collettivo culturale tuttomondo oggetti introvabili La Caffettiera
immagine: Jacques Carelman, La caffettiera del masochista, dal Catalogue d’Objets Introuvables, 1969
L’artista marsigliese Jacques Carelman, amico di Salvador Dalì, illustratore di Raymond Queneau e figlio spirituale di Man Ray, Marcel Mariën e Max Ernst, è uno degli ultimi eredi del Surrealismo.
Autore del Catalogue d’objets introuvables, un compendio esaustivo di oggetti privi di funzionalità se non controproducenti, passa alla storia per la sua creatività sconfinata nell’ideazione di manufatti divertenti e non-sense.
Per il resto, Carelman, oltre a portare alle estreme conseguenze la pratica dell’oggetto surrealista, realizza romanzi per immagini come Saroka la géante e illustra in modo esemplare romanzi tradizionali del calibro di Exercices de style. Infine, come membro del Collège de ‘Pataphysique, traghetta non solo la filosofia di André Breton ma anche lo spirito di Alfred Jarry alla generazione del ’68.
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Il Catalogo degli Oggetti Introvabili, pubblicato nel 1969, è una parodia dei cataloghi di vendita per corrispondenza.
Il libro comprendeva più di 400 disegni di oggetti immaginari e assurdi, accompagnati da testi esplicativi che ne illustravano candidamente la (non) funzione. Il “Catalogo” di Carelman diventò subito oggetto di culto, tanto che l’autore iniziò a realizzare alcuni degli oggetti che aveva immaginato, e ad esporli.
Punto comune di tutti i suoi oggetti è la completa, totale, sincera, definitiva, commovente, ironica e paradossale inutilità: nascono senza che ve ne sia necessità, e sono intrisi di assoluta mancanza di praticità. A differenza degli oggetti “normali”, che rispondono a una funzione, gli oggetti di Carelman non servono a niente, e non si possono usare.
Rispondono in modo spesso contorto a bisogni accessori e a desideri bizzarri, il tutto condito da una fantasia follemente vivace e leggermente perversa.
Egli stesso diceva che “le attività umane sono innumerevoli e varie. Alcune persone dirottano gli aerei, altri i fondi pubblici o la conversazione. Io preferisco, per quanto mi riguarda, dirottare l’uso corrente degli oggetti comuni. E’ molto meno pericoloso, più onesto, ed infinitamente più divertente. I miei oggetti, perfettamente inutilizzabili, sono esattamente il contrario di quei gadget di cui la nostra società consumistica è ghiotta. Se qualcuno me lo domandasse, io li qualificherei come: grotteschi, poetici, spassosi, assurdi, filosofici, astuti, puerili, profondi, ironici… Osservandoli lo spettatore sarà allora pregato, secondo il suo umore, il suo gusto e la sua cultura, di cancellare la qualifica di inutili!”
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