collettivo culturale tuttomondo Giuseppe Ungaretti Poesia
Sagrado il 28 novembre 1916
I giorni e le notti
suonano
in questi miei nervi
di arpa.
Vivo di questa gioia
malata di universo
e soffro
di non saperla
accendere
nelle mie
parole.
Giuseppe Ungaretti
da: Ungaretti, Vita d’un uomo, Mondadori, 1992
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immagine: Patrizia Impagnatiello
Giuseppe Ungaretti (Alessandria d’Egitto, 8 febbraio 1888 – Milano, 1º giugno 1970) è stato un poeta, scrittore, traduttore, giornalista e accademico italiano.
È stato uno dei principali poeti della letteratura italiana del XX secolo. Inizialmente influenzato dal simbolismo francese, la sua poesia fu caratterizzata nei primi tempi da componimenti brevissimi, costituiti da poche parole essenziali e da analogie a volte ardite, compresi principalmente nella raccolta L’allegria (1916); passò poi a lavori più complessi e articolati dal contenuto concettualmente difficile.
Una terza fase della sua evoluzione poetica, segnata dal dolore per la perdita prematura del figlio, ha compreso opere meditative dall’intensa riflessione sul destino umano. Negli ultimi anni le sue poesie furono specchio della saggezza, ma anche del distacco e della tristezza dell’età avanzata.
È stato inoltre considerato da alcuni critici come anticipatore dell’ermetismo … continua a leggere su Wikipedia
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In questa poesia Ungaretti, affermando di non saper dire qualche cosa, dice qualcos’altro.
Il fluire incessante delle cose fugge via nel momento stesso in cui lo si vuole fissare. Qui non c’è possesso, ciò che si vorrebbe toccare sfuma nel momento stesso in cui si cerca di afferrarlo. Non c’è possesso, dunque: c’è tensione.
La Poesia non stringe nulla, si protende fino allo spasimo e può solo sfiorare l’oggetto agognato, può solo sfiorare qualcosa che è inaccessibile. Pure lo sfiora. Dire quel fluire, quel fluire fatto di tempo e materia, non c’è parola che possa. Tra uomo e natura, tra verità e parola pare qui sussistere una frattura, un abisso incolmabile.
Gioia malata d’universo: è così che Ungaretti vuole chiamare la poesia, o meglio quella tensione spasmodica di ogni fibra che ne è alla genesi, che ne è la molla.
E’ malata perchè condannata da principio a non poter mai stringere il proprio oggetto. E’ malata perchè nasce dalla privazione. E c’è da credere che se quela “gioia malata d’universo” Ungaretti sentiva di non saper esprimere, ciò fosse dovuto assai poco ai suoi limiti personali di poeta, quanto piuttosto a una impossibilità oggettiva, ossia connaturata all’ogetto.
Pure, tale tensione è poesia. (by daubmir)
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