centro cultural tina modotti Antonio Porchia (Italia /Argentina)
Ti amo come sei, ma non dirmi come sei.
Antonio Porchia
Antonio Porchia nasce a Conflenti in Calabria, nel 1886 (è il primo di sette figli).
Suo padre muore quando lui ha l’età di dodici anni e qualche anno dopo la madre decide di trasferirsi con tutta la famiglia in Argentina. I Porchia vanno ad abitare in uno dei numerosi quartieri di Buenos Aires sempre più affollati di immigrati italiani che stavano cercando di sfuggire alla povertà in madrepatria.
Dopo il suo arrivo, Porchia si cimenta nei lavori più strani e anche modesti: scaricatore di porto, carpentiere e perfino intrecciatore di cesti di paglia. Alla fine acquista una macchina stampatrice e fino al 1936, anno in cui si ritira per dedicarsi al suo giardino e alla scrittura, gestisce una piccola tipografia insieme ai fratelli nel quartiere di Boca.
I suoi amici descrivono Antonio Porchia come un santo o un mistico.
Spesso chi andava a trovarlo nella sua modesta abitazione di Buenos Aires lo trovava inginocchiato nel suo minuscolo giardino, perso nella contemplazione di una rosa. Conduceva una vita solitaria e frugale. Si nutriva di vino, pane e formaggio e dei pochi prodotti del suo orto. Vestiva in modo eccentrico. In primavera indossava una casacca e pantaloni di un pigiama a righe, in inverno un giaccone di tessuto grezzo con una sciarpa chiusa con un gancio.
Per lui tutto si riduceva ai fatti basilari della sua vita che vedeva ogni giorno nel suo giardino – nascita, crescita e morte.
Leggeva poco e scriveva ancora di meno, limando e correggendo all’infinito i suoi pochi testi (l’amico e scultore Libero Badii ricorda che Porchia componeva poche frasi, non più di cinque all’anno, ma con una grande attenzione per l’espressione verbale).
La sua produzione letteraria consiste di solo seicento aforismi, che l’autore definisce “Voci”.
Fuori da ogni tipo di mondanità, Porchia accetta di leggere le sue Voci soltanto presso la “Società Argentina degli Scrittori” al tempo in cui Borges era il presidente.
La sua voce era così calda che le sue recitazioni, incise su dischi, venivano trasmesse da un’emittente radiofonica di Buenos Aires a mezzanotte, per conciliare la riflessione.
Le prime voci compaiono negli anni 1938/1939 sulla rivista “La Fragua”.
Nel 1943, sollecitato dagli amici di “Impulso” (un’associazione di arti e lettere), Porchia pubblica a sue spese la prima serie di Voces in mille copie che vengono depositate presso la sede culturale di “Impulso”. Poiché le copie non si vendono e i libri hanno bisogno di spazio nei locali, Porchia, non sapendo dove sistemarli, ne fa dono alle rete di biblioteche municipali che coprono tutto il territorio argentino. È così che le Voces raggiungono gli angoli più lontani del paese, dove esse sono lette prima con sorpresa, poi con venerazione da dei lettori attenti; molti le ricopiano a mano e cominciano a farle circolare.
Nel 1948, i riscontri positivi della prima edizione spingono Porchia a fare una seconda edizione, sempre sotto l’egida di “Impulso”, integrata con le “voci” prodotte negli ultimi anni. Un esemplare della prima edizione arriva tra le mani del poeta e critico letterario Roger Caillois, membro del comitato di redazione della prestigiosa rivista “Sur”, che ne resta ammirato e decide che deve assolutamente incontrare Porchia. Un anno più tardi la traduzione in francese delle Voces a opera di Caillois fa guadagnare a Porchia la fama internazionale e l’apprezzamento da parte di surrealisti francesi come André Breton e romanzieri americani come Henry Miller.
Dopo l’edizione del 1948, le Voces vengono riscritte e pubblicate nel 1956, 1964, 1965, 1966, 1970, e così via. Alcune di queste voci vengono regalate agli amici senza essere incluse nella stampa, altre restano soltanto orali.
Per questo è difficile stabilire una versione definitiva del libro.
Nel 1968, all’età di ottantadue anni, cadendo da una scala, Porchia batte la testa ed entra in uno stato di sonnolenza e delirio. Rimosso l’ematoma cerebrale si riprende per breve tempo. La morte lo sorprende il 9 novembre 1968, a pochi giorni dall’ottantatreesimo compleanno.
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