseball su entrambe le mani: si ha sempre bisogno di gettare qualcosa dietro le spalle.
Ho imparato che ogni volta che prendo una decisione col cuore, generalmente faccio la scelta giusta.
Ho imparato che anche quando ho delle sofferenze non devo essere una sofferenza.
Ho imparato che ogni giorno si dovrebbe uscire ed avere contatti con qualcuno.
Ho imparato che le persone gradiscono molto un abbraccio, o anche semplicemente una pacca sulle spalle.
Ho imparato che ho ancora molto da imparare.
Ho imparato che le persone dimenticheranno quanto hai detto, dimenticheranno quanto hai fatto, ma non dimenticheranno mai come le hai fatte sentire.

illustrazione Ofra Amit
Carezze, ecco. Io se fossi una mano sognerei care Carezze, ecco. 
Io se fossi una mano sognerei carezze, quel bel contatto che consola la pelle che le riceve e anche quella che le fa.

Sergio Claudio Perroni

Foto: Laura Makabresku
Quand'ero piccolo, da grande volevo diventare un l Quand'ero piccolo, da grande volevo diventare un libro. Non uno scrittore, un libro: perché le persone le si può uccidere come formiche. Anche uno scrittore, non è difficile ucciderlo. Mentre un libro, quand'anche lo si distrugga con metodo, è probabile che un esemplare comunque si salvi e preservi la sua vita di scaffale, una vita eterna, muta, su un ripiano dimenticato in qualche sperduta biblioteca a Reykjavik, Valladolid, Vancouver.

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[Una storia di amore e di tenebra, traduzione di E. Loewenthal, Feltrinelli, 2003]
Pier Vittorio Tondelli da Biglietti agli amici, Ba Pier Vittorio Tondelli da Biglietti agli amici, Baskerville, 1986 … https://cctm.website/pier-vittorio-tondelli-biglietti-agli-amici/
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