collettivo culturale tuttomondo Giovanni Verga La lupa
Era alta, magra, aveva soltanto un seno fermo e vigoroso da bruna e pure non era più giovane; era pallida come se avesse sempre addosso la malaria, e su quel pallore due occhi grandi così, e delle labbra fresche e rosse, che vi mangiavano.
Al villaggio la chiamavano la Lupa perché non era sazia giammai — di nulla. Le donne si facevano la croce quando la vedevano passare, sola come una cagnaccia, con quell’andare randagio e sospettoso della lupa affamata; ella si spolpava i loro figliuoli e i loro mariti in un batter d’occhio, con le sue labbra rosse, e se li tirava dietro alla gonnella solamente a guardarli con quegli occhi da satanasso, fossero stati davanti all’altare di Santa Agrippina. Per fortuna la Lupa non veniva mai in chiesa, ne a Pasqua, ne a Natale, ne per ascoltar messa, ne per confessarsi. — Padre Angiolino di Santa Maria di Gesù, un vero servo di Dio, aveva persa l’anima per lei.
Maricchia, poveretta, buona e brava ragazza, piangeva di nascosto, perché era figlia della Lupa, e nessuno l’avrebbe tolta in moglie, sebbene ci avesse la sua bella roba nel cassettone, e la sua buona terra al sole, come ogni altra ragazza del villaggio.
Giovanni Verga
incipit del racconto La Lupa da Vita nei campi, 1880
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foto: Anna Magnani ne La lupa di Giovanni Verga per la regia di Franco Zeffirelli 1965
Vita dei campi è una raccolta di otto novelle (nell’ordine: Fantasticheria, Jeli il pastore, Rosso Malpelo, Cavalleria rusticana, La lupa, L’amante di Gramigna, Guerra di santi, Pentolaccia) di Giovanni Verga pubblicata dall’editore milanese Treves nel 1880. Oltre a contenere una delle novelle più note dell’auotre siciliano, è considerata un anello di congiunzione fondamentale tra le prime opere verghiane (come Storia di una capinera, Eva o Nedda) e il ciclo romanzesco dei “vinti”, aperto da I Malavoglia nel 1881.
Le trame delle novelle ricostruiscono il microcosmo di un mondo arcaico ed ancestrale, che spesso risulta del tutto alieno rispetto alle abitudini urbane e borghesi dei lettori (come spiega Fantasticheria, il testo di apertura che ha un’importante funzione di introduzione e prefazione complessiva). I temi portanti della raccolta sono così la radicale distanza tra il mondo moderno e l’incontaminato mondo di natura siciliano (come in Jeli il pastore), l’analisi impietosa delle leggi di sopraffazione del più debole (come in Rosso Malpelo), i drammi dell’amore e della gelosia (come in Cavalleria rusticana, La lupa o Guerra di santi), senza dimenticare l’importanza di chiarire i risvolti teorici della propria scrittura (la Prefazione all’Amante di Gramigna).
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