cctm collettivo culturale tuttomondo Carla Fracci e Rudolf Nureyev
foto: Carla Fracci e Rudolf Nureyev, La bella addormentata, 1966 by Erio Piccagliani -fair use
Ho conosciuto Rudy a Londra davanti al camerino di Margot Fonteyn.
Ne è nata un’intesa elettrizzante, di scambio e amore con il pubblico: la gente pernottava davanti al botteghino per vederci. Nureyev ha allargato l’orizzonte della danza, l’espressione maschile e femminile, in un’idea profonda di parità di coppia. Non amava essere solo sul palco, esigeva una partner che gli tenesse testa e non si adagiasse sulle sue braccia. Mi ha legato a lui un rapporto di stima e di grande arte, molto competitivo ma di fiducia reciproca, sapeva che non l’avrei deluso. Come nello Schiaccianoci alla Scala: voleva ballarlo con me, che rientravo dopo aver partorito mio figlio Francesco. I maîtres mi avevano messo davanti a un televisore per imparare il balletto, figuriamoci! Rudy arrivò cinque giorni prima del debutto e disse: «Vi dimostro che Carla va in scena in tre giorni». Mi ha insegnato la coreografia passo dopo passo. Il pubblico era elettrizzato, gli applausi coprivano la musica nel finale. Dopo lo spettacolo, mi ha detto: «Hai visto, Carla, cosa vuol dire avere coraggio?».
Mi sono fatta rispettare, ma con altre ballerine non è stato tenero.
Se aveva una divergenza, dimostrava di aver ragione in scena. Ha lasciato cadere Natalia Makarova, nel Lago dei Cigni al Palais Garnier di Parigi, perché lei sosteneva che i tempi delle pirouettes del passo a due del “Cigno nero” erano 6, mentre per lui erano 8. Al 6 l’ha mollata e lei è caduta. Con Nureyev in scena era sempre suspense. In una Bella Addormentata, dopo due pirouettes e una chiusura, l’ho visto ancora in fondo al palco: arriverà o non arriverà a prendermi? Mi ha raggiunta con la sua famosa camminata-corsa. Era forte e padrone del fatto suo, dotato di una volontà straordinaria che l’ha portato a emergere dalla povertà, a dominare un corpo vigoroso, con muscoli che tendevano a irrigidirsi. Proprio un crampo l’ha fermato, l’unica volta che mi ha lasciato sola in scena. Nel privato, la nostalgia per la famiglia lasciata in Russia lo rendeva triste, sentiva soprattutto la mancanza della madre. «L’ho sognata in cima a una scala di fette di pane», mi confessò. Un giorno, vide mio figlio Francesco, ancora piccolo, che mi abbracciava: «Vedi, tu almeno hai un figlio».
Carla Fracci
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