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La Zanzara era il titolo del giornale studentesco del Liceo Parini di Milano, fondato nel 1945.
La rivista (ideata tra gli altri da Enzo Spaltro e Daniele Oppi), che nella sua storia ebbe giovani redattori, divenuti poi firme importanti nel giornalismo italiano come Walter Tobagi, è nota per uno scandalo scoppiato nel 1966, quando la pubblicazione di un articolo sulla sessualità degli studenti portò alla denuncia e al processo di tre suoi redattori … continua a leggere su Wikipedia
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la Zanzara, liceo Parini 14 febbraio 1966
CHE COSA PENSANO LE RAGAZZE D’ OGGI? Inchiesta a cura di MARCO SASSANO CLAUDIA BELTRAMO CEPPI MARCO DE POLI
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Qual è la posizione della donna nella società italiana? Quali sono temi che si trova ad affrontare? Qual è il suo atteggiamento a fronte all’educazione, alla cultura, alla morale, alla religione, al matrimonio ed al lavoro?
È indubbio che negli ultimi anni si sia verificata una notevole diminuzione dei pregiudizi che tenevano la donna in una posizione secondaria di fronte a questi problemi e che un graduale evolversi della società abbia seguito un analogo processo evolutivo anche nel campo dell’emancipazione femminile. Ciò non toglie che in complesso sussista ancora diffusamente una mentalità conservatrice tendente a subordinare il sesso femminile a quello maschile.
Per avere una chiara visione di questi problemi, abbiamo pensato che il metodo migliore fosse quello di discuterne con ragazze di diversa età e di differente formazione in modo da avere un’idea il più possibile fedele delle diverse posizioni.
L’educazione familiare
Uno dei primi problemi che abbiamo affrontato nella nostra discussione è stato quello dei rapporti con la famiglia e dell’educazione che essa impartisce.
Il punto su cui praticamente tutte si sono trovate d’accordo è stato quello di ribadire la necessità di un’educazione «tendente a dare coscienza delle proprie responsabilità». A questo si ricollega il desiderio di una notevole libertà individuale, concessa dai genitori, libertà che nella maggior parte dei casi è stata giudicata soddisfacente.
«Ho sempre avuto molta libertà di agire come voglio, di frequentare la gente che voglio, di pensare come voglio».
Per quanto riguarda i rapporti con i genitori, non viene più accettato un atteggiamento di tipo autoritaristico, ma si chiede loro amicizia e una maggiore comprensione dei propri problemi.
«Io posso accettare un consiglio di mio padre solo se è motivato e non perché dice che è il padre e basta!».
«Io considero mia madre come un’amica, come una donna con cui discutere apertamente. Lei ha verso di me una grande fiducia ed altrettanto io verso di lei. Ascolta le mie opinioni, eventualmente le critica, e le discutiamo insieme. Non mi impone i suoi giudizi: mi consiglia ma mi lascia fare le mie esperienze».
Ci sono, però, alcune eccezioni: «Il continuo e ossessivo desiderio da parte dei miei genitori di aiutarmi e di essermi vicino, mi è parso un’imposizione ed una limitazione della libertà, per cui mi sono allontanata e ho rifiutato il loro aiuto. L’autoritarismo dei genitori si risolve specialmente in un autoritarismo sulle questioni sessuali da cui derivano poi le altre.
Nella mia educazione sessuale non vi è stata una chiara negazione del sesso ma una specie di compromesso tra la negazione del sesso per rispetto a certe abitudini, ed una contemporanea affermazione per paura di essere arretrati negandolo. Il che ha prodotto in me una grande confusione ».
Già da questa risposta si introduce quello che è uno dei motivi fondamentali della nostra inchiesta: l’educazione sessuale. In generale l’intervento dei genitori in questo campo è stato giudicato piuttosto secondario; assai maggiore è l’influenza avuta dalla lettura di libri sull’argomento e dalle confidenze delle compagne:
«I genitori hanno fatto per me solo da complemento».
Per quanto riguarda il futuro invece si prospetta un’educazione sessuale assai più completa e meno «traumatizzante», che abbia il suo fondamento nella scuola:
«L’educazione sessuale nella scuola, e non solo dal punto di vista medico, è assolutamente necessaria per una modifica della mentalità verso moltissimi problemi quali le ragazze madri, i figli illegittimi, ecc. Non vogliamo più un controllo dello stato e della società sui problemi del singolo e vogliamo che ognuno sia libero di fare ciò che vuole, a patto che ciò non leda la libertà altrui. Per cui, assoluta libertà sessuale e modifica totale della mentalità».
«Per cambiare la mentalità sarebbe necessario impostare il problema sessuale su basi serie, cioè introdurre una certa educazione sessuale anche nelle scuole per chiarire le idee su certi problemi fondamentali che ognuno ad una certa età si trova a vivere, in modo che il problema sessuale non sia un tabù ma venga prospettato con una certa serietà e sicurezza. E che esso venga veramente affrontato sul piano sociologico; conoscere cioè tutte le posizioni in modo da avere un orientamento veramente responsabile».
Il sesso e la società
All’esame dell’educazione sessuale segue immediatamente quello del modo in cui i problemi sessuali vengono affrontati dalla nostra società, che si può sintetizzare in un atteggiamento al tempo stesso di ipocrisia e di moralismo. Non potendo ovviamente analizzare a fondo i diversi aspetti della questione, ci siamo limitati a considerarne due, a nostro parere indicativi e di stretta attualità, e cioè la copiosa produzione di film ad argomento erotico, unicamente destinati a fare presa esteriore sul pubblico, e quello del controllo delle nascite. Per quanto riguarda il fenomeno cinematografico (strettamente legato poi a interessi commerciali) abbiamo riscontrato un atteggiamento decisamente polemico:
«I problemi sessuali che vengono prospettati specialmente dal cinema sono in fondo il frutto della nostra società, cioè puntano molto sull’interesse morboso che possono suscitare e sfruttano specialmente questo aspetto invece di studiare a fondo i problemi che affrontano».
«Gran parte di questi film sono fatti da degenerati, per cui vi è da parte loro quasi un piacere morboso nel farli. Sono partiti da un’idea abbastanza giusta, cioè togliere questo velo d’ipocrisia che inceppava il nostro cinema. Ma quando hanno avuto un grosso successo di cassetta sono completamente degenerati».
Un problema assai più complesso è quello del controllo delle nascite. Solo da poco tempo in Italia si può parlare con una certa libertà di questo argomento oggi reso quanto mai attuale dal nuovo atteggiamento assunto dalla Chiesa che affida ogni decisione in questo campo alla «coscienza» dei coniugi. Le ragazze con cui abbiamo parlato si sono rivelate per la maggior parte favorevoli all’uso di mezzi anticoncezionali durante il matrimonio; tutte indistintamente hanno poi dichiarato di essere disposte ad usarli in caso di difficoltà economiche o di motivi di salute.
«Nel rapporto sessuale ciò che più mi pare importante è la necessità di essere completamente uniti e perciò i figli sono una conseguenza di secondo grado e hanno un’importanza relativa».
« Secondo me in ogni rapporto prematrimoniale e matrimoniale, l’uso della pillola sarebbe un atto di viltà, cioè la si usa perché si ha paura di eventuali conseguenze che invece sono la base e il fine dell’unione. Non mi basta essere convinta dell’amore che provo per un uomo e il viverlo pienamente, ho assoluto bisogno di una prova continua di questo amore che secondo me può essere rappresentata solo da un figlio».
Il problema morale e religioso
Dal problema del controllo delle nascite nel matrimonio è poi derivato come logica conseguenza quello dei rapporti prematrimoniali.
«Pongo dei limiti solo perché non voglio correre il rischio di avere conseguenze. Ma se potessi usare liberamente gli anticoncezionali non avrei problemi di limiti».
La questione è molto complessa e personale e non si darebbe un quadro esatto della situazione volendo generalizzare o fare statistiche. Preferiamo quindi riportare alcuni pareri che ci sono parsi indicativi delle diverse posizioni.
«Molti rapporti sono solo esperienze utili e non capisco come non si vogliano affrontare».
«Specialmente nell’amore nessuno dovrebbe agire secondo limiti e regole già prima codificati, ma solo secondo la propria coscienza e la propria volontà».
«All’uomo che si ama si può dare tutto entro però certi limiti. Se si vuole veramente amare vi è solo il matrimonio».
«Se non si è abbastanza sicuri dei propri sentimenti da aver bisogno di un contratto, allora vuol dire che non siamo sicuri di noi stessi e del nostro amore».
«Entrambi i sessi hanno ugualmente diritto ai rapporti prematrimoniali».
«È ridicolo il ragionamento sul matrimonio, perché si arriva al controsenso della frase: ciò che è innaturale prima è naturale dopo».
«Si può volere molto bene ad una persona, però fino ad un certo punto perché ci sono cose che non si può e non si deve assolutamente dare, anche se si ama, al di fuori del matrimonio».
« La purezza spirituale non coincide con l’integrità fisica».
Rispondendo alle nostre domande sull’esperienza prematrimoniale, le ragazze stesse hanno introdotto il motivo religioso, che è strettamente connesso col precedente. Quelle dichiaratamente cattoliche hanno rivelato due diverse tendenze: alcune concordano con la posizione ufficiale della Chiesa, che dà fondamentale importanza alla verginità prematrimoniale. Le altre invece ritengono che se c’è l’amore non abbia più senso parlare di limiti.
«La posizione della Chiesa concorda perfettamente con delle norme di natura igienica e sociale che ci impongono delle limitazioni necessarie per non creare dei disordini».
«Il fatto religioso per me è stato profondamente negativo perché mi ha per un certo periodo di tempo vietato strade che io pensavo portatrici di felicità. Poi però mi sono ribellata ma prima di sentirmi veramente libera ho dovuto superare un lungo periodo di dubbi ed incertezze».
«La religione in campo sessuale è apportatrice di complessi di colpa».
«Quando esiste l’amore non possono e non devono esistere limiti e freni religiosi».
«La posizione della Chiesa mi ha creato molti conflitti fin quando non me ne sono allontanata».
Ma la religiosità non è l’unico vincolo che limita la libertà sessuale, vi è anche la preoccupazione di «tradire» la fiducia della propria famiglia, agendo contro le norme della morale corrente.
«La donna, generalmente, non è indipendente ed è fortemente legata alla famiglia e non può assolutamente tradire la fiducia che questa ha in lei».
«I sentimenti di mio padre e di mia madre non possono influire sui miei: posso dare un grande valore a mio padre e a mia madre, ma se io reputo giusto l’agire in un dato modo il loro giudizio non influisce assolutamente su di me».
«Secondo me uno tradisce la fiducia dei suoi genitori solo quando non è coerente con se stesso».
Il matrimonio e il lavoro
Fino a pochi anni fa, prima dell’ultima guerra, alla donna era praticamente aperta un’unica via: quella del matrimonio. Oggi, che più di un quarto della popolazione lavorativa italiana è femminile, la situazione è notevolmente mutata e possiamo dire che questo è uno dei settori in cui più rapidamente si sta realizzando la parità tra i due sessi. Tuttavia il problema si prospetta sotto diversi aspetti a secondo della condizione sociale della ragazza.
È stato interessante conoscere in proposito le idee delle ragazze che frequentano il liceo classico, appartenenti cioè ad un ambiente tipicamente borghese.
«Un tempo non molto lontano, erano i genitori a non spingere la figlia sulla strada dal lavoro, non dandole la stessa educazione del maschio, perché per definizione era destinata al matrimonio e a fare la donna di casa; ma ora sono le figlie che dicono: ‑ Per ora sono i genitori a mantenermi, poi mi sposo; è inutile quindi che mi cerchi seriamente un impegno, una strada. Voglio solo avere una educazione che mi permetta di sposare un uomo di una certa istruzione ed educazione superiore o almeno pari alla mia. ‑ E questo vale specialmente per quelle che frequentano i licei».
«Certamente la maggioranza delle ragazze partono dal presupposto di sposarsi e quindi non danno importanza alla ricerca di una propria strada».
«Molte fanno questo ragionamento: ‑ Io adesso faccio il liceo, perché cosi mi piace, poi presa la maturità, basta, pianto lì tutto e aspetto un marito.
E questi sono ragionamenti che in non ho mai sentito fare da ragazze che lavorano da quando hanno 16-18 anni, ma solo da studentesse, specialmente del Parini, che sembra vogliano sposarsi solo per la paura di restare zitelle».
«Molte di queste ragazze che aspirano come unico fine al matrimonio, saranno veramente, secondo me, delle pessime mogli e delle cattive madri; sarà certamente buona madre quella che già da ragazza ha una coscienza personale e civile».
«Il pensiero dominante sul matrimonio in certi ambienti è questo: ‑ Oh che bello! Dormirò fino alle undici del mattino, mentre quattro donne di servizio sgobberanno a mettere in ordine la casa».
In affermazioni di tal genere si può chiaramente vedere come, secondo una mentalità molto diffusa, si tenda a creare una netta frattura tra lavoro e matrimonio. Però le ragazze intervistate hanno dichiarato di non poter scindere il matrimonio da una cosciente partecipazione alla vita della società sia nel lavoro che nelle altre attività culturali.
«Se mi offrissero una vita solo dedita al matrimonio, alla casa e ai figli, piuttosto di vivere così mi ammazzerei».
«Non è tanto importante partecipare finanziariamente al mantenimento della famiglia ma è assolutamente necessario avere interessi al di fuori del matrimonio».
«Secondo me matrimonio e lavoro non creano un dilemma perché se una donna parte con l’idea di voler essere utile e impegnata, può conciliate benissimo il matrimonio al lavoro; se invece parte con l’ idea di non volere lavorare, ma vuole solo sposarsi, si sposa. Perciò il dilemma non esiste».
«Se una donna non vede se stessa come individuo singolo, profondamente interessato ed impegnato, con responsabilità e diritti anche nel matrimonio al 50 % è inutile parlare di parità con l’uomo».
Si è presentato a questo punto un altro dei problemi oggi di scottante attualità: il divorzio. Come è noto, dopo anni e anni di totale disinteresse che rivelano gretto moralismo e ipocrisia da parte della nostra classe dirigente, si è finalmente giunti ad una proposta di legge che, per quanto cauta e limitata, trasporta la possibilità del divorzio dal piano teorico a quello pratico.
«Il divorzio, concesso però non con leggerezza, deve esistere anche solo per il rispetto che si deve alla libertà dell’uomo».
«Il divorzio, a mio parere di cattolica, non dovrebbe esistere, però sarebbe giusto che esistesse per quelle persone che non condividendo le mie idee sono costrette lo stesso a rimanere legate per tutta la vita ad una persona che non amano».
«L’incompatibilità di carattere veramente comprovata deve essere sufficiente al divorzio».
Impegno collettivo o impegno di elite?
Come conclusione abbiamo chiesto un parere sull’atteggiamento preso nella risoluzione di questi problemi dalla massa delle ragazze. Non crediamo siano necessari commenti:
«La massa delle ragazze è veramente a terra, non credo poi che vi sia una via di mezzo, ma quelle che sono intellettualmente superiori e che hanno un atteggiamento e una posizione positiva, anche se sono poche, hanno certamente un peso importante e riscattano in parte la negatività della massa».
«La maggioranza delle ragazze che pensano in un modo secondo me sbagliato non conta e non ha vero rilievo, in quanto non si sanno effettivamente affermare, mentre le altre, le impegnate, hanno preso veramente coscienza di sé e l’affermano a voce alta. Ma la massa disinteressata che è molto ampia in certi momenti riesce a schiacciare questa piccola elite, e quando le appartenenti a questa massa diffonderanno le loro non‑idee ai loro figli, aumenterà il già immenso numero dei disinteressati. Ma, questo è certo, lo stesso discorso vale per i ragazzi».
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la Zanzara, liceo Parini 14 febbraio 1966
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