cctm collettivo culturale tuttomondo Moda e moderno
Quando inizia la moda? In che epoca della nostra storia smettiamo di buttarci una pelliccia sulla spalla per scaldarci o di avvolgerci a caso in un giro di stoffa e cominciamo a trasformare i nostri abiti in simboli, elementi di costruzione del desiderio, manifesti di appartenenza?
«Moda e moderno, dalla stessa radice etimologica, sono termini strettamenti connessi», scrive Maria Giuseppina Muzzarelli, professoressa di storia medievale all’ università di Bologna, nel suo saggio Breve storia della moda in Italia (il Mulino), «benché un fenomeno definibile come moda sia esistito ben prima della cosiddetta età moderna». Esattamente nel basso medioevo, all’ uscita dalla barbarie. Intorno al XIII secolo, gli artigiani della stoffa iniziano a tagliare, colorare, montare e smontare. E i mercanti portano questi nuovi abiti a vendere nelle cosiddette trabacche, bancarelle all’ aperto, tirandoli quindi fuori dalla ristretta cerchia della corte. Questi nuovi abiti devono avere vezzo e pregio, se vogliono essere notati e soprattutto un gusto nuovo. Così, per prima cosa, si accorciano. Dopo secoli di tuniche di varia foggia, ecco apparire le gambe. Quelle degli uomini, ovviamente. Per poter vedere in strada falcate femminili, compassi che misurano il globo terrestre secondo la definizione di Truffaut, tocca aspettare ieri l’ altro. Perché prima di mostrare le gambe, le donne dovranno divincolarsi da secoli di strumenti di tortura indossati come gioielli. Raffinati marchingegni che, dietro l’ apparenza di dissimulare le forme del corpo, avevano l’ obiettivo di concentrare l’ attenzione in un unico punto.
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foto: crinolina, 1860 circa
Nell’ elenco figurano i verdugali, quelle stecche di vimini o di osso, concentriche, che tengono larghe le gonne e risalgono addirittura al 1400, sebbene li si ricordino soprattutto nell’ Inghilterra elisabettiana, i paniers, le imbottiture poggiate sui fianchi che davano a chi le indossava un buffo aspetto da animale da soma, le crinoline, sottogonne fatte di crini di cavallo ammorbiditi e impermeabili all’ acqua, dove sembra che fosse molto alla moda inserire, tra uno strato e l’ altro, alcuni fogli del Times, per amplificare il fruscio. E poi il corsetto, la cui stretta poteva modificare il busto di una donna e, impedendole di respirare in maniera adeguata, provocare i ben noti svenimenti.
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foto: gruppo di cinque corsetti datati tra la fine del XIX e l’inizio del XX secolo
O il bendaggio dei piedi delle bambine cinesi, il cui rovescio simbolico è il tacco, sempre più alto e sempre più scomodo, ancora molto in voga. Pensate alle stupefacenti calzature disegnate da Alexander McQueen e indossate da Lady Gaga nel video di Bad Romance. Le Armadillo, così chiamate per la forma di piccoli animaletti nell’ atto di frugare col naso nel terreno, sono state l’ incubo di una stagione per le modelle di tutto il mondo, alcune delle quali si sono addirittura rifiutate di indossarle.
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foto: Lady Gaga e le Armadillo Shoes di Alexander McQueen
Tutti questi esperimenti di contenzione ed esposizione mirata, come è facile immaginare rendono quell’ unico punto di concentrazione oggetto di un desiderio ossessivo. Feticistico, diremmo noi con una parola settecentesca che deriva dal portoghese «e nel XVII secolo era usata dai mercanti di schiavi per designare i simboli religiosi adorati dagli indigeni africani». A una moda così vincolante e astratta, spiega Muzzarelli, si oppone però un filone pratico funzionale. E cita il caso di Cristina da Pizzano, un’ italiana vissuta alla corte di Francia alla fine del trecento, la quale scelse di indossare un abito da «intellettuale di professione», una cottardita (veste lunga non aderente) blu cobalto che le consentiva libertà di movimento.
L’ estetica della moderazione rimase in auge per tutto il periodo della riforma e impose il gusto del nero, mai abbandonato fino a quando sarti come Jean Philippe Worth, che per tutto l’ ottocento vestì le donne più eleganti d’ Italia e soprattutto Paul Poiret, inventarono gli abiti per come li conosciamo.
La grande sartoria francese, il cui predominio nasce nel seicento, è ancora all’ avanguardia, ma nel 1930 succede qualcosa che sposta la prospettiva: nello stesso anno si sposano Maria José del Belgio con Umberto di Savoia e Edda Mussolini con Galeazzo Ciano. Le due donne indossano abiti italiani, secondo i dettami dell’ autarchia. E’ l’ inizio del fascino del made in Italy. Alcuni anni più tardi, nel 1949, Linda Christian sceglie un abito delle sorelle Fontana per sposare il bellissimo Tyron Power: un trionfo. (by Elena Stancanelli)
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