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Mariangela Galatea Vaglio (Italia)

23/03/2020 By carlaita

centro cultural tina modotti Mariangela Galatea Vaglio (Italia)

Mariangela Galatea Vaglio, tratto da Didone, per esempio: Nuove storie dal passato, Ultra, 2014

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Cassandra, tesoro mio, parliamone.

No, davvero, è necessario. Non puoi continuare così. Sono ormai più di duemila anni: quando è troppo, è troppo. Persino dopo morta, resti lì piangente in un angolo, come se fosse colpa tua. Come se avessi sbagliato qualcosa o non avessi fatto abbastanza. No, rimettiamo le cose nella giusta prospettiva.

Il cumulo di disgrazie che t’hanno fatto cadere addosso, figlia mia, supera di gran lunga quello di ogni eroina della mitologia greca. E, santi numi, le eroine della mitologia greca sono famose per le sfighe che si tirano addosso. Ma, come dire, per le altre, almeno, le sventure sono selezionate: di solito un marito imbecille, come Medea, o un amante idiota, come Didone, o un padre che è meglio perderlo che trovarlo, come Danae, o magari anche la propria stupidità, come Niobe.

Tu invece, ragazza mia, no, te le prendi tutte. Infili disgrazie come le altre infilano perline nel filo. Appena ti muovi, pàffete, ti ritrovi nei guai.

Sulla carta hai tutto per essere felice.

Sei figlia di un re, che è sempre una posizione invidiabile, e poi sei bella. No, bella non basta: sei clamorosamente bella. I poeti, diciamolo, con questa cosa di Elena “la più bella del mondo” si sono un po’ fissati, ma tutto perché a Elena faceva da ufficio stampa Omero. Se però si va a guardare, Elena di Sparta sì, aveva la coda di pretendenti, ma umani, e all’apice della carriera fa perdere la testa a tuo fratello Paride, un bamboccino vanesio che probabilmente si incapricciava di qualsiasi gonnella intravvedesse.

Tu, Cassandra, caspita, no. Quello che perde la testa per te è un dio. E mica una divinità zuzzurellona come Zeus, che, proprio come Paride, appena incrociava una femmina perdeva la trebisonda. Per te perde la capoccia lo schizzinoso Apollo, bello ed impossibile. Con tutto che è il luminoso dio della razionalità, come ti vede nel suo tempio che fai la sacerdotessa stramazza cotto, per la prima volta in vita sua.

Ti corteggia. Perché è un dio, ma mica ti vuole così, una botta e via come di solito si fa con le mortali. No, il buon Apollo ti vuole spo-sa-re. Roba da andare subito dritte dritte da Elena e dirle: «Cicca! Cicca! Cicca!»
Le altre donne a questo punto sarebbero già a prenotare l’abito bianco e scegliere le bomboniere, con stampato in faccia il sorriso più scintillante al solo pensiero dell’olimpio fidanzato. E tu? Tu no.

Tu che sei bella, ma anche intelligente ed assennata, di quel possibile matrimonio intuisci subito i lati oscuri. Sì, certo, lui è bello, ed è dio, ma tu, appunto, sei mortale. All’idea di lasciare la tua casa ed il mondo, infilarti nell’empireo degli dei che da sacerdotessa conosci bene anche nei loro momenti poco simpatici, ti prende l’ansia. Il fidanzato, come dono di nozze, ti ha regalato la capacità di prevedere il futuro, e quel futuro che vedi ti spaventa.

Ti senti inadeguata ed inadatta, e capisci che sarai infelice.

Allora, con tutto il tatto possibile, fai l’unica cosa che ti sembra razionale, confidando che il dio della razionalità capirà le tue ragioni. Gli dici di no.
Apollo, molto razionalmente, si incazza. È dio, certo, ma è soprattutto maschio. Come sarebbe a dire no? Una mortale che dice no? E per di più una femmina?

Sì, sì, è proprio no. Minaccia. Sbraita. Ma non ti si smuove di un centimetro. Così alla fine, non riuscendo ad ottenere quello che vuole, e non potendo neppure toglierti il dono che ti ha già fatto, si comporta come il più vendicativo dei bambini viziati. Ti lascia la capacità di precedere il futuro, ma ci aggiunge la maledizione di non venire mai creduta. In pratica ti lascia essere saggia ma ti costringe a vivere circondata da idioti. Che per una persona intelligente peggior condanna non c’è.

Da questo momento in poi, la tua vita è un rotolare verso il baratro. Cassandra, sei diventata una cassandra, di nome e di fatto.

Capisci tutto. Sempre. E purtroppo.

Ma per quanto ti sbatta ad avvisare quei tumbani con cui vivi, niente, quelli tirano dritti: tu li avverti che c’è davanti un muro e loro, invece di deviare, corrono di più a spatasciarcisi addosso. E pazienza potessi salvarti almeno tu. No, mannaggia. Loro combinano casini, tu li avverti, loro se ne fregano e tu ci vai di mezzo.

L’unico modo per fuggire da Troia assediata sarebbe sposarsi e andar via, lasciano gli altri a scannarsi in loco. Ma i tuoi due fidanzati vengono ammazzati uno dopo l’altro, in guerra, e tu resti lì, bloccata dentro alle mura, a guardare quell’immane ed inutile carneficina. Il cavallo lo capisci che è un inganno. Ma ciao che ti credono. Sei una donna, e se per giunta ti incazzi e sbraiti, l’unica cosa che ottieni è passare pure per isterica, o per una scentrata.
Se gli uomini non ti ascoltano, persino gli dei ti voltano le spalle. E pazienza Apollo, che per come l’hai trattato magari qualche motivo ce l’ha.

No, tu sperimenti anche la totale assenza di solidarietà divina femminile.

Quando la notte dell’assalto finale, con la città che brucia e i Greci che fanno strage per le strade, correndo, trafelata, riesci a rifugiarti nel tempio di Atena, la dea vergine della razionalità che di Troia è protettrice e quindi dovrebbe essere una di casa, vieni tradita anche dai numi. Aiace entra, ti afferra e ti stupra, fregandosene del fatto che sei una sacerdotessa e sei abbracciata all’altare. E Atena, quella stronza di Atena, che fa? Ti aiuta? Fulmina il reo? No, distoglie lo sguardo. Roba che un vaffanculo all’Olimpo tutto in seduta plenaria non glielo può togliere neanche Zeus.

Poi Troia è ridotta in cenere, e le donne, come in ogni guerra, divengono bottino. Se le spartiscono i conquistatori, al pari delle suppellettili. Tu sei bella, anzi, la più bella, e quindi vai al più potente: ti vuole Agamennone, il Re dei Re, il capo della spedizione.

Che gran fortuna. Roba che quasi quasi ti invidiano, le altre destinate a divenire schiave peregrinando nelle corti minori, che sono poco più grandi di fattorie sperdite fra i sassi ed abitate dalla capre, perché nella sfiga generale tu sembri aver colto il meglio. Anche perché Agamennone di te s’incapriccia. Ti vuole portare con sé a Micene come fossi una regina. Ha perso la testa per te, come Apollo tanti anni prima.

La differenza è che tu stavolta non puoi dire di no, perché con lui non hai scelta: non è un pretendente, è un conquistatore. Non ti opponi, lo segui, remissiva e quasi indifferente, forse perché la violenza subita ti ha spezzata dentro, e quello che è rimasto di te e pare vivo è solo un guscio vuoto. Lo sai che ti porta a morire. A casa quell’immane cretino ha una moglie, Clitemnestra, che lo odia in modo feroce.

Per arrivare a Troia ed avere buoni venti Agamennone ha sacrificato la loro figlia, Ifigenia, e non sono cose che una madre può perdonare.

Tanto meno se poi lui, dopo dieci anni, torna a casa con una concubina, senza la minima creanza.
Cerchi di avvertirlo, ma Agamennone è stupido. Il più stupido di una sequela infinita di cretini che hai incrociato in vita tua. Non vede e non sente nemmeno ciò che è evidente e salta all’occhio, mentre tu percepisci e capisci anche ciò che è nascosto e non appare.
Sono giorni d’incubo gli ultimi tuoi, i cui scorgi i muri della reggia che grondano sangue, e i sinistri presagi che si accumulano, assisti impotente ad una danza di morte.

Quando ti ammazzano, con un colpo d’ascia, come una vacca portata al macello, è quasi una liberazione. Almeno è finita. Almeno non devi angosciarti più per loro. Almeno non devi più ogni santo giorno affrontare la loro stupidità cieca, che è la peggiore forma di violenza.
Il mondo non è fatto per le donne intelligenti, Cassandra. E il mondo, quindi, non è fatto per te.

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Mariangela Galatea Vaglio, tratto da Didone, per esempio: Nuove storie dal passato, Ultra, 2014

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opera: Frederick Sandys, Cassandra, 1864 – Ulster Museum (Ireland)

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Mariangela Galatea Vaglio, tratto da Didone, per esempio: Nuove storie dal passato, Ultra, 2014

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Mariangela Galatea Vaglio, tratto da Didone, per esempio: Nuove storie dal passato, Ultra, 2014

Mariangela Galatea Vaglio, tratto da Didone, per esempio: Nuove storie dal passato, Ultra, 2014

 
 

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È pieno inverno chiuditi bene: mio corpo, andia È pieno inverno 
chiuditi bene:

mio corpo,
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Dirle tutto di sé – lei non lo chiede ma che im Dirle tutto di sé – lei non lo chiede
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Ma non coinvolgerla nel proprio buio,
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Gli basta a volte pensarla che corre,
in un paesaggio da sempre a lei il più caro,
in un giorno di festa, la mattina,
affaticata e lieve. Amore, è tardi.
SILVIO RAMAT
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Tutte le lettere d’amore sono ridicole. Non sare Tutte le lettere d’amore sono
ridicole.
Non sarebbero lettere d’amore se non fossero
ridicole.
Anch’io ho scritto ai miei tempi lettere d’amore,
come le altre,
ridicole.
Le lettere d’amore, se c’è l’amore,
devono essere
ridicole.
Ma dopotutto
solo coloro che non hanno mai scritto
lettere d’amore
sono
ridicoli.
Magari fosse ancora il tempo in cui scrivevo
senza accorgermene
lettere d’amore
ridicole.
La verità è che oggi
sono i miei ricordi
di quelle lettere
a essere ridicoli.
(Tutte le parole sdrucciole,
come tutti i sentimenti sdruccioli,
sono naturalmente
ridicole).
Fernando Pessoa
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foto: La cappella Avila a Santa Maria in Trastever foto: La cappella Avila a Santa Maria in Trastevere, Roma … https://cctm.website/antonio-gherardi-rieti-1638-roma-1702
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Eppure c'è amore, minuscolo in ogni gesto regalat Eppure c'è amore, minuscolo
in ogni gesto regalato,
in ogni caffè preparato
apposta per te,
nella risata che saluta allegra
nell'ombra condivisa
nel letto rifatto fresco
nello sguardo che ti indica il bello
negli occhi che brillano,
c'è amore, minuscolo
nella sedia avvicinata
nel ventaglio usato per farti fresco
nel farsi belli
nella danza sotto un albero
nella matita che disegna per te
nella musica cercata e ritrovata
nella canzone da stonare assieme
nella collana delle attenzioni,
c'è amore, minuscolo
la parola amore
ama la minuscola
perché le piace spargersi 
in mille gesti
e frammenti di vita,
negli attimi infiniti,
amore con la minuscola.
attento,
come le zampe della formica,
come le ali della farfalla
amore
sale dalla terra
sale della terra 
amore minuscolo.
GIANLUIGI GHERZI
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Ti scrivo e ti desidero, vorrei che ti arrivasse, Ti scrivo e ti desidero, vorrei che ti arrivasse, che ti disturbasse gli ozi madrileni il desiderio, il puro e crudo desiderio di averti, di progettare un incontro, di fantasticare nuovi abbracci, di sentire in me e in te, il languore della saliva, del sudore, l’indulgenza e il furore delle mucose, della rosa cedevole e della rosa penetrativa. Se tu mi pensi, come spero, il tuo pensarmi ti dirà che io ti penso, e che anche desiderarti è un’arguzia, un gioco, un travestimento del pensarti. Ti penserò finché non ti sentirò, di nuovo, gemere. A presto. Ti bacio.
Giorgio Manganelli
#giorgiomanganelli #amore #cctmfb #linkinbio #anoipiaceleggere #leggere
opera: Cristoforo de Predis, Morte del Sole, della opera: Cristoforo de Predis, Morte del Sole, della Luna e caduta delle stelle, 1476
ubicazione: Biblioteca nazionale di Torino … https://cctm.website/cristoforo-de-predis-milano-1440-1486 
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Una tua ruga bella di stanchezza di più m'intriga Una tua ruga
bella di stanchezza
di più m'intriga
della giovinezza. 
Angelo Branduardi
 illustrazione Carine Bouvard 
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parole d’amore intraducibili – flechazo … ht parole d’amore intraducibili – flechazo … https://cctm.website/flechazo 
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L'abbiamo respirato tutto l'odore dei ciclamini L'abbiamo respirato tutto l'odore 
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nonostante 
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ma non ci importava 
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era poco ma era tutto 
quasi mi viene da piangere, sai 
che belli erano i nostri giorni tristi.
Patrizia Baglione
@patriziabaglione
[Nero crescente] 
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