collettivo culturale tuttomondo Lella Costa (Italia)
Le donne…io canto…Le donne.
Racconta Chatwin che i miti aborigeni sulla creazione raccontano di leggendarie figure totemiche che nel tempo del Sogno aveva percorso in lungo e in largo il continente cantando il nome di ogni cosa in cui s’imbattevano e che con quel loro canto avevano fatto esistere il mondo.
Un canto è contemporaneamente mappa e antenna, un canto ti aiuta a ritrovare la strada, il canto fa venire fuori la terra.
Gli aborigeni sono convinti che tutti gli esseri viventi, ma tutto quello che esiste nel mondo sia stato creato tutto insieme segretamente, sonnecchi sotto la superficie terrestre in attesa di essere cantato.
E dunque io canto le donne, “le donne, i cavallier, l’arme, gli amori, le cortesie, l’audaci imprese io canto”. Le audaci imprese io canto, perché davvero audace impresa è ostinarsi a spiegare che non esiste una sola questione femminile che non riguardi l’intera umanità, l’intera terra.
Che la questione femminile è la Questione. Che sul possesso e il controllo delle donne si gioca il futuro di tutto! L’infinita guerra di questi uomini vuoti sempre a cercare altrove la ragione di un verbo, il senso, la misura. Audace impresa è ostinarsi a vivere con interezza e pretendere di più e aggiungere “più uno” alla contabilità dell’infinito. Audace impresa è invecchiare conoscendo da prima i luoghi atroci che ti toccheranno, popolati da donne come te malate o solo vecchie, col tormento di una memoria monca e l’insulto di sentirsi dire: “Guardi nonna che bei cioccolatini! Guardi che bravi, son venuti a trovarla.” E mai nessuno che ti chieda con pudore: “Ci pensi mai? Ti stai preparando? hai mai paura?”
Audace impresa ostinarsi a vivere in un mondo ostile ed insensato per le donne, i cavalier, l’arme, gli amori, le cortesie… Ma che bella parola: “Cortesie”. Evoca un mondo antico, regole indiscusse, attenzione, rispetto, soprattutto rispetto. E invece basta! Finito! È cambiata l’aria, non son più tempi per queste stronzate. Ma quali cortesie?
“Ma fatemi capire, per quale motivo dovremmo: aprirvi la porta, cedervi il posto, pagarvi il conto? Anzi, andrete in pensione alla stessa età nostra. L’avete voluta la parità?”
“ Veramente, veramente noi volevamo qualcosina in più. Noi volevamo sancire la nostra superiorità. Solo che l’abbiamo chiamata differenza, per quieto vivere. Volevamo provare a stabile noi le regole, volevamo tornare ad essere erinni, streghe, fate, parche, divinità. Noi volevamo il potere, volevamo cortesemente rivoluzionare la vita, ma di tutto e tutti.”
E tutti lavorare meno e meglio, non soltanto le donne, i cavalier, l’arme, gli amori… Ma sì, e cantiamoli gli Amori delle donne che sono infiniti e inauditi e incomprensibili e infelici. Soprattutto infelici. Masochisti, psicosomatici, autolesionisti. Omo, etero, bi. Poli orientati. Materni, coniugali, collettivi, orfici e dionisiaci, romantici e lascivi a cantare la vita delle donne, a scandire la storia delle donne.
I cavalier, l’arme… L’arme. Che lo si sappia una volta per tutte: la prima causa di morte delle donne, tutte le donne, in tutto il mondo, macabro esempio di globalizzazione, è la violenza, soprattutto domestica.
Sono i coltelli alla gola, i pugni, i calci, le forbici di casa, le mutilazioni genitali, gli stupri, il commercio dei corpi, le neonate uccise, sono le pietre, l’acido, le semiautomatiche con regolare porto d’armi. Sono… i vicini che non sentono, le denunce inutili, le fughe disperate.
E quel giorno in tribunale, quando potresti farlo condannare davvero, lui il nemico, lui il mostro, lui l’orco, lui: il terrore dei tuoi figli! Ma no, no, è lo stesso ragazzo delle feste sulla spiaggia, delle foto del matrimonio, del mutuo per la casa. Lo stesso che oggi piange e giura che non lo farà mai più.
Le armi che ogni giorno massacrano le donne e… i Cavalieri, quelli che ci mancano. I Cavalieri, gli uomini, i protagonisti, che ci hanno stordito per millenni con ogni possibile rumore di battaglia e hanno riscritto la storia come piace a loro e hanno dimenticato cosa voleva dire far vivere la terra e ci hanno dato tutto quello che ci potevano dare. E adesso è proprio chiaro che non basta.
”Se vuoi giocare, io devo sapere, sei dama o cavaliere?”
Dama è cavaliere. Come le Vergini Giurate d’Albania, come le antiche creature delle origini, le leggendarie viaggiatrici, che nel tempo del sogno sapevano condurre le canoe. Perché loro soltanto avevano imparato a cantare ogni mare e fiume e corso d’acqua e a ogni colpo di remo corrispondeva un canto. E a ogni canto un luogo e solo chi conosceva il canto riusciva a non smarrirsi nelle lande scoperchiate del fuori. E questo aveva a che fare con la musica. Questo è ciò che serve! E questo finalmente basta!
Le donne…io canto…Le donne.
Lella Costa
monologo tratto dallo spettacolo Ragazze
_
foto: Lella Costa
_
collettivo culturale tuttomondo Lella Costa (Italia)