collettivo culturale tuttomondo Salvatore Toma (Italia)
de Salvatore Toma (Italia, 1951 – 1987)
No te creo
pero hay quien jura que existes,
quizás no sé buscarte
o resignarme a caer
y tú juegas a esconderte
no te dejas encontrar,
parecemos
dos extraños enamorados
pero yo te siento
aquí a mis espaldas,
a veces me siento tocado.
_
di Salvatore Toma (Italia, 1951 – 1987)
Non ti credo
ma c’è chi giura che esisti,
forse non ti so cercare
o rassegnarmi a cadere
e tu giochi a nasconderti
non ti fai trovare,
sembriamo
due strani innamorati
ma io ti sento
qui alle mie spalle,
a volte mi sento toccare.
_
Traduzione: Antonio Nazzaro
Foto: Salvatore Toma
Salvatore Toma (Maglie, 11 maggio 1951 – 17 marzo 1987) è stato un poeta italiano, tra i maggiori lirici salentini e pugliesi.
Salvatore Toma è poeta che deve la sua emersione da una pressoché totale invisibilità alla filologa Maria Corti, che con il Salento ha sempre intrattenuto un rapporto intimo e speciale.
Fu lei, nel 1999, a curare il fortunato Canzoniere della morte, che è sicuramente una delle testimonianze più folgoranti della poesia “sommersa” del Sud.
Salvatore Toma ci risulta a questa distanza una creatura ribelle, selvaggia, senza grandi mediazioni culturali.
La sua breve esistenza si svolse tutta a stretto contatto con la natura, ma anche in aperto contrasto con il mondo degli uomini – tutte le verità di Toma nascono da un contatto assiduo con la natura e da una distanza rabbiosa dagli uomini, che sentì ostili, minacciosi.
Il grande sogno di Toma fu quello di sciogliere la condizione umana all’interno della condizione naturale. In ogni suo verso si sente questo impulso a farsi natura, di essere assimilato e assunto nella pace del mondo vegetale. Tanto sentì insopportabile la condizione umana che preferì vivere da creature selvaggia, in continua osservazione di alberi e animali, e in perenne ascolto di una verità più grande rispetto a quella, fallace, degli uomini. Fu la “purezza” la sua più grande visione.
E questa “purezza”, che visse come visione ma anche come vocazione morale, egli la trovò massimamente dispiegata nella morte, ovvero nel luogo più distante dalle miserie umane. Per Toma la morte non era il luogo della pausa del dolore, della fuga dalle passioni, della pace per i soccombenti, bensì un luogo puro, il Luogo Puro per definizione, dove essere finalmente nella purificazione della pace e lontano dai “capogiri” della vita e delle sue violenze – un Luogo dove finalmente essere “come prima”, evidente allusione a una inconsapevole memoria edenica.
Sono certo che Toma morì – non sappiamo se suicida oppure no – vedendo davanti a sé un paradiso di alberi, fiori, erbe, animali; e sono certo che vi andò incontro con impeto, in fretta, dolce e furioso com’era, di corsa verso la sua terra promessa. (by Andrea Di Consoli)