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Giorgio Arcari (Italia)

30/11/2021 By carlaita

collettivo culturale tuttomondo Giorgio Arcari (Italia)

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Parole dopo l’amore, sul finire della notte di Giorgio Arcari (Italia)

Lui è alla finestra. Nudo, fatta eccezione della sigaretta. Farà tanto cinema, ma non gli è mai piaciuto fumare sdraiato. Guarda fuori, senza realmente vedere nulla. Il suo corpo è un curioso miscuglio di muscoli rilassati e di muscoli tesi. Silenzioso, alterna boccate di fumo a respiri lenti, profondi.

“Stai bene?”

Di traverso sul letto, sdraiata sulla pancia. Fuma anche lei, il mento appoggiato su una mano, la pelle interrotta solo da un lenzuolo negligente attorcigliato intorno ad una coscia, un piede sollevato.

In un solo gesto lui getta la sigaretta dalla finestra socchiusa e si volta. Lo sguardo corrucciato dal gelo della notte e da pensieri lontani si scioglie in un attimo di fronte a quella posa da diva e a quegli occhi intensi.

Sorride, di un sorriso che diventa una piccola risata interna, intima, mentre si china a baciarla.

“Sto benissimo”. Si sdraia di schiena, quasi perpendicolare, i due volti vicini.

“Eri così silenzioso..”

“Beh, mi sembra che abbiamo già urlato fin troppo”.

“Scemo!” Ride un attimo, poi torna seria “dov’eri andato?”

“Chi lo sa. Ogni tanto la mia mente parte, in cerca di qualche mondo. Soprattutto quando sono felice.”

“Sei felice?” Lo sguardo di lei non attende risposta dal volto poco sotto il suo. Si fissa sullo specchio a parete, proprio di fianco alla finestra.

“Guarda. Come siamo belli. Torbidi di sesso. Puri. Dovremmo farci una fotografia. Tante foto. Una per ogni sensazione provata. Bella, brutta. Fermare tutto prima che scappino via”.

“Bisognerebbe avere sempre a portata di mano una macchina fotografica”. Entrambi guardano la macchina di lei, effettivamente in attesa su una sedia, a pochi centimetri. Ridono.

“Vorrei averla piantata qui nel petto. Per riprendere tutto quello che mi fa accelerare il cuore. Oppure…” il suo tono si fa sardonico “Oppure qui, in mezzo alla fronte. Il terzo occhio della percezione. Ti piacerei lo stesso?”

Nel parlare si muove. Un seno sfugge all’intrico di coperte in cui era incastonato. Lui si allunga per baciarlo, senza staccare gli occhi da quelli di lei, attraverso lo specchio. “Mi piaceresti con un numero qualsiasi di occhi. Tu sei bellissima”

“Banale” ma sorride, ancora.

“Insomma. La verità non è mai banale. Guardati” Le passa la mano sul corpo, mentre gli occhi di entrambi sono fissi sullo specchio, che registra tutto. “Al massimo in questo caso è scontata, mai banale”.

Lei ride “ma quante verità assolute, stanotte. Eppure sono verità soltanto per i tuoi occhi”

“Allora” dice mentre si avvicina a lei, creando mille contatti tra i due corpi ancora accaldati “vorrà dire che i miei occhi hanno davvero un gran buon gusto.” La accarezza di nuovo. “ E non solo i miei occhi”.

Lei gli si rovescia addosso, a cavalcioni. Il corpo ancora carico di sessualità, nei gesti intimi, con un che di fraterno. Gli poggia i gomiti sul petto, occhi negli occhi.

“Adesso cosa facciamo?”

Silenzio. Occhi enormi. Occhi che vanno e vedono oltre l’immediato. Anche troppo oltre, quasi da esserne spauriti.

“Adesso viviamo”.

“E che cosa vuol dire?”

Ad interromperli, da fuori, il canto del primo uccello. Il buio non lascia ancora intendere l’alba, ma ecco qualcuno che già la saluta. Sempre uno comincia, il più sensibile. O il più insonne, chissà. I due lo ascoltano cantare solitario, finché altri si uniscono al coro. E improvvisamente sembra che una nota di viola cominci a versarsi nella luce della notte.

Menti allontanate per un attimo. I corpi, geniali d’istinto, nell’assenza di quel canto hanno cominciato a cercare di nuovo l’amore, da soli. Quando le voci tornano, si sono fatte roche, sussurranti.

“Allora, cosa vuol dire?”

“Non me lo chiedere. Non lo so. Oppure sì, ma significa troppe cose per dirle tutte insieme”

“Due cuori e una capanna?” Ridono tutti e due

“Anche, perché no?”

“Non mi voglio annoiare. Ho paura. Non mi voglio svegliare, tra un mese. O tra dieci anni. Svegliarmi e non avere la certezza di aver vissuto”.

Lui piega il collo per guardare dalla finestra. Lei, sopra, fa lo stesso. Il buio ora è decisamente più tremolante. Note di luce fredda sanciscono l’approssimarsi della fine della notte insonne.

“Allora non dormiamo. Così non dovremo preoccuparci del risveglio. La vita è fatta di tante cose. Giorno e notte. Godere del mondo e starsene intrecciati a letto per ore. Ridere, piangere, leggere, scrivere..”

“Fotografare” lei non si trattiene, e ridono di nuovo entrambi”.

“Fotografare, sì! Esplorare. Fare la spesa, le pulizie, guardare le bollette” facce improvvisamente serie “poi gettarle sul tavolo e fare le borse, per prendere il primo aereo in partenza. Andare via. E poi tornare, senza stancarsi mai di fare entrambe le cose”.

“Fermarsi di tanto in tanto a guardarsi negli occhi…”

“Assolutamente.” Lui si sente un calore nella voce. E lo sente anche nella voce di lei. Un calore nuovo, diverso da quello che li accomuna più in basso, dove i loro corpi si sfiorano, ancora non uniti.

“Sì, guardarsi negli occhi. E poi guardare insieme nella stessa direzione”.

“Questa non è tua, però!”

“No” ammette lui ridendo “ma una buona frase torna sempre utile, come ottima bugia o come ottima verità”. Termina la frase baciandola.

“E questa che cos’è?”

“Credo proprio che sia il caso della verità”

“Credi?” Ora è lei che, sussurrando, lo bacia.

“È la verità, sì”.

Le parole si fermano, mentre i due si cercano con la bocca. Carezze sul viso, sugli occhi. Carezze che colmano fameliche i pochi millimetri che ancora li separano. Un piccolo movimento e lui le scivola dentro. Non si muovono, entrambi sorpresi dal calore che si irradia dalla fusione dei loro corpi, prima ancora che dalla promessa della passione che sta per giungere.

La bocca di lei gli sfiora il viso mentre parla, respiro caldo sulla pelle. “Dunque è questo l’amore di cui si parla tanto..”

“Scopriamolo, abbiamo tutto il tempo”

Lei alza il viso, verso la luce sempre meno confusa che si insinua dalla finestra. “Ma questa nostra notte è quasi finita”

Lui non guarda fuori. Le prende il viso tra le mani e guida i due sguardi ad unirsi. “Chi se ne importa. Il nostro giorno è appena cominciato”. La bacia.

Poi, per molto tempo, non servono loro altre parole.

 

_

Photo by Ravi Roshan on Unsplash

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Giorgio Arcari

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Parole dopo l’amore, sul finire della notte di Giorgio Arcari (Italia)

 
 

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Essere una persona sensibile vuol dire percepire u Essere una persona sensibile vuol dire percepire un tono di voce distante durante una telefonata, riconoscere l’ansia, la paura e la tristezza nella faccia degli altri. 
Essere sensibile vuol dire fare caso a tutto, e con “tutto” intendo veramente qualsiasi cosa: un colore diverso del cielo, un sorriso più sentito, una parola colorata in mezzo a tante parole anonime. 
Essere sensibili vuol dire vivere dieci, cento, mille vite ogni giorno. 
Quando sei sensibile non puoi fregartene, farti gli affari tuoi, lasciar perdere.

Susanna Casciani

foto Claire Luxton
Le interviste impossibili Alberto Arbasino incontr Le interviste impossibili Alberto Arbasino incontra Oscar Wilde … https://cctm.website/le-interviste-impossibili-alberto-arbasino-incontra-oscar-wilde
#oscarwilde #albertoarbasino #cctmwebsite #linkinbio #anoipiaceleggere #leggere
… https://cctm.website/ricordare-tutto Brian Fri … https://cctm.website/ricordare-tutto
Brian Friel

da Traduzioni e altri drammi, traduzione di it. di Carla De Petris, Bulzoni, 1996
#brianfriel #ricordare #cctmfb #cctmwebsite #anoipiaceleggere #linkinbio #leggere #teatro
Il camaleonte esibizionista (Chameleon narcissus) Il camaleonte esibizionista
(Chameleon narcissus)

È noto che i camaleonti sono abilissimi a mimetizzarsi, cioè a nascondersi prendendo lo stesso colore del fogliame o della terra su cui si trovano. Solo il camaleonte esibizionista, o narcisoleonte, si comporta diversamente. Se si trova su una foglia verde, diventa bianco a pallini rossi, se si trova su un muro bianco diventa di tutti i colori e brilla come un albero di Natale. Fa insomma di tutto per farsi notare. Chissà se fatica di più lui o gli altri camaleonti?
Stefano Benni
[da Stranalandia]
La mente è una sola. La sua creatività va coltiv La mente è una sola. La sua creatività va coltivata in tutte le direzioni. Le fiabe (ascoltate o inventate) non sono «tutto» quel che serve al bambino. Il libero uso di tutte le possibilità della lingua non rappresenta che una delle direzioni in cui egli può espandersi. Ma «tout se tient», come dicono i francesi.
L’immaginazione del bambino, stimolata a inventare parole, applicherà i suoi strumenti su tutti i tratti dell’esperienza che sfideranno il suo intervento creativo. Le fiabe servono alla matematica come la matematica serve alle fiabe. Servono alla poesia, alla musica, all’utopia, all’impegno politico: insomma, all’uomo intero, e non solo al fantasticatore. Servono proprio perché, in apparenza, non servono a niente: come la poesia e la musica, come il testro o lo sport (se non diventano un affare). Servono all’uomo completo Se una società basata sul mito della produttività (e sulla realtà del profitto) ha bisogno di uomini a metà – fedeli esecutori, diligenti riproduttori, docili strumenti senza volontà – vuol dire che è fatta male e che bisogna cambiarla. Per cambiarla, occorrono uomini creativi, che sappiano usare la oro immaginazione. 
Gianni Rodari

foto Robert Doisneau
Quanto a me ho le braccia a pezzi a furia di affer Quanto a me
ho le braccia a pezzi
a furia di afferrare nuvole...
Charles Baudelaire

illustrazione Fiorentina Amon 
#baudelaire
Mi chiedo tante cose stasera se i capelli riconos Mi chiedo tante cose stasera 
se i capelli riconoscono l'amore 
se l'amore sa invecchiare 
se i vecchi dimenticano il male 
se il bene attecchisce per talea
se è lecito abusare del presente indicativo 
se la pioggia farà fiorire la passiflora
se qualcuno pensa a me annusando l'aria 
se somiglio all'agave o all'anthurium, 
se mal sopporto la luce diretta 
o se cresco a dispetto di tutto. 
Mi chiedo chi voglio essere, a cosa voglio somigliare e penso all'uva spina, alle ginestre, alle sedie impagliate, all'odore delle chiese, alle rose selvatiche, ai soffioni, ai fili d'erba, al fumo dei camini, alle cose che passano.
Doris Bellomusto

Illustrazione Tonja Sell
Rape Poem di Marge Piercy - frammento Non c’è Rape Poem di Marge Piercy - frammento 

Non c’è differenza tra l’essere stuprata
e scaraventata giù da una rampa di scale
tranne che le ferite sanguinano anche dentro.
 
Non c’è differenza tra l’essere stuprata
ed essere investita da un camion
tranne che dopo gli uomini ti chiedono se ti è piaciuto.

Non c’è differenza tra l’essere stuprata
ed essere morsa da un serpente a sonagli
se non che la gente domanda se la tua gonna era corta
e perché tu comunque eri fuori.
 
Non c’è differenza tra l’essere stuprata
e andare a sbattere dritta contro il parabrezza
tranne il fatto che dopo tu non hai paura delle auto
ma di metà del genere umano.

(There is no difference between being raped
and being pushed down a flight of cement steps
except that the wounds also bleed inside.

There is no difference between being raped
and being run over by a truck
except that afterward men ask if you enjoyed it.

There is no difference between being raped
and being bit on the ankle by a rattlesnake
except that people ask if your skirt was short
and why you were out alone anyhow.

There is no difference between being raped
and going head first through a windshield
except that afterward you are afraid
not of cars
but half the human race)

foto: Daido Moriyama
La gente non è cattiva, mia cara. È idiota, il c La gente non è cattiva, mia cara. È idiota, il che è ben diverso. La malvagità presuppone un certo spessore morale, forza di volontà e intelligenza. L’idiota invece non si sofferma a ragionare, obbedisce all’istinto, come un animale nella stalla, convinto di agire in nome del bene e di avere sempre ragione. Si sente orgoglioso in quanto può rompere le palle, con licenza parlando, a tutti coloro che considera diversi, per il colore della pelle, perché hanno altre opinioni, perché parlano un’altra lingua, perché non sono nati nel suo paese o perché non approva il loro modo di divertirsi. Nel mondo c’è bisogno di più gente cattiva e di meno rimbambiti.

Carlos Ruiz Zafón 

foto Guy Bordin
Ci sono vari modi per prendersi cura di una person Ci sono vari modi per prendersi cura di una persona … https://cctm.website/paola-felice-italia-2
#paolafelice #poesia #cctmwebsite #linkinbio #anoipiaceleggere #leggere #amore #cuorespezzato
Qui si sogna di Txema Anguera (Barcellona, 1960)… https://cctm.website/txema-anguera-spagna
#txemaanguera #sogni #cctmfb #cctmwebsite #linkinbio #anoipiaceleggere #leggere #poesia
Io mi do l’opportunità di ricominciare da capo. Io mi do l’opportunità di ricominciare da capo.
Io mi do l’opportunità di guardarmi gentilmente e apprezzarmi per quella che sono.
Io mi do l’opportunità di circondarmi di persone che mi apprezzano e che valorizzano la mia vita.
Io mi dono il tempo per cambiare ciò che è bene che cambi, per chiedere aiuto se ho bisogno, per mostrarmi come sono, invece che adattarmi alla visione degli altri.
Io mi dono la possibilità di fare quello che non credo di saper fare, perchè non ho ancora la visione di ciò che posso o non posso fare.
Io mi do l’opportunità di fare errori, ma anche di accettare il successo con semplicità e gratitudine.
Io mi do la possibilità di dire le parole semplici che sono però importanti nella mia vita: “No”, “Sì”, “NOn voglio”, “Non posso”, “Ho bisogno”.
Io mi do l’opportunità di conoscere me stessa, poichè sono nata con me e morirò con me: se io non sono mia amica, mi sentirò sempre sola.
E come faccio a sentirmi sola se una parte del Tutto abita in me?
Per questo sono nata: perchè non basta nascere per essere, io mi do l’opportunità di rinascere.

Virginia Gawel
foto Pierre Cherix
Che poi arrivi per tutti il giorno della resa non Che poi arrivi per tutti
il giorno della resa 
non è poi così importante.
Il petalo, quando cade a terra,
non fa rumore.
Ne raccoglie le bianche memorie
il passo del viandante 
o il poeta, se sa tacere.
Che poi arrivi per tutti 
il giorno della resa
non è poi così importante,
se una palla rotola
tra piedi bambini
e un padre sorride
al suo novello Maradona.
Vivere è dirsi
a ogni respiro che,
se il momento della resa 
non arriva per tutti,
non è poi così importante,
e guardare quel cigno
rifarsi le piume tra acque
poco limpide,
e camminare poi lenti
tra urla sgraziate
e descrizioni d'un mondo
che non sanno cogliere 
la poesia del limite.
Che poi arrivi per tutti
l'attimo della resa
non è così importante. 
L'assiolo ha un canto
d'un tono solo
ma nessuno resiste 
al suo richiamo
dal mondo dell'Altrove.
Lo sguardo del viandante,
come quello dell'amore,
è sempre strabico
e il dire del poeta inciampa
se non si accontenta
della propria resa
e attende che il mondo
assorba la sua sorte.
Che arrivi per tutti
il momento di tacere
non è poi così importante.
Tace la luna
sopra il brusio del mio quartiere
e le movidas folli 
d'una umanità che rifiuta
maschere e mascherine.
Mi accendo una sigaretta in terrazzo
mi arrendo e questo
sì, è molto importante.

Sergio Daniele Donati 

illustrazione Pascal Campion
“Potessero le mie mani sfogliare la luna” di F “Potessero le mie mani sfogliare la luna” di Federico García Lorca

Potessero le mie mani sfogliare
Pronunzio il tuo nome
nelle notti scure,
quando sorgono gli astri
per bere dalla luna
e dormono le frasche
delle macchie occulte.
E mi sento vuoto
di musica e passione.
Orologio pazzo che suona
antiche ore morte.
Pronunzio il tuo nome
in questa notte scura,
e il tuo nome risuona
più lontano che mai.
Più lontano di tutte le stelle
e più dolente della dolce pioggia.
T’amerò come allora
qualche volta? Che colpa
ha mai questo mio cuore?
Se la nebbia svanisce,
quale nuova passione mi attende?
Sarà tranquilla e pura?
Potessero le mie mani
sfogliare la luna!

illustrazione Marta Ponce 

#federicogarcialorca
La poesia non cerca seguaci, cerca amanti. La po La poesia non cerca seguaci, 
cerca amanti.

La poesía no quiere adeptos, quiere amantes

Federico García Lorca
Non solo di pane vive l’uomo. Io, se avessi fame Non solo di pane vive l’uomo. Io, se avessi fame e fossi senza forze per la strada, non chiederei un pane; ma chiederei mezzo pane e un libro. Ed io attacco da qui violentemente quanti parlano soltanto di rivendicazioni economiche senza nominare mai le rivendicazioni culturali che è poi quel che richiedono gridando i cittadini. È un bene che tutti gli uomini mangino, ma pure che tutti gli uomini sappiano. Che godano di tutti i frutti dello spirito umano, perché il contrario è trasformarli in macchine al servizio dello Stato, è trasformarli in schiavi di una terribile organizzazione sociale.

Federico García Lorca

Frammento da Mezzo pane e un libro
dal discorso di Federico García Lorca
ai cittadini di Fuente Vaqueros (Granada)
Settembre 1931
e ho provato una grande dolcezza Come quando si gu e ho provato una grande dolcezza
Come quando si guarda il mare
e ti ricordi  che qualcuno a scuola ti ha detto
quand’eri bambino  che un giorno
siamo stati tutti pesci.
Rossi, viola, blu.
Capaci solo di nuotare,
di esistere nuotando.
 
 
Luther Blissett, eteronimo di Emilio Piccolo

foto Paul Huf Netherlands, 1953
La Coppa Barovier è un capolavoro dell’arte vet La Coppa Barovier è un capolavoro dell’arte vetraia del Rinascimento … https://cctm.website/angelo-barovier
#barovier #muve #cctmwebsite #linkinbio #anoipiaceleggere #leggere #capolavoro #venezia
Non posso dire “adesso” … https://cctm.websi Non posso dire “adesso” … https://cctm.website/filippo-strumia-adesso
Filippo Strumia
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Sono un piccolo verme nascosto dentro la foglia di Sono un piccolo verme
nascosto dentro la foglia
di un albero che non dà più frutti
mi nascondo, nuda
(a volte senza vergogna)
in questo verde
che gemita parole confuse
ancora troppo acerbe.
Patrizia Baglione
foto Michael Färber Photography
#patriziaboglione #poesia #cctmfb #linkinbio #anoipiaceleggere #leggere
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