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Grazia Sambruna Il gattomorto

03/10/2023 By carlaita

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Grazia Sambruna Il gattomorto gattamorta michela murgia cctm a noi piace leggere amore

Il gattomorto di Grazia Sambruna (Milano, 1995)

Che cos’è una gattamorta? L’ha spiegato bene Michela Murgia: il termine «prende il nome dall’atteggiamento lascivo delle gatte in calore, che rotolano per terra miagolando e mostrando la pancia con un atteggiamento apparentemente passivo che ti induce a credere che la decisione di avvicinarti spetti a te».

Se questa descrizione vi ricorda qualcosa ma non vi ci sentite rappresentate, un motivo c’è: guardatevi intorno, siamo circondate da gattimorti.

Davvero, dopo la battaglia fatta per inserire nella lingua italiana quell’inutile “petaloso”, sarebbe ora che anche la Crusca riconosca un fenomeno (da baraccone) che c’è, è tra noi, ma resta ad oggi senza nome: il gattomorto.

Il gattomorto è, per sua natura, morto. Cercare di entrare in contatto con lui è come tentare di comunicare con una persona che sta in coma.

Tutti vi dicono, con più o meno tatto, di lasciar perdere ma voi sapete che, in qualche modo, può sentirvi. E allora continuate a gridare nel deserto, scansate eventuali pretendenti, rimanete a fare la calza partendo dal gomitolo, dalla matassa che vi ha lasciato il gattomorto. Gattomorto che, da parte sua, non vi dà alcuna certezza, nessun punto di riferimento (del resto voi, così forti-indipendenti-girl power mica ne avete bisogno). Lui se ne sta lì, pancia all’aria ad aspettare che troviate il modo, le parole, l’orario giusti per potergli far fare le fusa. Come ben dice la Murgia, lui “non è”, lui “sta”.

Il gattomorto vi vuole, moderatamente.

Ve lo dimostra tra le righe a suon di “nonostante”. “Nonostante” sia un brutto periodo, “nonostante” non starà nemmeno a dirvi tutte le grane che gli sono capitate nelle ultime 24 ore, “nonostante” il pianeta Terra sulle sue spalle gli abbia fatto uscire tre ernie almeno, sì, gli farebbe piacere concedervi udienza. A metà strada tra Clark Kent e l’ultimo dei cazzari, il gattomorto si dimostra quindi disposto, sua sponte, a riservare per voi manciate del preziosissimo tempo di cui dispone. Siete proprio speciali, anzichenò. Lì lascerà trapelare qualche dettaglio tristanzuolo del passato che gli è toccato vivere, del presente cattivo che deve affrontare e del futuro senza sconti che gli si para davanti. Piccole epifanie di un quadro tra il vago e il confuso: difficilmente saprete quali pensieri lo attaglino davvero o addirittura, nei casi più gravi, che lavoro faccia per vivere. Ma una volta messi insieme i (pochi) pezzi del puzzle, basandovi sugli indizi che si è lasciato “inavvertitamente” sfuggire, non potrete rimanere indifferenti riguardo le sorti del gattomorto. Gattomorto che non vi chiederà mai una mano, no, perché gliela state dando già.

Il suo atteggiamento passivo nei confronti di ogni cosa è il Sacro Graal di qualunque aspirante crocerossina (e futura “zitella”).

Però il gattomorto è “così sensibile”. Dice parole molto belle, per essere un maschio, ammesso che lo sia.

Parole con cui vi dipinge, in buona sostanza, come l’unica cosa piacevole della sua sciagurata esistenza. Dunque vorrebbe vedervi, ma solo per chiacchierare, non ha doppi fini, mai. Può capitare benissimo che vi incontriate senza concludere alcunché. Del resto, l’aria da “bomber” proprio non ce l’ha: magari zoppica un po’, poche diottrie, soffre di attacchi di panico, insomma ha almeno un difetto di fabbricazione che lo rende sventurato, sì, e pressoché innocuo. Lo scotto da pagare per tale entusiasmante meraviglia di maschio è che anche il più infinitesimale soffio di vento potrebbe danneggiare le sue fragili ossa di cristallo. Per questo pratica periodi medio-lunghi di isolamento in cui scompare (possibilmente anche dai social) per ragioni sconosciute e inconoscibili dovute forse al suo oscuro passato à la Batman.

Il gattomorto combatte il crimine? Si vede con un’altra? Non lo sapremo mai. Nemmeno nel momento in cui ritornerà, quando ormai ne avevamo già celebrato mentalmente il funerale, con un meme su whatsapp, una cosetta senza impegno ma che può vantare precisi riferimenti a quanto vi eravate detti la sera del giorno tal dei tali. Perché lui se la ricorda bene, quella sera del giorno tal dei tali, almeno quanto voi. E rieccovi arruolate, in prima linea, al Fronte per la Resurrezione del Gattomorto.

Non sorride, il gattomorto, mai.

Quando lo fa, diventa una piccola vittoria da mettere in saccoccia e punti paradiso accumulati a favore di non si sa bene chi dei due. In ogni caso, quel sorriso ve lo tenete caro da Natale fino a Pasqua almeno: è una battaglia vinta. E poi non è che da Natale a Pasqua ci sarà modo di rivedervi, la sola ipotesi lo terrorizza, gli fa paura, ve lo dice proprio sgranando gli occhioni da Bambi: “Ho paura”. Fino al prossimo messaggio.

A proposito di messaggi (che non gli scrivete, ormai, tanto prima o poi si farà sentire lui quando e se), tendenzialmente il gattomorto disattiva le spunte blu su whatsapp, le sue sono perennemente grigie, come la vita. Così rifugge lo scontro, ma anche l’incontro. Lui rifugge tutto per definizione. È morto, non può. Non è possibile condividere qualcosa con il gattomorto. Non importa quanto la vostra giornata possa essere stata stressante, lui starà sempre peggio di voi e non avete alcun diritto di importunarlo con inezie tipo la vostra esistenza.

Il gattomorto vive (ovvero riesce a portarsi a casa un buon numero di sciagurate) suo malgrado. Lui non vuole veramente, mai.

Il suo tempo verbale preferito è il condizionale, “non proprio” la filosofia di vita che persegue (e che lo perseguita). È un incompreso. E lo è pure quando le cose gli vanno bene: non ha idea del motivo per cui gli stiano capitando però, nel dubbio, se ne lamenta. «C’è una che mi scrive, ma non so perché». Nove volte e tre quarti su dieci, lo sa eccome.

Per quale motivo il Gattomorto eserciti un qualunque tipo di fascino su di noi, è materia che rimettiamo alla (fanta)scienza. Casi umani alla mano, possiamo azzardare ipotesi soltanto sulla sua genesi: alla mezzanotte dei 30 anni, la maggior parte degli uomini fino ad allora di buona volontà si trasforma senza scampo in Gattomorto, come la carrozza di Cenerentola in zucca.

Altrimenti noto come “Stellina” o “Piccola Reginetta del Ballo”, il Gattomorto è un’affascinante (per molte) piaga sociale (per tutte).

Nell’immaginario comune cosa identifica una zitella meglio di un gatto? C’è pure un sinonimo, questo sì ammesso dalla Crusca nella lingua italiana: “gattara”. Il punto è che siamo già gattare ad honorem ancora prima che ci vengano i capelli bianchi perché stiamo vivendo l’era dell’invasione dei gattimorti. Roba da raccontare ai nipoti che non avremo. Di generazione in generazione.

Non sappiamo se la Crusca vorrà accettare “gattomorto”. Nel dubbio, portatevi avanti e fatevi un favore: prendetevi un gatto. Vivo.

_

opera: François-Xavier Fabre, Ritratto maschile, 1809

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La morte è un fiore che solo una volta fiorisce. La morte è un fiore che solo una volta fiorisce.
Ma fiorisce come nient’altro fiorisce.
Fiorisce, appena lo vuole, non fiorisce nel tempo.

Essa viene, una grande falena, che adorna steli cedevoli.
Tu lasciami essere uno stelo, cosí forte, che la rallegri.

Paul Celan

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Se io potrò impedire a un cuore di spezzarsi, non Se io potrò impedire a un cuore di spezzarsi, non avrò vissuto invano
Se allevierò il dolore di una vita, o guarirò una pena, o aiuterò un pettirosso caduto a rientrare nel nido, 
non avrò vissuto invano

[If I can stop one heart from breaking
If I can stop one Heart from breaking
I shall not live in vain
If I can ease one Life the Aching
Or cool one Pain
Or help one fainting Robin
Unto his Nest again
I shall not live in Vain]

Emily Dickinson
"Nonna, cosa fai quando incontri un ostacolo sul t "Nonna, cosa fai quando incontri un ostacolo sul tuo cammino?"
"Indosso il mio abito migliore, quello delle feste. Pettino con cura i miei capelli, raddrizzo la mia schiena e spengo tutte le luci abbaglianti. Accendo un piccolo lume e mi accomodo. Proprio davanti al mio ostacolo. E lì, nell'oscurità che ci avvolge, entro in intimità con il mio problema. Lo osservo, lo tocco, lo lascio fare. Ed inizio a viaggiare insieme ad esso. Ovunque mi vorrà portare."
"Non hai paura della destinazione?"
"No, bambina mia. La mia attenzione è tutta nel viaggio. Quando arriverò sarò pronta ad accogliere qualsiasi meta. Perché avrò raccolto per strada la bussola che può indicarmi la via da percorrere. Per raggiungere luoghi incredibili. Dentro di me. L'ostacolo è il faro. Della mia interiorità."
"Non sono capace di intraprendere questo viaggio..."
"Perché non hai ancora imparato a vestirti a festa dinnanzi a qualsiasi problema. Fuggi invece di rimanere. Proprio lì, dove fa male. L'ostacolo è il tuo maestro interiore che viene a destarti e a raccontarti la verità del tuo cuore. Ascoltala questa voce! E' la poesia della tua anima che viene recitata. Solo per te!"

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Un giorno, finalmente, hai capito quel che dovevi Un giorno, finalmente, hai capito
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anche se la casa intera
si era messa a tremare
e sentissi le vecchie catene
tirarti le caviglie.
“Sistema la mia vita!”,
gridava ogni voce.
Ma non ti fermasti.
Sapevi quel che andava fatto,
anche se il vento frugava
con le sue dita rigide
giù fino alle fondamenta, anche se la loro malinconia
era terribile.
Era già piuttosto tardi,
una notte tempestosa,
la strada era piena di sassi e rami spezzati.
Ma poco a poco,
mentre ti lasciavi alle spalle le loro voci,
le stelle si sono messe a brillare
attraverso gli strati di nubi
e poi c'era una nuova voce
che pian piano
hai riconosciuto come la tua,
che ti teneva compagnia
mentre procedevi a grandi passi,
sempre più nel mondo,
determinata a fare
l'unica cosa che potevi fare-
determinata a salvare
l'unica vita che potevi salvare.

One day you finally knew
what you had to do, and began,
though the voices around you
kept shouting
their bad advice-
though the whole house
began to tremble
and you felt the old tug
at your ankles.
"Mend my life!"
each voice cried.
But you didn't stop.
You knew what you had to do,
though the wind pried
with its stiff fingers
at the very foundations, though their melancholy
was terrible.
It was already late
enough, and a wild night,
and the road full of fallen branches and stones.
but little by little,
as you left their voices behind,
the stars began to burn
through the sheets of clouds,
and there was a new voice
which you slowly
recognized as your own,
that kept you company
as you strode deeper and deeper
into the world,
determined to do
the only thing you could do-
determined to save
the only life you could save.

Mary Oliver

illustrazione: Egon Schiele
da Ho sbagliato tutto perché lo vedevo con i miei da Ho sbagliato tutto perché lo vedevo con i miei occhi, I Quaderni del Bardo Edizioni … https://cctm.website/elisa-longo-la-solitudine/
#elisalongo #solitudine #poesia #cctmwebsite #linkinbio #anoipiaceleggere #leggere
Fu così che l’innocente Psiche, senza accorgers Fu così che l’innocente Psiche, senza accorgersene, s’innamorò di Amore … https://cctm.website/amore-e-psiche/
#apuleio #amoreepsiche #cctmfb #cctmwebsite #linkinbio #anoipiaceleggere #leggere
Ogni giorno della tua vita leggi poesie. La poesia Ogni giorno della tua vita leggi poesie. La poesia è buona perchè esercita muscoli che non usi abbastanza spesso. La poesia espande i sensi e li riporta a condizioni primordiali. Fai sì che tu ti renda conto del tuo naso, del tuo occhio, del tuo orecchio, della tua lingua, della tua mano. E, dopo tutto, la poesia è metafora compatta e similitudine. Tali metafore, come i fiori di carta giapponesi possono espandersi all’esterno in forme gigantesche.

Ray Bradbury

[da “Lo zen nell’arte della scrittura”]
#Peanuts 🥜 #Peanuts 🥜
Mi lascia indifferente il concetto di felicità, r Mi lascia indifferente il concetto di felicità, ritengo più importanti la serenità e l’armonia. Il concetto di felicità presuppone che uno sia contentissimo, che se ne vada in giro ridendo, abbracciando tutti, dicendo sono felice, che meraviglia. È chiaro che anche un mal di denti gli toglierà la gioia e, quindi, la felicità. Penso che la serenità sia una cosa diversa. La serenità ha molto dell’accettazione, ma include anche un certo autoriconoscimento dei propri limiti. Vivere in armonia non significa non avere conflitti, ma poter convivere con gli stessi serenamente.
Josè Saramago
È come una mancanza di respiro e un senso di mori È come una mancanza di respiro
e un senso di morire
quando mi stringe improvviso
il desiderio di te tanto lontano
e nulla può calmarlo, altro pensiero
non può occuparmi, tranne il Paradiso
che sarebbe per me lo starti accanto.
Ma poiché ciò m’è negato, più cara,
molto più cara d’una fredda pace
mi è la stretta indicibile −
quasi marchio di fuoco che proclami
ancora e sempre quanto sono tua.
A nessun costo vorrei separarmi
da questo mio dolore.
Margherita Guidacci
da “Anelli del tempo”

dipinto Fanny Nushka Moreaux
Tienimi. Mentre il mondo passa urlando. Davide R Tienimi. 
Mentre il mondo
passa urlando.

Davide Rondoni

illustrazione Marco Cazzato
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