cctm collettivo culturale tuttomondo Stella Poli (Italia)
di Stella Poli (Piacenza, 1990)
Non ho mai capito dove finisce
l’amore che non usi.
Vorrei, da brava massaia,
usarne gli avanzi per le polpette, concimarci le piante.
Rimpastarlo, venderlo di seconda mano, placarlo, darlo al gatto, alle galline.
A pensare che finisca così in niente, non so, mi mette freddo dentro.
Se non si può buttare il pane, figurati l’amore.
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opera: Muscèt, L’abbraccio
Stella Poli è nata nel 1990 a Piacenza, città in cui vive.
Dopo aver conseguito un dottorato in Filologia con una tesi sulla traduzione poetica, è ora assegnista presso l’Università di Pavia e insegnante di editing della poesia contemporanea, per MasterBook, allo IULM. È redattrice di Trasparenze e La balena bianca, editor e traduttrice freelance, collabora con la Galleria delle Visioni ed è segnalatrice culturale per il Catalogo dell’Arte Moderna.
Nel 2023 ha pubblicato con Mondadori il suo primo romanzo, La gioia avvenire.
Suoi saggi e suoi racconti compaiono su numerose riviste.
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Stella Poli, La gioia avvenire, Mondadori, 2023
Forse le storie non andrebbero mai raccontate, si trova a pensare Sara, psicoterapeuta trentenne, seduta nello studio di un giovane avvocato. Raccontarle significa farle esistere, e una volta che esistono le storie esigono: un seguito, una conseguenza, una redenzione. Eppure Sara è qui, coi capelli raccolti e la gonna elegante, proprio per raccontare all’avvocato una storia, quella della sua paziente Nadia. Nadia aveva quattordici anni quando la sua storia si è inceppata. Nascondeva le forme sotto felpe da basket, era brava a scuola e cantava nel coro della chiesa.
Un giorno un quarantenne sposato, amico del padre, ha cominciato a corteggiarla. E stato un avvicinamento lento, fatto di movimenti minuscoli, sguardi. Lei all’inizio non ha percepito il pericolo, era curiosa, provocare turbamento in un uomo l’ha fatta sentire bella, ‘vista’. “Vorrei poter dire che mi ha colta di sorpresa, mi ha sopraffatta con la forza, mi ha picchiata” scrive. Invece sulla sua macchina la prima volta ci è salita da sola. Quando ha capito, era troppo tardi.
Ci sono voluti mesi, poi, prima che trovasse la forza di sottrarsi. E ci è voluto molto più tempo prima che fosse davvero pronta per denunciare. Ecco perché la sua psicoterapeuta oggi è qui, in uno studio prestigioso nel centro di Milano: vuole un parere legale. E troppo tardi per cercare giustizia? Forse, pensa mentre il colloquio con l’avvocato fa affiorare un’altra verità, raccontare questa storia è già una forma di riparazione. “La gioia avvenire” è un esordio fulminante – duro, scomposto, a tratti impudico – che tiene insieme la densità e il suono della scrittura poetica e la finezza analitica della prosa.
E una riflessione coraggiosa sul consenso, sulla fallibilità della giustizia umana e sulla persistenza delle ferite, ma, come ha scritto la giuria del Premio Calvino, è soprattutto “un romanzo di grande intensità emotiva, reso particolarmente efficace dalla lingua scabra e spigolosa con cui è costruito”.