collettivo culturale tuttomondo Simone de Beauvoir (Francia)
Non ipotecare il futuro. Facile a dire. Lo vedevo, il futuro. Si estendeva davanti a me a perdita d’occhio, piatto, nudo. Non un progetto, non un desiderio. Non avrei scritto più. E allora, che cosa avrei fatto? Che vuoto, dentro di me, attorno a me. Inutile. I greci chiamavano i loro vecchi “mosconi”. “Inutile moscone”, si dice Ecuba nelle Troiane. Sono io. Sono rimasta folgorata. Mi domandavo come si possa riuscire ancora a vivere quando da se stessi non si spera più niente.
Simone de Beauvoir
da Una donna spezzata, Einaudi, 1969
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foto: Simone de Beauvoir
Sono tre i racconti che danno vita a Una donna spezzata, romanzo dal titolo quanto mai significativo.
Tre racconti, e tre donne messe a confronto in un momento di particolare disagio della loro vita. Il filo conduttore che unisce le vicende delle protagoniste è la solitudine. Solitudine che si manifesta nel momento in cui le convinzioni, nelle quali hanno sempre creduto, crollano.
Una donna spezzata è romanzo corale, in cui le figure femminili vengono narrate da un punto di vista univoco, il quale induce a riflessioni lucide e disincantate sull’universo femminile.
Le persone di cui si racconta sono molto diverse fra loro, ma accomunate da un vissuto che le pone in stretta relazione, e mette in discussione il loro essere donna.
Perché le loro vite, apparentemente normali, nascondono ombre che si allungano raggiungendo le loro menti. Menti inquiete, a causa del declino, fisico e psicologico, che pare non offrire loro ogni prospettiva futura.
È il primo racconto della breve raccolta, a dare il titolo al libro.
Monique, la protagonista, vive la sua condizione di donna racchiusa in una bolla di tranquilla inconsapevolezza.
Abituata a vivere nell’agio, che il suo ruolo borghese di moglie e madre le consente, non percepisce lo scorrere del tempo, che inesorabile lambisce le sue giornate.
Ed è proprio a causa della sua inconsapevolezza che non vede oltre.
Oltre a ciò che accade fuori dalla porta della sua casa.
Non si accorge infatti che il marito si sta allontanando da lei, cercando altrove divagazioni di carattere sentimentale.
E quando l’uomo le confessa il proprio tradimento, Monique si autoinfligge una continua sofferenza, un tormento senza fine. E lo fa con la speranza di un possibile ritorno del marito, pensando di poter recuperare la sua vecchia vita.
Tutto però sembra andarle contro, e sopraffatta dalla confusione emotiva si abbandona alle sue giornate colme di tristezza.
Le amiche di un tempo sono andate perdute, e le figlie, cui ha dedicato gran parte della sua esistenza, le sono estranee, e la loro presenza diventa per lei motivo di angoscia.
Di colpo tutto il suo mondo assume sfumature grigie e sconosciute; non più la concretezza di un tempo, quando l’ombra del marito era lì, pronta a proteggerla.
Insieme alla perdita dell’uomo amato, Monique sembra aver perso l’identità, se mai ne ha avuta una. In quanto la sua vita, forse, era soltanto riflesso di quella del suo compagno.
La donna diventa vittima di se stessa, oltre che di una paura di cui non aveva percezione prima dell’abbandono.
Paura, che nell’immaginario comune è sempre stata prerogativa femminile, e che Simone de Beauvoir, attraverso i suoi scritti, prende in considerazione.
Ma di cui, grazie al suo anticonformismo, si è liberata fin dalla più giovane età.
L’età della discrezione è il titolo della seconda porzione di romanzo.
Anche in questo caso, l’interprete delle vicende narrate appartiene al sesso femminile.
Ed è il tempo che passa a mettere in discussione le sue certezze, radicate in lei da sempre.
Nello sviluppo di questo racconto si può scorgere un chiaro aspetto autobiografico, in relazione alla vita della scrittrice condivisa con Sartre.
Aspetto che lo si può rintracciare nel profilo dei protagonisti: due intellettuali, affermati sia nella carriera, sia nel campo sociale e politico.
Con l’avanzare dell’età, per la coppia arriva il momento di fare i conti con lo scorrere del tempo.
Passaggio di non facile accettazione; tanto che il loro disorientamento esistenziale li porta a vivere un momento di crisi.
Entrambi si guardano indietro. E non trovano nulla di cui essere soddisfatti, nonostante il loro continuo acculturarsi li abbia portati a condurre un’esistenza ricca e appagante.
La loro vita pare farsi a brandelli, frammenti di carta straccia che si sgretolano fra le dita.
Delusa dalle critiche mosse al suo ultimo saggio, la donna vive le sue giornate come una disfatta; anche se non vuole darsi per vinta. Anzi, vorrebbe guardare oltre.
Cosa che invece il marito non intende fare, perché il suo unico desiderio è lasciarsi andare e soggiacere al tempo che passa.
Ed ecco, originarsi da qui una profonda incomprensione che allontana i due.
Non più l’armonia coniugale che li ha uniti fino a quel momento.
Ma una cesura insanabile: le esperienze condivise sono ormai lontane, e difficilmente torneranno a farsi presente.
Perché entrambi si trovano immersi in un pezzo di vita in cui non si riconoscono, e che non gli appartiene più.
Alla precarietà emotiva si aggiungono poi le scelte dell’unico figlio, non condivise dai genitori e diverse dalle aspettative che avevano riposto in lui.
Lo spettro della vecchiaia si presenta loro in tutto il suo squallore, impedendo così alla coppia di accettare serenamente il presente.
Perché l’età matura pone loro dei quesiti che non sono in grado di affrontare. E tantomeno di superare.
Il monologo è l’ultimo dei tre racconti inseriti nel testo.
Anche il personaggio femminile di cui si racconta nella terza parte, è profondamente insoddisfatto della propria vita.
L’occasione, che offre alla donna lo spunto per esternare rancore ed esprimere grande amarezza è un rumoroso Capodanno.
Ed è proprio il gozzovigliare degli altri a indurla a ricordare.
E lo fa attraverso un momento di acuta tristezza, stato d’animo durante la quale Murielle rammenta il grigiore che accompagna di continuo il suo presente.
Ma non solo il suo presente è permeato dallo sconforto, anche il passato non è stato benevolo con lei.
Il momento di fragilità emotiva la porta a far memoria, e confessa alcuni suoi momenti particolarmente dolorosi.
Il suicidio della propria figlia, e la sua fallita genitorialità di un altro figlio, strappatole di forza dalle autorità, sono episodi difficili sia da rivelare sia da dimenticare.
Attraverso un crudele monologo, anche in questo caso, la protagonista si punisce.
Punizione che si trasforma in un gesto di vendetta contro di sé.
Il monologo è racconto esplicitato con un linguaggio appositamente confuso e disordinato, proprio per simulare il caotico flusso dei pensieri che dimorano nella testa della protagonista.
Tanto da permettere, a chi si avvicina a questa lettura, di percepirne la follia, causa scatenante del suo malessere esistenziale. (by Carolina Colombi)
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