cctm collettivo culturale tuttomondo non è pigrizia è patriarcato
di Eugenia Nicolosi (Palermo, 1983)
Gli uomini che in casa non alzano un dito sono spesso definiti “pigri” ma non è pigrizia, è patriarcato. E comunque un modo per farli attivare c’è.
Un film che abbiamo visto tutte: Ti odio, ti lascio, ti… con Jennifer Aniston e Vince Vaugh, parla esattamente di questo. O almeno, inizia parlando di questo. E inizia con una conversazione che potrebbe essere stata sperimentata da decine di miliardi di coppie etero (o anche no): lui si infastidisce perché lei gli chiede di alzare il sedere dal divano (avevano avuto ospiti a cena), lei si infastidisce perché lui non si alza per dare una mano spontaneamente. “Ti chiedo soltanto, Brooke, di mostrare un briciolo di comprensione quando ti chiedo 20 minuti di relax e di non essere aggredito con domande e lagne di qualunque genere”. E lei: “Ho passato mezza giornata a pulire tutta casa e a cucinare la cena, mi sono ammazzata e ora potresti farti uscire un grazie e aiutarmi a lavare i piatti!”.
Discutono moltissimo, alla fine lui si alza per lavare i famosi piatti ma lo fa con stizza. E allora lei gli risponde che “Non è questo quello che voglio, io voglio che tu voglia lavare i piatti!”. Alla fine si lasciano. Spoiler.
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foto: Jennifer Aniston e Vince Vaughn, dal film Ti odio ti lascio
Partendo dal presupposto che lavare i piatti, stirare, cucinare e passare la cera sul parquet, se in casa abita anche lui non è “aiutare” ma provvedere alla manutenzione standard della propria casa e al sostentamento di sé e delle altre persone. Molti uomini ancora non lo fanno.
Però, dal momento che non è più socialmente accettato – non come prima – che stiano sul divano mentre le partner svolgono tutti i lavori domestici, adesso adottano furbissime scuse per continuare a non fare niente o quasi. “Tu lo fai meglio”, “Non avevo capito che fosse urgente”, “Perché non lo hai chiesto”, “L’ho scordato”, “Non mi sono accorto”. Scuse che possono essere verbalizzate con frasi di questo tipo oppure agite. Si addormentano di colpo, casualmente dopo grandi pranzi o cene, ricevono telefonate alle quali devono rispondere, hanno male a schiena / braccia / pancia / testa e “non possono”, non è che “non vogliono” oppure impiegano quattro ore per stirare una camicia o fare un uovo fritto, con il preciso scopo di sollecitare l’intervento della partner che a qual punto dirà “ok dai si fa tardi, ci penso io”. Insomma fanno gli ospiti in casa propria.
Se capitano una, o più di una, di queste cose, non si ha a che fare con banale pigrizia maschile: si è vittime di quella che viene definita “incompetenza strumentalizzata”. L’incompetenza strumentalizzata si riferisce al fingere di non essere in grado di fare qualcosa in modo che qualcun altro intervenga e lo faccia. E non per addossare la responsabilità dei comportamenti maschili alle donne, ma a volte è il caso di chiedersi quanto le donne siano consapevoli di essere sottoposte a questo tipo di manipolazione. Ed è utile allora porsi un paio di domande. Perché se ha i pollici opponibili allora è in grado sia di pelare le patate che di avviare la lavatrice.
Il punto è che gli uomini troppo spesso presumono che la moglie o la fidanzata tengano la baracca in piedi.
Credono che sia sufficiente aspettare che venga detto loro cosa fare, sapendo che il più delle volte troveranno comuque una scusa o un escamotage per non farlo. Il rifiuto degli uomini di fare la propria parte nei lavori domestici e di cura è un problema di natura culturale e sociale che impatta sul lavoro produttivo – quello che si svolge fuori casa, per intenderci – delle donne. C’è un ulteriore carico di lavoro mentale svolto dalle donne che sono bloccate nella posizione di “manager” della casa con l’onere di dover occuparsi di ciò che è necessario fare in casa, che rappresenta un costo emotivo, fisico, di tempo e mentale perché venga portato effettivamente a termine.
Nonostante tante belle parole, anche maschili, su come contrastare le discriminazioni di genere, molti uomini continuano a evitare di assumersi la responsabilità. Presumono che sia sufficiente dire di essere pronti a fare ciò che gli viene chiesto, considerando ancora come “generosità” e “aiuto” occuparsi della casa in cui abitano o del cibo che mangiano. Peraltro raccontandosi la storiella della partner “nevrotica” e “aggressiva” che prende il sopravvento quando loro fanno le cose male, tardi, controvoglia. Cioè sempre e di proposito. Ma è tutto un giochino che va a loro vantaggio.
Le donne d’altro canto sono ancora giudicate e giudicanti, quando una casa non è in ordine, quando la cena non è perfetta, quando la camicia non è stirata.
E anche se tutte e tutti sappiamo quali sono gli stereotipi e i pregiudizi che governano queste tossicità resistono quelle scorciatoie mentali che ci fanno guardare, male, “lei”, se la casa è un macello. Anche quando pensiamo “come mai lei non riesce a educarlo, renderlo ordinato?”. Inutile dire che sono le donne, ancora una volta, a dover disinnescare queste scorciatoie mentali ma anche a dover smettere di intevenire quando lui – abile e arruolato – finge di non essere in grado di tagliare i pomodori per l’insalata. Lo sa fare, è che non vuole.
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Eugenia Nicolosi è giornalista, scrittrice e attivista femminista e del movimento Lgbtqia+.
Fa parte di e lavora con diverse associazioni e organizzazioni che promuovono la parità di genere e la parità di diritti, fa divulgazione attraverso i social media, pubblicazioni e festival dedicati alla comunicazione, all’inclusione e all’empowerment femminile. È nella segreteria nazionale di Gaynet e collabora con Giulia – Giornaliste unite libere e autonome, Non una di meno e con la Rete donne transfemminista di Arcigay. Firma su La Repubblica e su Gaypost. Ha una patologica fissazione per gli anni Ottanta.
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