cctm collettivo culturale tuttomondo Natalia Ginzburg da Caro Michele
La gente a conoscerla un poco poi fa pena. Per questo si sta così bene con gli sconosciuti. Perché non è ancora cominciato il momento in cui fanno pena e si odiano.
Natalia Ginzburg
da Caro Michele, Mondadori, 1973
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foto: Rurik Dmitrienko, Jardin des Tuileries – fair use
Natalia Ginzburg, nata Levi (Palermo, 1916 – Roma, 1991), è stata una scrittrice, drammaturga, traduttrice e politica italiana, figura di primo piano della letteratura italiana del Novecento.
La sua vita è stata segnata da eventi storici difficili e pesantissime tragedie personali. Cresce a Torino in un ambiente intellettuale e antifascista, presto duramente colpito dal regime: il marito, il letterato Leone Ginzburg, morirà in carcere nel 1944, dopo essere stato mandato al confino in Abruzzo, con Natalia e i tre figli. L’intreccio di relazioni personali e culturali saranno soggetto del suo capolavoro autobiografico, Lessico famigliare (1963).
Il suo linguaggio è semplice, come i titoli dei suoi romanzi. I personaggi sono messi a vivo nei gesti e nelle semplici parole, attraverso lo sguardo di una donna.
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«Caro Michele»: il piú classico degli incipit epistolari è quello che Natalia Ginzburg sceglie come titolo del suo romanzo. Una madre già avanti negli anni ma ancora giovane e un figlio lontano fisicamente e ancor piú (e soprattutto) distante nelle idee, nelle esigenze, negli affetti e nei dolori. Un figlio per il quale la madre prova rancore, ma dal quale non riesce a staccarsi; e l’ultimo, irrescindibile cordone ombelicale è fatto di sole lettere. Sorta di Lessico famigliare dieci anni dopo, Caro Michele è un romanzo dai personaggi dispersi, divisi dall’incomunicabilità e destinati alla solitudine, e la scelta del genere epistolare suona provocatoria e simbolica.
«Il libro che una madre avvelenata può scrivere strappandosi di dosso i panni di madre» – Erri De Luca
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