cctm collettivo culturale tuttomondo Giovanni Pascoli Novembre
Novembre di Giovanni Pascoli (San Mauro di Romagna, 1855 – Bologna, 1912)
Gemmea l’aria, il sole così chiaro
che tu ricerchi gli albicocchi in fiore,
e del prunalbo l’odorino amaro
senti nel cuore…
Ma secco è il pruno, e le stecchite piante
di nere trame segnano il sereno,
e vuoto il cielo, e cavo al piè sonante
sembra il terreno.
Silenzio, intorno: solo, alle ventate,
odi lontano, da giardini ed orti,
di foglie un cader fragile. È l’estate
fredda, dei morti.
da Myricae (1891)

foto: Renate Wasinger – fair use
Giovanni Pascoli (San Mauro di Romagna, 1855 – Bologna, 1912), è stato uno dei più grandi poeti italiani di tutti i tempi e, insieme a Gabriele D’Annunzio, uno dei due principali esponenti del decadentismo italiano.
Orfano di padre già a 13 anni, Pascoli si laurea a Bologna, dopo essere stato processato e condannato al carcere per adesione al socialismo; insegnante prima al liceo di Matera, Massa e Livorno, poi all’università di Messina, Pisa e Bologna, dove nel 1904 succede al maestro Carducci.
La prima raccolta del poeta romagnolo si intitola Myricae (1891), i piccoli arbusti, titolo umile scelto di proposito per indicare l’attenzione dell’autore rivolta alle piccole cose. Nel 1904 pubblica i Poemi Conviviali e l’edizione definitiva dei Primi poemetti. Nel 1906 escono Odi ed inni, nel 1909 Nuovi poemetti e Le canzoni di re Enzio.
Pascoli ha avuto il grande merito di rinnovare la tradizione linguistica italiana mediante un lessico popolare, contadino, che prevedeva l’innesto di suoni animali e naturali, voci dalla forte eco simbolica, perché rievocavano innocenza, malinconica, malesseri e paure indecifrabili, sullo sfondo dell’attesa della morte. Il poeta, infatti, per Pascoli, è un “fanciullino” che registra e decifra sensazioni, presenze, fenomeni impercettibili, ossia tutti i simboli che richiamano a una condizione generale e cosmica.
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