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Flavia Giglio (Italia)

06/09/2019 By carlaita

centro cultural tina modotti Flavia Giglio

Cronache di un passeggero romano di Flavia Giglio

Il contrasto tra il freddo glaciale delle 7.30 ed il caldo afoso all’interno dell’autobus è debilitante ma terribilmente necessario al risveglio mattutino, quasi obbligatorio.

Con il primo passo, spesso impacciato, frettoloso, pregno di angoscia e terrore, si crea un solido legame tra te, povero mortale con la consapevolezza del ritardo che incombe sulla tua testa, e lui, questo ammasso di ferraglia più o meno nuovo che al momento ha potere decisionale sulla tua vita o sulla tua morte.

Con il primo passo, inizia la routine,attraverso questo viaggio lento e noioso pieno di semafori, rigorosamente rossi, con pedoni ritardatari che passano quando scatta il verde, non il loro, ovviamente.

Con il primo passo,comincia la ricerca spasmodica, di un posticino sicuro in cui passare i trenta-quaranta strazianti minuti necessari in tranquillità, oppure, nella versione in cui la Dea bendata ti odia, la ricerca di un angolino in cui chiuderti a riccio sperando che nessuno ti si avvicini.

Con il primo passo arriva la consapevolezza che non sarà un viaggio tranquillo, né profumato, né solitario.

Con il primo passo entri in un microcosmo a se stante che è parte integrante di una città che può essere definita solo come mista e antica.

Con il primo passo sei dentro Roma. Il mondo fuori dal finestrino è frenetico, in movimento.

Si vedono due vecchietti camminare lentamente appoggiati a dei bastoni, assaporando l’aria fresca del mattino, un ragazzo con lo zaino in spalla sta correndo sperando di non perdere l’autobus, un uomo sulla quarantina sta aspirando l’ultima boccata di fumo dalla sigaretta prima di entrare al lavoro mentre una donna che sta accompagnando le sue bambinea scuola lo supera, con passo sicuro e frettoloso incoraggiando le figlie a non distrarsi.

Roma è vita, Roma è una foresta che si sveglia, Roma è un’anima pulsante che emana energia.

Ha cominciato a piovere. All’interno dell’autobus, l’aria è pesante,umida e condensa sui vetri, quando qualcuno entra o esce l’apertura delle porte ricorda San Pietro che accoglie le anime in Paradiso e ogni fermata è un piolo della tua personale stairway to heaven.

L’autista, da bravo cristiano, alza il volume della radio e concede ai passeggeri una piacevole distrazione dalla realtà che li circonda, e incredibilmente sembra quasi che l’autobus vada a tempo di musica, ogni buca è un salto, ogni curva una piroetta. Tutto ha una sua armonia, tutto segue una logica, tutto è perfetto nelle sue imperfezioni.

Il paesaggio fuori nel frattempo è cambiato, dalle stradine dei quartieri di periferia si è passati al Viale Palmiro Togliatti, strada tanto bella per lo spartitraffico che sembra un parchetto, di quelli in cui si va a fare il pic nic di pasquetta, quanto pericolosa per gli incroci con le vie consolari e per le persone che, distrutte dall’attesa dei semafori che durano ore, tirano fuori tutta la loro romanità e, con colonna sonora qualche “Aò” ed il suono di molti clacson, danno sfogo ai loro istinti più primitivi, tipo il passare col rosso rischiando l’osso del collo “Tanto paga l’assicurazione”.

I primi passeggeri stanno cominciando a scendere per la triade scuola, municipio, scuola.

Finalmente arriva il posto a sedere e con lui un po’ più di tranquillità. Difatti lo zaino, che prima era stretto al petto, ora è lasciato placidamente tra le gambe con la sicurezza che rimarrà lì e che nessuno di improprio lo toccherà. Osservando le persone mentre sono sull’autobus si può capire molto della loro vita, soprattutto col sedere ben stabile.

Ci sono due ragazze che con le cuffie alle orecchie stanno ripassando, la gamba destra di una delle due ha quel tipico tremolio della persona ansiosa e si porta periodicamente le mani alla bocca per mangiucchiarsi le unghie smaltate, sintomo che probabilmente tra loro è lei ad essere a rischio interrogazione.

Un gruppo di coraggiosi, in una nicchia da quattro posti, ha deciso di sfruttare al meglio il viaggio e di giocare a carte, per loro il “tresettino” mattiniero è il momento sacro della giornata, probabilmente il più divertente, ogni tanto esultano di gioia o si accusano di barare ed un signore li guarda e commenta la partita dal sedile accanto.

C’è un bambino che fino ad ora era passato inosservato, guarda stupito fuori dalla finestra e dai suoi grandi occhioni neri si vede il riflesso della strada, ogni tanto si volta verso la madre per farle qualche domanda pregna di quell’ingenuità tipica dell’età infantile che fa nascere un sorriso caldo, materno sul volto della donna “Mamma, ma gli alberi ci vedono?”.

Un ragazzo delle medie, appoggiato alla porta, indossa le cuffiette e mima le parole delle canzoni con la bocca, la testa segue il ritmo della musica troppo alta per essere sentita solo da lui e le dita corrono veloci sullo smartphone di ultima generazione.

Davanti alle porte centrali una famiglia di Rom mangia delle arance ed occupa il posto delle carrozzelle con due passeggini colmi di buste e ninnoli, una bambina gira saltellando per l’autobus canticchiando parole incomprensibili. Dietro di loro un ragazzo piange,convinto di non essere visto, stringe una catenella con un ciondolo a forma di fiore, ogni tanto tira fuori un fazzoletto in cui si soffia il naso in modo poco virile, poi alza la testa, sgrana gli occhi e corre a prenotare la fermata.

L’autobus è questo, è gioia, è dolore, è panico quando perdi la tua fermata.

Si sta avvicinando il capolinea e sta aumentando la pioggia. L’ombrello? Semplice optional. L’acqua comincia a entrare, infida e maligna, tra le fessure delle finestre a cui hanno staccato le protezioni in gomma. Addio posticino tranquillo, ora sei solo un posto bagnato. Poi, accade l’impossibile, dall’ oltretomba ecco ergersi il custode degli inferi: Cerbero, il gigantesco cane a tre teste.

Quest’ oggi nella sua forma umana rappresentata da tre controllori zuppi e fradici che creano disordine e scompiglio tra i passeggeri, salvo poi fermarsi a chiacchierare con l’autista promettendosi di rincontrarsi il giorno seguente per un bel caffè, tipico luogo comune italiano. Con l’entrata in scena dei controllori si è creata una fila irreale che comprime le persone, dando vita a quel familiare effetto sardina, altro cliché all’italiana.

L’autobus è appiccicume, è cattivo odore, è disordine.

Nell’angolo accanto all’autista una signora sull’ottantina commenta il prezzo del biglietto con un uomo che annuisce assorto, poco attento “signò, ai tempi miei costava solo 10 lire! Con le tremila che ce ne vogliono oggi mi ci facevo tre abbonamenti mensili!”. Si sente un urlo rozzo da parte dell’autista e una frenata molto brusca dopo che una moto gli ha tagliato la strada non rispettando lo stop, il movimento azzardato ha fatto cadere una busta della spesa di una signora, ed ora un’arancia rossa rotola sul pavimento sporco e bagnato dell’autobus.

Il suo itinerario si ferma accanto ad una foglia di lattuga dal colorito verde smorto, sintomo che sarà lì da un mese o più. Un tuono distrae dallo spettacolo che si è creato, l’autobus è quasi vuoto ormai, la signora della busta sta per uscire insieme alle ragazze che stavano ripassando e che ora ridono tranquille dimentiche dell’ansia di quindici minuti prima. Il paesaggio grigio, urbano, che si scorge quando si aprono le porte (l’acqua che scorre sui finestrini rende impossibile distinguere Orfeo il paninaro da una qualunque rovina romana) è composto di mille colori che uniti danno queste sfumature cupe, tipiche di quando il cielo è plumbeo.

Roma è viva, Roma è grigia, Roma è un arcobaleno di colori intensi e brillanti.

L’ultimo semaforo rosso prepara all’uscita dalla trappola, l’ombrello mancante verrà compensato dal giacchetto sistemato ad arte per proteggere i capelli e lo zaino, il cellulare è ancora in tasca, le chiavi anche, gambe in spalla e via. Al capolinea un altro autobus è pronto per partire, come una nave sta per salpare perun nuovo continente, un nuovo Mondo, una nuova storia. L’ autobus della Capitale è sporco, è storia, è un viaggio attraverso una realtà pittoresca come quella di Roma.

_

Flavia Giglio, Liceo Scientifico Francesco d’ Assisi, Roma.

Vincitrice dell’edizione 2015 di Facciamo un libro, concorso di scrittura creativa organizzato dalla Fondazione Maria e Goffredo Bellonci nell’ambito del Premio Strega: STORYBUS – Un finestrino su Roma.

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Flavia Giglio, Liceo Scientifico Francesco d’ Assisi, Roma

Vincitrice dell’edizione 2015 di Facciamo un libro, concorso di scrittura creativa organizzato dalla Fondazione Maria e Goffredo Bellonci nell’ambito del Premio Strega: STORYBUS – Un finestrino su Roma. cctm a noi piace leggere

 

 
 

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Tutto sbagliato E fu così che ci trovammo nel po Tutto sbagliato

E fu così che ci trovammo
nel posto sbagliato
al momento giusto
o forse
era il posto giusto
al momento sbagliato
con tutta probabilità
era tutto sbagliato
il posto
ed
il momento.

Erano sbagliati gli alberi e le strade
era sbagliato il cielo
ed il cemento
eri sbagliata tu
ero sbagliato io.

Sbagliammo il primo bacio
e l’ultimo
il primo appuntamento.
Il primo orgasmo fu sbagliato
e fu sbagliato il primo vaffanculo.
Fu sbagliato dirti t’amo
fu sbagliato dirti t’odio.

In realtà t’odio non te lo dissi mai
lo pensai
sbagliando.

Però sbagliò la luna ad esser piena quella notte
e a illuminarti il viso
sbagliarono i tuoi occhi ad esser belli in pianto
sbagliarono gli abbracci
quelli non dati
quelli dati
quelli non chiesti
quelli sperati.

E fu così che ci perdemmo
il sole sorse a ovest
abbaiarono i cavalli
i tassisti romani
offrirono un giro gratis
a tutti.
Guido Catalano

foto Gianni Boradori 

#OgniVoltaCheMiBaciMuoreUnNazista
Rizzoli
#PFR
Non muoverti. Se ti muovi lo infrangi. È come una Non muoverti.
Se ti muovi lo infrangi.
È come una gran bolla di cristallo
sottile
stasera il mondo: …
è sempre più gonfia e si leva.
O chi credeva
di noi spiarne il ritmo e il respiro?
Meglio non muoversi.
È un azzurro subacqueo
che ci ravvolge
e in esso
pullulano forme immagini arabeschi.
Qui non c’è luna per noi:
più oltre deve sostare:
ne schiumano i confini del visibile.
Fiori d’ombra non visti,
immaginati, frutteti imprigionati
fra due mura,
profumi tra le dita dei verzieri!
Oscura notte,
crei fantasmi o adagi
tra le tue braccia un mondo?
Non muoverti.
Come un’immensa bolla
tutto si gonfia, si leva.
E tutta questa finta realtà
scoppierà

forse.

Noi forse resteremo.

Noi forse.

Non muoverti.
Se ti muovi lo infrangi.

Piangi?

Eugenio Montale

dipinto Nikoletta  Bati
Il gatto trasforma le emozioni negative in positi Il gatto trasforma le emozioni 
negative in positive. 
Accarezzandolo ti senti meglio. 
Quando si strofina, 
il tuo spirito si rallegra. 
Quando ti miagola, 
parla con te una lingua d’amore. 
Quando ascolti le sue fusa, 
la tua anima si rasserena. 
Questa è la sua magia, 
questo è il suo potere.

(Corrado Debiasi, “Il villaggio dei monaci senza tempo”)
Cosa fa l'amore quando è stanco? Si spoglia, sca Cosa fa l'amore quando è stanco? 
Si spoglia, scalzo 
cammina piano piano,
si lega forte all'albero maestro,
mesto e solitario prega 
in silenzio
sbriciola il pane al pettirosso,
telefona a chi è lontano quando è sera,
all'ora di cena ricorda 
una canzone e canta 
sottovoce 
mentre apparecchia. 
L'amore quando è stanco mangia pane e tempo, 
sbriciola le ore in minuti e li divora ingordo
arreso al morso amaro della fretta.
Doris Bellomusto 

foto: Sombras projetadas (de Lourdes Castro e René Bertholo), Rue de Saints Pères, Paris, 1964
Non sono capace, amore, di farti un canto. Tu sei Non sono capace, amore, di farti un canto.
Tu sei tutto di spine e di fuoco
e mi tieni lontana dal tuo cuore
pericoloso. Io non so bastarti alla gioia
e così poco così poco mi pare
t’incanto, sollevo quell’ombra scontrosa
che tu sei tutto d’amaro e furore
tu sei in urto e sperdimento
mio velocista, mio primatista del cuore
mio barbarico ragazzo di vento
mio torrente furioso
arrivi alla mia acqua quieta
con onde e sonagli e pepite d’oro.
Vecchio fiume saremo un bel giorno io e te,
io acqua e tu moto, io sponda e tu vento,
io pioggia e tu lampo,
io pesce e tu guizzo d’argento
io luna riflessa, tu cielo tu spada
d’Orione, tu tutto l’amore umano
che tento che tento
d’amarti per bene
mio grembo splendenza.
E tu prendimi
portami con te
come un incendio
nelle tue abitudini.

Mariangela Gualtieri

foto Teresy Gierzyńskiej
#penauts 🥜 #penauts 🥜
da Giocavo all’ala, Pequod, 2005 .. https://cctm da Giocavo all’ala, Pequod, 2005 .. https://cctm.website/stefano-simoncelli-italia/
Illustrazione digitale @dina_atelier_d 
#stefanosimoncelli #poesia #cctmwebsite #linkinbio #anoipiaceleggere #leggere #pequod
Questa storia non è ancora accaduta, ma accadrà Questa storia non è ancora accaduta, ma accadrà sicuramente domani. Ecco cosa dice.

Domani una brava, vecchia maestra condusse i suoi scolari, in fila per due, a visitare il Mueseo del Tempo Che Fu, dove sono raccolte le cose di una volta che non servono più, come la corona del re, lo strascico della regina, il tram di Monza, eccetera.

In una vetrinetta un po’ polverosa c’era la parola “Piangere” … https://cctm.website/gianni-rodari-italia-24/
#giannirodari #piangere #cctmfb #cctmwebsite #linkinbio #anoipiaceleggere #leggere
Vorrei del vino te e le conseguenze. Charles Buko Vorrei del vino
te
e le conseguenze.

Charles Bukowski 

dipinto Jospeh Lorusso
E come si fa a dire ti voglio bene a una persona a E come si fa a dire ti voglio bene a una persona a cui vuoi bene? 

Jonathan Safran Foer 

foto Steve Chen
Io per esempio, colleziono pensieri. Nicolas Ba Io per esempio, 
colleziono pensieri. 

Nicolas Barreau

foto © Geir Fløde
Disattenzione di Wislawa Szymborska Ieri mi sono Disattenzione di Wislawa Szymborska 

Ieri mi sono comportata male nel cosmo.
Ho passato tutto il giorno senza fare
domande,
senza stupirmi di niente.

Ho svolto attività quotidiane,
come se ciò fosse tutto il dovuto.

Inspirazione, espirazione, un passo dopo
l’altro, incombenze,
ma senza un pensiero che andasse più in là
dell’uscire di casa e del tornarmene a casa.

Il mondo avrebbe potuto essere preso per
un mondo folle,
e io l’ho preso solo per uso ordinario.

Nessun come e perché -
e da dove è saltato fuori uno così -
e a che gli servono tanti dettagli in movimento.

Ero come un chiodo piantato troppo in
superficie nel muro
(e qui un paragone che mi è mancato).

Uno dopo l’altro avvenivano cambiamenti
perfino nell’ambito ristretto d’un batter
d’occhio.

Su un tavolo più giovane da una mano d’un
giorno più giovane
il pane di ieri era tagliato diversamente.

Le nuvole erano come non mai e la pioggia
era come non mai,
poiché dopotutto cadeva con gocce diverse.

La terra girava intorno al proprio asse,
ma già in uno spazio lasciato per sempre.

E’ durato 24 ore buone.
1440 minuti di occasioni.
86.400 secondi in visione.

Il savoir-vivre cosmico,
benché taccia sul nostro conto,
tuttavia esige qualcosa da noi:
un po’ di attenzione, qualche frase di Pascal
e una partecipazione stupita a questo gioco
con regole ignote.

foto : Pearl White, 1916
da La distruzione dell’amore, Interno Poesia, 20 da La distruzione dell’amore, Interno Poesia, 2022 … https://cctm.website/anna-segre-italia/
#annasegre #internopoesia #cctmwebsite #linkinbio #anoipiaceleggere #leggere
La teoria del colore Arancione Il colore più fi La teoria del colore Arancione 

Il colore più fiammeggiante del pianeta. E’ il colore del fermento, dell’attesa di qualcosa di migliore, è energia e calore … https://cctm.website/la-teoria-del-colore-arancione/
#arancione #colori #cctmfb #cctmwebsite #linkinbio #anoipiaceleggere #leggere
Lilybris - Cecilia Roda ✨ Lilybris - Cecilia Roda ✨
Le cose gratuite sono quelle che costano di più. Le cose gratuite sono quelle che costano di più. Come? Costano lo sforzo per capire che sono gratuite.

Cesare Pavese
Cosa rimpiange di più della vita sig. Bukowski: l Cosa rimpiange di più della vita sig. Bukowski: le donne, l’alcol o la poesia?

- Lasciare mia moglie con questa pila di niente. Però vorrei che lei sapesse che tutte le notti dormite accanto a lei, anche le discussioni inutili, erano sempre cose splendide. E le più difficili delle parole che ho sempre avuto paura a dire ora possono essere dette: ti amo.

foto Charles Bukowski & Linda Lee Beighle
Ringraziamo la nostra cattiva coscienza che ci fa Ringraziamo la nostra cattiva coscienza che ci fa vivere il falso proprio come fosse vero.
L’assenza totale di responsabilità cui stiamo assistendo sposta fa vita in una dimensione più leggera. Non essendo più responsabili di niente siamo in pace con noi stessi. I nostri comportamenti sono sempre confortati da qualche inconfutabile giustificazione.

(Giorgio Gaber, Aforismi, 
Re Nudo - n. 1, p. 11, 1996)
#snoopy ❤️🍁🍂❤️ #snoopy ❤️🍁🍂❤️
Non so chi ha detto che nella pura attività del g Non so chi ha detto che nella pura attività del guardare c'è sempre un po' di sadismo. Ci pensai ma non mi venne in mente, però sentii che c'era qualcosa di vero in quella frase: così guardai con maggiore voluttà, con la perfetta sensazione di essere solo due occhi che guardavano mentre io ero altrove, senza sapere bene dove.
Antonio Tabucchi

illustrazione Hugo Pratt
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