cctm collettivo culturale tuttomondo una volta ho rubato una mela
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“Sai, una volta ho rubato una mela”
Il tono era quello del frutto proibito
Le parole gocce di un veleno segreto
Non mangio più mele dalle tue mani
Vanno dove vogliono senza un piano
La bellezza uccide chi non la possiede
Fa pensieri di fuoco col vento in favore
Il frutto che ha preso più sole lo addenta
Il primo che innesca una fantasia di fortuna
Sono state le tue parole ad ipnotizzare i sensi
O avevi dimenticato i vestiti stesi ad asciugare
Non hai perso tempo né la misura del movimento
Sono leggi della fisica e misteri della natura, eri pura
Quando il mare è mosso hai il sale addosso e ti brucia
Le tue labbra amare di caffè erano dolci senza zucchero
Le donne hanno fiuto per il polline di chi va di fiore in fiore
Le femmine ne fanno miele e quando è caldo ha più sapore
Era un giovane dal sorriso solare o maturo dallo sguardo fiero
Che faccia aveva delle mille che godono quando mi tormentano
Era la prima volta che lo vedevi o l’ultima, era tutto premeditato
Come si è spogliato, che ordini hai dato, ha tolto la fede e i calzini
Non mangi una ciliegia se non la lavi due volte, ma era carne cruda
Nudo come un verme l’avrai spedito in bagno, teso agguati da ragno
Sulle tue lenzuola di seta senza macchia ombre stese senza asciugare
Molto sudore per nulla, l’amore si nutre di chimica, il sesso di mimica
Era tutto luminoso per sfamare i tuoi occhi avidi o penombra complice
La tua bocca ha cominciato col farlo morire o ha addolcito la parola fine
Quanto è durato il vento d’ambra nei tuoi capelli color incendio domato
Ha scoperto quando sei profonda senza affondarti lo sguardo nell’anima
Ha ascoltato da sordo la tua voce muta non dire niente in tutte le lingue
L’odore più segreto e vero svelato ad un maiale bianco da tartufo nero
Gli avrai voltato la schiena non per andartene ma per venire di nuovo
E’ venuto senza preavviso o glielo hai chiesto come regalo di addio
Ti ha chiamata per nome o sorretta come una statua di cristallo
Avrà indossato l’invisibile delle impenetrabili nuvole di venere
O meglio l’ebbrezza e la vertigine del trapezio senza rete
La mia bussola ha un ago senza cruna e ho perso il filo
Bevo assenzio per dimenticare la tua sete di estasi
Ti avrei contato i battiti col mio orologio fermo
Stretto alla mia assenza di ghiaccio perenne
Fuso come la lava di un vulcano spento
Ero l’ombra della tua ombra al buio
Umana troppo umana ossessione
Lucida come una notte polare
Affamata di bellezza perduta.
Sulla tua pancia è neve vero?
Uccidimi di minimi particolari
Saziami di bugie a fin di bene
O è bianco perlato su tavola?
Il colore del piacere perduto
Fuori dal tempo come l’oblio
Alberto Troisi
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foto: Benoit Courti – fair use
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