cctm collettivo culturale tuttomondo Amore e Psiche
Fu così che l’innocente Psiche, senza accorgersene, s’innamorò di Amore.
Sic ignara Psyche sponte in Amoris incidit amorem.
Apuleio
da Le metamorfosi, II secolo d.C
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opera: Antonio Canova, Amore e Psiche, 1793
foto: Jean-Pol Granmondt – CC BY 4.0
La favola di Amore e Psiche da Le metamorfosi, Apuleio, II secolo d.C
La favola inizia nel più classico dei modi: in una città vivevano un re e una regina che avevano tre figlie bellissime. La più giovane, Psiche, possedeva una bellezza indescrivibile e il suo splendore veniva paragonato a quello di Venere. Un numero incredibile di forestieri e molta gente del suo paese andava a tributare omaggi alla fanciulla e diminuivano invece le adorazioni alla dea Venere, motivo per il quale la dività si infuriò. Venere chiamò quindi il figlio Cupido, gli mostrò la sua rivale e gli ordinò di fare innamorare la fanciulla dell’uomo più vile che esistesse sulla faccia della terra. Ma Cupido colpì se stesso, innamorandosi perdutamente della fanciulla.
Nonostante la sua bellezza, Psiche era molto triste perché nessun mortale, consapevole di non meritarla, aveva il coraggio di chiedere la sua mano. Così il padre chiese all’oracolo del dio Apollo nozze e marito per sua figlia: Apollo gli ordinò di portare la fanciulla in cima ad una rupe ornata per nozze funebri, e lì Psiche avrebbe incontrato il marito, un mostro malvagio.
Arrivato questo triste giorno, Psiche seguì dettagliatamente gli ordini di Apollo e lasciò i genitori in preda allo sconforto. Alla rupa non arrivò il mostro preannunciato dall’oracolo ma Cupido, che la condusse nel suo palazzo insieme all’aiuto di Zefiro.
Cupido si recava ad incontrarla solo di notte, imponendole il divieto di guardarlo in volto. Psiche seguì queste indicazioni ma cedette solo dopo esser stata convinta dalle sorelle, invidiose, a guardalo in sogno.
Psiche scoprì così il vero volto del dio Amore, i capelli profumati di ambrosia, le ali rugiadose di luce, il candido collo e le guance di porpora. Dalla faretra del dio, Psiche trasse una saetta, dalla quale restò punta, innamorandosi, così, perdutamente, dell’Amore stesso. L’amante, ormai sveglio, fuggì da Psiche che aveva violato il patto. Sconsolata, Psiche cominciò a vagare per i boschi fino a quando arrivò alla città in cui abitavano le sue sorelle e raccontò che Amore l’aveva abbandonata a causa loro.
Nel frattempo Venere e il figlio Cupido ebbero una discussione molto accesa perché l’uomo si era innamorato della più grande rivale della madre, Psiche. Psiche, dopo aver chiesto aiuto invano ad altre dività, decise di affrontare Venere e si recò al suo palazzo per chiederle il permesso di stare con il figlio Amore. Venere la sottopose a quattro prove progressivamente più difficili. La prima prova consisteva nel separare tutti i semi di un grande mucchio in tanti mucchietti separati. E venne aiutata dalle formiche. Nella seconda prova Psiche doveva portare a Venere un filo di lana d’oro preso dal vello di un gregge di pecore. Una canna le diede giusti consigli per portare a termine il compito. Successivamente Psiche doveva recarsi alla sorgente del fiume che alimenta la palude dello Stige e portare un’anfora di acqua alla dea. L’aiuto le venne fornito dall’aquila di Giove.
L’ultima prova di Venere era quella di portare dagli inferi un frammento della bellezza di Proserpina.
Durante questa prova Psiche aprì il vasetto con la bellezza, cosa che le era stata severamente proibita, e in un batter d’occhio fu avvolta da una nube di sonno e cadde in mezzo alla strada di ritorno verso il palazzo di Venere. Amore corse in aiuto della sua amata e chiese al padre Giove di poterla portare con sé sull’Olimpo. Qui Psiche, bevendo dell’ambrosia, diventa finalmente immortale. Dall’unione di Amore e Pische nacque una figlia, chiamata Voluttà.
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da Le metamorfosi, Apuleio, II secolo d.C