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Metamorphosis insectorum Surinamensium

26/07/2022 By carlaita

collettivo culturale tuttomondo Metamorphosis insectorum Surinamensium
« Realizzando quest’opera, non ho mirato al guadagno, contentandomi di rifarmi delle spese sostenute. Non ho badato a spese per eseguire quest’opera. Ho fatto incidere le tavole da un celebre maestro e ho procurato al libro la carta migliore per portare soddisfazione e piacere non solo agli amatori dell’arte ma anche agli amatori degli insetti e sono felice sentendo di aver raggiunto il mio scopo e di aver loro procurato della gioia. »

Maria Sibylla Merian

da Metamorphosis insectorum Surinamensium, 1705 –  Introduzione
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immagine: Maria Sibylla Merian, Metamorphosis insectorum Surinamensium, 1705

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La vita avventurosa della pittrice ed entomologa Maria Sibylla Merian (1647 Francoforte – 1717 Amsterdam) testimonia un percorso non facile di indipendenza economica e culturale ottenuta attraverso diversi cambiamenti, o meglio, metamorfosi.

Maria Sibylla raggiunse livelli di alta professionalità in un’attività che si colloca ai confini tra arte e scienza, essendo basata sulla capacità di produrre immagini che forniscono informazioni scientifiche.

Nata a Francoforte sul Meno, crebbe in una famiglia di illustratori, ricevendo la stessa formazione dei suoi fratelli nell’arte dell’incisione di tavole in rame. Si specializzò in tavole di fiori e di insetti, ma la sua passione erano i bruchi e le loro fasi di sviluppo in farfalle.

L’entomologia dell’epoca considerava separatamente i bruchi e le farfalle in classificazioni differenti e quindi non ne poteva vedere le metamorfosi. Merian, invece, fece oggetto delle sue osservazioni proprio le varie fasi evolutive.

Nel 1679 pubblicò un libro di tavole sui bruchi, di cui fu editore suo marito, anch’egli pittore. In esso dimostrò una impostazione fortemente innovativa poiché non rappresentava i suoi soggetti in modo astratto e parcellizzato come d’uso nel XVII secolo.

La sua attività, dunque, si colloca in un momento cruciale dell’entomologia.

La scienziata ebbe due figlie, a cui insegnò la sua stessa arte coltivata con il metodo dell’osservazione diretta e della rappresentazione artistica. A un certo punto una prima svolta: entra con la madre e le figlie in una comunità religiosa di integralisti protestanti (Labadisti), dove la fedeltà all’insegnamento evangelico comportava l’abbandono di ogni ricchezza e la vita in una comunità dedita alla meditazione e al distacco dalle cose del mondo: una nuova Gerusalemme.

Da questo momento Maria Sibylla tronca ogni rapporto con il marito, tanto che in anni successivi si dichiarò vedova, mentre lui viveva ancora in un’altra città. In seguito lasciò la setta dei Labadisti, presso i quali aveva cambiato vita ma aveva potuto continuare i suoi studi, e, trasferitasi ad Amsterdam con le figlie, gestì in proprio la sua attività di illustratrice e artista.

Lo fece così bene da riuscire a realizzare il sogno di andare a studiare insetti esotici nel Suriname, colonia olandese dell’America equatoriale.

La flora e la fauna dei paesi “esotici” suscitavano molto interesse negli europei del Settecento, che collezionavano le rarità provenienti dai viaggi dei primi avventurosi che si recavano nelle Indie orientali o occidentali. Molti studiosi perciò trovarono facilmente degli illustri mecenati per le loro ricerche. Non così Sibylla, che partì per il Suriname all’età di 52 anni con la figlia Dorothea, sostenendo in proprio le spese del viaggio e del soggiorno.

Quando tornò, dopo due anni per il disagio del clima torrido, aveva raccolto una tale quantità di osservazioni e di informazioni da poter realizzare la pubblicazione del libro Metamorphosis insectorum Surinamensium  con 60 tavole di illustrazioni incise su rame.

Con quest’opera, che fu accolta molto favorevolmente, e con la vendita di esemplari riportati in Europa, poté coprire i costi del viaggio. Anche lo zar Pietro il Grande si rifornì da lei per la sua collezione di rarità naturali.

Nelle illustrazioni degli insetti del Suriname, Maria Sibylla Merian rappresenta una natura esuberante, ricca, anche pericolosa. Conserva e rafforza la visione del mondo fortemente originale e innovativa, che aveva già espresso nelle sue opere precedenti: una visione unitaria e dinamica. La studiosa coglie l’evoluzione, la metamorfosi, appunto, di una natura che non necessita di fissità e astrazione per poter essere colta dallo sguardo della scienza.

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da Scienziate nel tempo. 100 biografie, Ledizioni, 2018

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