collettivo culturale tuttomondo peccati capitali avarizia
Peccati Capitali Avarizia
Dal latino avaritia, è il desiderio di possedere e conservare denaro, beni o oggetti di valore per sé stessi in quantità di molto maggiori a quanto necessario per la sopravvivenza o per una vita comoda.
L’avaro ha un eccessivo ritegno nello spendere e nel donare, il valore che attribuisce a ciò che possiede è smisurato e supera qualunque altro valore: conta quindi semplicemente l’avere piuttosto che il fruire di ciò che si ha, il tenere per sé piuttosto che il dare.
Lo stereotipo dell’avaro, tramandatoci da tanta letteratura, è quello di un uomo, vecchio, per lo più solo, che vive in una casa buia e fredda, si alimenta in modo frugale, lesina in modo grottesco sulle spese comuni e costringe a una vita di stenti chi ha la ventura di vivergli accanto.
Nella Divina Commedia gli avari (e i prodighi) sono i penitenti della V cornice del Purgatorio.
Così come in vita furono rivolti verso i beni materiali e non operarono per il bene, così adesso giacciono proni verso il terreno con le mani e i piedi legati, mentre intonano, pur gemendo continuamente, un versetto del salmo 118.
Inoltre citano, durante il giorno, esempi di virtù: come Maria Vergine, che partorì suo figlio in una mangiatoia, il console romano Caio Fabrizio Luscinio, morto in povertà per non essersi fatto corrompere, e San Nicola, che riscattò delle ragazze dalla prostituzione; mentre la notte, esempi di accidia o prodigalità punita: re Mida, che mutava in oro tutto ciò che toccava, i coniugi Anania e Saffira, che tentarono di ingannare San Pietro.
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illustrazione: Jack Poliseno, Peccati Capitali, Avarizia, 2016
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