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Teresa Wilms Montt (Chile)

02/02/2020 By carlaita

cctm collettivo culturale tuttomondo Teresa Wilms Montt (Chile)

La luce della lampada, attenuata dal paralume violetta, sviene sul tavolo.

Gli oggetti prendono una tintura sonnambulesca di sonno malaticcio; si direbbe che una mano tisica ha accarezzato l’ambiente, lasciando la sua languidezza aristocratica.

Una campana impietosa ripete l’ora e mi fa comprendere che vivo, e mi ricorda, anche, che soffro.

Soffro un male estraneo che ferisce narcotizzando; mal d’amori, d’incomprese grandezze, d’infiniti ideali.

Male che mi incita a vivere in un altro cuore, per riposarsi dal rude compito di farmi sentire viva dentro me stessa.

Come gli assetati vogliono acqua, così spasimo che il mio udito ascolti una voce che mi prometta dolcezze accattivanti; spasimo che una piccola mano infantile si posi sulle mie palpebre stanche di vegliare e rassereni il mio spirito ribelle; avventuroso.

Così vorrei morire, come la luce della lampada sulle cose, sparsa in ombre tremule e soavi.

La luz de la lámpara, atenuada por la pantalla violeta, se desmaya sobre la mesa.

Los objetos toman un tinte sonambulesco de sueño enfermizo; diríase que una mano tísica hubiera acariciado el ambiente, dejando en él su languidez aristocrática.

Una campana impiadosa repite la hora y me hacecomprender que vivo, y me recuerda, también, que sufro.

Sufro un extraño mal que hiere narcotizando; mal de amores, de incomprendidas grandezas, de infinitos ideales.

Mal que me incita a vivir en otro corazón, para descansar de la ruda tarea de sentirme viva dentro de mí misma.

Como los sedientos quieren el agua, así yo ansío que mi oído escuche una voz rometiéndome dulzuras arrobadoras; ansío que una manita infantil se pose sobre mis párpados
cansados de velar y serene mi espíritu rebelde; aventurero.

Así desearía yo morir, como la luz de la lámpara sobre las cosas, esparcida en sombras suaves y temblorosas.

Teresa Wilms Montt

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foto: Teresa Wilms Montt con le figlie Elisa e Sylvia Luz.

traduzione di Emilio Capaccio

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María Teresa de las Mercedes Wilms Montt, seconda di otto sorelle, era nata nel 1893 a Viña del Mar (Cile) in una famiglia benestante.

María Teresa iniziò preso a ribellarsi ai genitori e a mostrare una certa insofferenza verso la vita borghese.

Fece molto scalpore la scelta di sposarsi, contro la volontà dei suoi genitori, con un funzionario di stato con il quale ebbe due figlie, Elisa e Sylvia Luz. La famiglia visse nella capitale cilena prima e ad Iquique poi, nel nord del paese.

In questa città María Teresa si immerse nella scrittura ed entrò in contatto con influenti artisti dell’epoca che la introdussero agli ideali femministi e anarchici a cui restò fedele per tutta la sua vita. Sempre in questo periodo iniziò a pubblicare alcuni scritti sotto pseudonimo. A causa delle sue amicizie e della relazione con il cugino del marito, venne richiamata a Santiago e fu reclusa in un convento. Disperata per la separazione dalle figlie, cadde in una profonda depressione e tentò il suicidio nel marzo del 1916.

Fu un suo celebre amico, lo scrittore Vincente Huidobro, ad aiutarla a fuggire dal monastero. I due andarono a Buenos Aires, dove iniziò a frequentare i circoli intellettuali femministi e pubblicò degli scritti in cui trattava di temi a lei cari, dalla spiritualità all’erotismo. Dopo qualche mese prese la decisione di trasferirsi a New York per lavorare come infermiera della Croce Rossa, ma la fortuna l’abbandono ancora una volta: venne scambiata per una spia tedesca e le fu impedito di mettere piede sul suolo statunitense.

Sconsolata, venne deportata in Spagna. Anche a Madrid, María Teresa entrò rapidamente in contatto con scrittori e artisti dell’epoca e continuò a scrivere con lo pseudonimo di Teresa de la Cruz. Nel circolo di intellettuali che frequentava c’era Julio Romero de Torres, un pittore di Córdoba che ne fece la sua musa ispiratrice, usandola più volte come soggetto dei suoi lavori.

Dopo un breve incontro con le figlie nel 1920, Teresa continuò la sua ricerca intellettuale e viaggiò spesso a Londra e Parigi, ma non riuscì mai a superare il dolore della separazione. Morì la vigilia di Natale del 1921 in un hotel di Parigi per una overdose di barbiturici.

 

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