collettivo culturale tuttomondo the communards you are my world
The Communards – You are my world, 1985
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The Communards, You are my world – album Communards, 1985
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There is nothing boy that can stop my
Course
I will hold you tight never let you go
Tomorrow’s party will never end
Like a bud in spring our love will
Bloom and grow
Your eyes to me are precious stones
On a face that’s made of a solid gold
When I hold your hand I want to cry
And your loving arms to protect me
From the could you are my world
The soul inside now belongs to you
I’m drowing in a love so deep
We will overcome those ups and
Downs
So happiness is forever ours to keep
I will follow you to the end of time
I will be the blood flowing through your veins
I will ride with you till the end of the
Line
You will be my everything; my world
You are; you are; you are; you are
Oh boy; you are my world
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voce: Jimmy Somerville
pianista: Richard Coles
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foto: The Communards
Sono passati 30 anni ormai e in pochi se ne ricorderanno oggi, ma ci fu un momento a metà decennio 80 durante il quale Jimmy Somerville era probabilmente l’outsider più conosciuto e di gran successo d’Inghilterra. Prima coi Bronski Beat e successivamente coi Communards, questo piccoletto originario di Glasgow dalla zazzera rossiccia e il falsetto spaccavetri (spaccò davvero la vetrata di una chiesa con un acuto!) mise firma e voce ad almeno tre album d’immortale synth-pop di grande importanza per il movimento gay e la working class di allora, due categorie delle quali è sempre stato orgoglioso membro e portavoce.
Poi, però, complici il fisiologico cambio delle mode e la sua attitudine belligerante verso il music business (non dimentichiamoci che i Bronski Beat si sciolsero quando lui rifiutò di andare in tour a supporto di Madonna e litigò con gli altri due membri della band perché non votavano il partito laburista), la sua stella ha finito con l’oscurarsi fino al quasi anonimato attuale. Jimmy non ha vissuto il drammatico calo psicofisico toccato ad altri suoi contemporanei come Adam Ant, Pete Burns o il recentemente scomparso Steve Strange, anzi la sua voce squilla esattamente come allora al punto che secondo me Mariah Carey darebbe l’intera collezione di scarpe per poter avere altrettanto, ma allo stesso tempo non ha mai saputo reinventarsi e cambiare pelle come Marc Almond o Boy George.
Già nei primi anni 90 Somerville era poco più che l’ombra di sé stesso, e col tempo si è trasformato in una di quelle vecchie dive da serata nostalgia alle quali in pochi prendono parte volentieri. Per sua stessa ammissione, la legacy da lui conquistata negli anni 80 – e recentemente rievocata con un bell’omaggio nel film “Pride” – è diventata la sua palla al piede, un ricordo di quei tempi così vivido e importante che ha finito col lasciarlo senza la forza di reinventarsi (Damiano Pandolfini)
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