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La zia Eugenia di Ángeles Mastretta

01/05/2016 By carlaita

collettivo culturale tuttomondo La zia Eugenia di Ángeles Mastretta

La zia Eugenia di Ángeles Mastretta (Messico)

La zia Eugenia entrò per la prima volta all’ospedale di San Josè al momento di partorire il suo quinto figlio. Dopo aver lottato venti ore aiutata da tutta la famiglia, accettò il rischio di andare in ospedale, visto che nessuno sapeva come far uscire quel bambino che si era incastrato a metà strada. La zia aveva il terrore degli ospedali, convinta com’era che degli sconosciuti non potessero prendersi davvero a cuore persone che vedevano per la prima volta.

Era buona amica della sua levatrice, che arrivava sempre in tempo, pulita come un bicchiere appena lavato, dolce e sorridente, abile e fulminea come nessun medico. Arrivava con le sue montagne di panni immacolati e i suoi secchi di acqua bollita, a contemplare il lavoro con cui zia Eugenia metteva al mondo i suoi figli.
Sapeva di non essere la protagonista di quella storia e si limitava a fornire consigli azzeccati e ancor più azzeccati silenzi.

La zia Eugenia era la prima a toccare i suoi figli, la prima a baciarli e leccarli, la prima a controllare che fossero interi e ben fatti. Donna Telia interveniva dopo e dirigeva il primo bagno della creatura. Il tutto con una tranquillità contagiosa che rendeva ogni parto un avvenimento quasi gradevole. Con Donna Telia come aiuto, non c’erano grida, né corse, né paura.
Disgraziatamente però questa prodigiosa donna non era eterna, e due mesi prima dell’ultimo parto della zia Eugenia morì. Ad ogni modo, questa si installò nella sua camera dal letto come sempre e chiese aiuto a sua sorella, a sua madre e alla cuoca. Tutto sarebbe andato per il meglio, se il bambino non avesse fatto una capriola rimanendo con la testa verso l’alto.
Dopo alcune ore di sforzi e maledizioni nell ’intimità, chiunque se la sentisse poté passare tra le gambe della zia per vedere di convincere quello stupido moccioso che la vita sarebbe stata bella lontano dalla sua mamma. Nessuno però riuscì a risolvere quel pasticcio. Alla fine il marito prese in mano la situazione e portò la zia all’ospedale. Lì la poveretta cadde nelle mani di tre medici che la cloroformizzarono per porre fine a ogni discussione e fare di lei ciò che volevano.

La zia riprese i sensi solo parecchie ore più tardi e chiese subito del suo bambino. Le risposero che era nella nursery.

Ancora oggi in ospedale c’è chi ricorda il putiferio che scoppiò allora. La zia trovo’ la forza di picchiare l’ infermiera che uscì di corsa in cerca della caporeparto. Anche la caporeparto ricevette uno spintone e una sfilza di insulti. Mentre girava per i corridoi in cerca della nursery, la zia la chiamò cafona, saccente, ridicola, inetta, vigliacca, pazza, demente, possessiva, arbitraria e tanto, ma proprio tanto scema.
Alla fine entrò nella saletta piena di culle e si diresse senza nessuna difficoltà verso quella di suo figlio. Affondò il viso centro la cesta e cominciò a dire cose che nessuno capiva. Gli raccontò migliaia di cose, tenendolo abbracciato, finché considerò sufficiente la dose di sussurri. Quindi lo svestì per contargli le dita dei piedi e controllargli l’ombelico, le ginocchia, il pisellino, gli occhi, il naso. Si succhiò un dito e glielo mise accanto alla bocca chiamandolo smorfioso. E solo quando lo vide muovere la testa e allungare le labbra in cerca di un capezzolo respirò soddisfatta. Allora lo prese in braccio coprendolo di baci e se lo attaccò al seno sinistro.
[…]

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La tía Eugenia de Ángeles Mastretta (Mexico)

La tía Eugenia conoció el Hospital de San José hasta que parió a suquinto hijo. Después de luchar veinte horas ayudada por toda su familia, aceptó el peligrode irse a un hospital, dado que nadie sabía qué hacer para sacarle al niño que se lecuatrapeó a media barriga. La tía les tenía terror a los hospitales porque aseguraba que era imposible que unos desconocidos quisieran a la gente que veían por primera vez.

Ella era buena amiga de su partera, su partera llegaba siempre atiempo, limpia como un vaso recién enjabonado, sonriente y suave, hábil y vertiginosa comono era posible en contrar ningún médico. Llegaba con sus miles de trapos albeantes y suscubos de agua hervida, a contemplar el trabajo con que tía Eugenia ponía sus hijos en elmundo. Sabía que no era la protagonista de esa historia y se limitaba a seruna presencia llena de consejos acertados y aún más acertados silencios. La tía Eugenia era la primera en tocar a sus hijos, la primera que losbesaba y lamía, la primera en revisar si estaban completos y bien hechos. Doña Teliala confortaba después y dirigía el primer baño de la creatura. Todo con una tranquilidad contagiosa que hacía de cada parto un acontecimiento casi agradable. No había gritos, nicarreras, ni miedo, con doña Telia como ayuda.

Pero por desgracia, esa mujer de prodigio no era eterna y se murió dos meses antes del último alumbramiento de la tía Eugenia. De todos modos, ella seinstaló en su recámara como siempre y le pidió ayuda a su hermana, a su mamá ya la cocinera. Todo habría ido muy bien si al niño no se le ocurre dar una marometa que lo dejó con la cabeza para arriba. Después de algunas horas de pujar y maldecir en la intimidad, todo elque se atrevió pudo pasar entre las piernas de la tía a ver si con sus consejos eraposible convencer al mocoso necio de que la vida sería buena lejos de su mamá. Pero nadie atinó a solucionar aquel desbarajuste.

Así que el marido se puso enérgico y cargó con la tía al hospital.  Ahí la pobrecita cayó en manos de tres médicos que le pusieron cloroformo en la nariz para sacarla de la discusión y hacer con ella lo que más les convino. Sólo varias horas después la tía recobró el alma, preguntando por suniño. Le dijeron que estaba en el cunero.

Todavía hay en el hospital quien recuerda el escándalo que se armóentonces. La tía tuvo fuerzas para golpear a la enfermera que salió corriendo en buscade su jefa. También su jefa recibió un empujón y una retahíla de insultos. Mientras caminaba por los pasillos en busca del cunero la llamó cursi, marisabidilla, ridícula, torpe, ruin,loca, demente, posesiva, arbitraria y suma, pero sumamente tonta. Por fin entró a la salita llena de cunas y se fue sin ningún trabajo hasta la de su hijo. Metió la cara dentro de la cesta y empezó a decir asuntos que nadie entendía. Habló y habló miles de cosas, abrazada a su niño, hasta que consideró suficiente la dosis de susurros. Luego lo desvistió para contarle los dedos de los pies y revisarle el ombligo, las rodillas, la pirinola, los ojos, la nariz. Se chupó un dedo y se lo puso cerca de la boca llamándolo remilgoso. Y sólo respiró en orden hasta verlo menear la cabeza y extender los labios en busca de un pezón. Entonces lo cargó dándole besos y se lo puso en la chichi izquierda.
[…]

dipinto di Tamara de Lempicka

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Senza la fantasia, senza la capacità di sognare, Senza la fantasia, senza la capacità di sognare, senza la poesia, siamo solo degli uomini ... 
con la fantasia, il sogno e la poesia, possiamo invece volare o perlomeno sollevarci da terra quel tanto che basta per sentirci qualcosa in piu’ 
Romano Battaglia
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Fossi in te mi amerei, chiamerei, non perderei tem Fossi in te mi amerei, chiamerei, non perderei tempo, mi direi di sì. Non dubiterei più, scapperei. Darei quello che ho, quello che hai, per avere quello che dai, che mi daresti. Mi scioglierei i capelli, piangerei di piacere, canterei scalza, ballerei, metterei a febbraio un sole di agosto, morirei di gusto, non metterei nessun ma a questo amore, inventerei nomi e verbi nuovi, tremerei di paura di fronte al dubbio che fosse solo un sogno, me ne andrei per sempre da te, da lì, con me. Fossi in te mi amerei. Mi direi di sì, non vedrei l’ora di correre fino alle mie braccia, o almeno, che ne so, risponderei ai miei messaggi, ai miei tentativi di sapere che ne è di te, mi chiamerei, che ne sarà di noi, e mi darei un segnale di vita, fossi in te.
 Juan Vicente Piqueras
Illustrazione Victoria Picini
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Basta in cielo una stella a fare la sera più bell Basta in cielo una stella
a fare la sera più bella.
Notte sull'aia
il cane abbaia
la luna è sola.
Alfonso Gatto
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Jean-Philippe Charbonnier Castiglia, Spagna, 1953 Jean-Philippe Charbonnier 
Castiglia, Spagna, 1953 
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Illustrazione Sara Vincetti #saravincetti #tiziano Illustrazione Sara Vincetti
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Mille porte fa quando ero una ragazzina solitaria Mille porte fa
quando ero una ragazzina solitaria
in un’enorme casa con quattro
garage e se ben ricordo
era estate,
di notte mi sdraiavo in giardino,
il trifoglio raggrinzito sotto di me,
le sagge stelle distese sopra di me,
la finestra di mia madre un imbuto
da cui usciva un calore giallo,
la finestra di mio padre, socchiusa,
un occhio dove passa chi dorme,
e le assi della casa
erano lisce e bianche come cera
e probabilmente milioni di foglie
navigavano come vele sui loro strani steli
mentre i grilli stridevano tutti insieme
e io, nel mio corpo nuovo di zecca,
non ancora di donna,
raccontavo alle stelle i miei problemi
e credevo che Dio potesse veramente vedere
il calore e la luce colorata,
i gomiti, le ginocchia, i sogni, la buonanotte.
ANNE SEXTON 
Illustrazione: Lucy Campbell
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Stefano da Verona, Madonna del roseto, 1420-1435 c Stefano da Verona, Madonna del roseto, 1420-1435 circa … https://cctm.website/stefano-da-verona-1379-1438 
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Io metto, fra me e te, migliaia di chilometri alt Io metto,
fra me e te, 
migliaia di chilometri
altri cieli altri mari
ma rimango sempre quella 
che viene a cercarti
Tu poni fra te e me,
pochi passi, 
e siamo già lontani
Hilde Kuhn
foto Polina Washington
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In un momento in cui – se possibile – c’è a In un momento in cui – se possibile – c’è ancor più bisogno di Bellezza e Altezza … https://cctm.website/nicola-porpora-napoli-1686-napoli-1766 
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Ti è pesato non fare più l'amore con lui? Certo Ti è pesato non fare più l'amore con lui? 
Certo. Mi è mancato il senso di intimità. Non c'era più intimità fra noi. Eravamo cordiali, e formalmente gentili ed educati, nient'altro. In pubblico eravamo cortesi, persino affettuosi.
...Ti prendi cura dell'altro quando sta male e di giorno fai quello che pensi sia il tuo dovere.. 
Kent Haruf
[da Le nostre anime di notte]
dipinto Malcom T. Liepke
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Gabriele Galloni #gabrielegalloni #cctmfb #linkinb Gabriele Galloni
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buon ferragosto 🌻 #ferragosto #cctmfb #linkinb buon ferragosto 🌻 
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In India si dice che l’ora più bella è quella In India si dice che l’ora più bella è quella dell’alba, quando la notte aleggia ancora nell’aria e il giorno non è ancora pieno, quando la distinzione fra tenebra e luce non è ancora netta e per qualche momento l’uomo, se vuole, se sa fare attenzione, può intuire che tutto ciò che nella vita gli appare in contrasto, il buio e la luce, il falso e il vero non sono che due aspetti della stessa cosa. Sono diversi, ma non facilmente separabili, sono distinti, ma non sono due. Come un uomo e una donna, che sono sì meravigliosamente differenti, ma che nell’amore diventano Uno.
Tiziano Terzani
dipinto : Sunrise (Alba), 1936, Arthur Dove
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"Ogni volta che una donna si difende da sola, senz "Ogni volta che una donna si difende da sola, senza saperlo, senza pretenderlo, si batte per tutte le donne".
Maya Angelou
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