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Francesca D’Alessio (Italia)

17/01/2021 By carlaita

centro cultural tina modotti Francesca D’Alessio (Italia)

Io vi chiedo scusa.

Io vi chiedo scusa, studentesse e studenti delle scuole superiori.

Io vi chiedo scusa perché in quanto insegnante avrei dovuto combattere per voi con coraggio, senza subire passivamente e aspettare che piovessero dall’alto indicazioni e protocolli evasi e poco dopo ritirati e modificati; io vi chiedo scusa perché non avremmo dovuto permettere la chiusura delle scuole e questo snervante balletto di annunci di riaperture e smentite successive.

Io vi chiedo scusa perché abbiamo accettato i banchi monoposto, a rotelle, la distribuzione di mascherine chirurgiche, l’igienizzante in classe, i protocolli di sanificazione, abbiamo prese per buone promesse, proclami e seguenti annunci apocalittici ma NON ci siamo mobilitati perché le classi rimanevano da 30 studenti, perché le cattedre erano vuote e chi ha diritto al sostegno ha dovuto aspettare mesi, siamo rimasti immobili e ignavi e vi abbiamo richiuso nelle vostre camere.

Io vi chiedo scusa perché abbiamo pensato che la distribuzione di qualche devices (spesso inutili perché non abbastanza potenti da supportare le piattaforme scolastiche), potesse occupare il vostro tempo scuola senza chiederci quale fosse la situazione di ognuno di voi, senza sapere se per voi la casa è un luogo accogliente, sicuro e tranquillo; senza considerare che la fragilità economica può portare a crisi familiari e la fragilità emotiva a situazioni drammatiche:

Io vi chiedo scusa perché so che molti di voi hanno sopportato l’insopportabile.

Io vi chiedo scusa perché, invece di creare una mobilitazione condivisa, coesa e trasversale per mettere davvero le scuole in sicurezza, abbiamo preferito sgridarvi se i banchi a rotelle li avete presi come un modo per avvicinarvi e non per distanziarvi.

Io vi chiedo scusa perché avremmo dovuto tenere aperta la scuola tutto il giorno perché la scuola è un luogo sicuro e protetto, è un luogo di scambio e di condivisione dove si impara a rispettare le regole e ad accettarle;

Io vi chiedo scusa perché abbiamo chiuso i musei che avrebbero potuto restare aperti SOLO per le scuole di ogni ordine e grado in piena sicurezza, riducendo la presenza di studenti nei locali scolastici e diversificando gli spostamenti;

Io vi chiedo scusa perché non siamo stati capaci, in un anno, di potenziare i trasporti utilizzando tutti i mezzi turistici, dolorosamente fermi da mesi, fornendo ad ogni scuola le vetture necessarie per realizzare percorsi/navetta che alleggerissero o risolvessero il dramma degli spostamenti studenteschi;

Io vi chiedo scusa perché abbiamo tenuto aperti i mercati ambulanti dove si ravana tra vestiti usati e mascherine messe sotto il naso a mo’ di sciarpa e abbiamo chiuso i cinema e i teatri dove le entrate contingentate, il distanziamento fisico, l’igienizzazione delle mani e la sanificazione degli ambienti era garantita e di protocollo;

Io vi chiedo scusa perché molti cinema e teatri NON riapriranno.

Io vi chiedo scusa perché avremmo potuto agire in sinergia con tutti coloro che hanno perso il lavoro nell’ambito del turismo, della ristorazione o di qualsiasi altro settore e avremmo potuto sfruttare il know how di tanti lavoratori ridando loro dignità e fornendo a voi cultura e competenze.

Io vi chiedo scusa perché vi stiamo insegnando che la cultura è la prima struttura di una nazione a poter essere sacrificata; perché vi stiamo proponendo una società fatta solo di consumi, commercio e di soldi: abbiamo chiuso le scuole ma abbiamo lasciato che i vostri pomeriggi fossero senza controllo tenendo aperti i centri commerciali e alcuni luoghi di ritrovo – tristemente noti per risse e assembramenti – permettendo una socialità fine a se stessa e a volte insana.

Io vi chiedo scusa perché abbiamo accettato il progressivo smantellamento della sanità pubblica chiudendo ospedali in nome del risparmio senza contare che il prezzo che stiamo pagando è, e sarà, di molto superiore al misero guadagno ricavato;

Io vi chiedo scusa perché non abbiamo lottato abbastanza per avere una pensione dignitosa ad un’età dignitosa, obbligando molti insegnanti anagraficamente grandi e psicologicamente stanchi di dover stare a scuola anche in questa situazione che li rende particolarmente fragili e a rischio.

Io vi chiedo scusa perché noi insegnanti NON siamo una sola voce, siamo divisi e persi ognuno dietro il proprio punto di vista; dalla sicurezza del nostro posto fisso pontifichiamo sulla necessità di restare a casa dimenticandoci che tantissime persone vanno al lavoro in condizioni molto peggiori delle nostre e non hanno scelta;

Io vi chiedo scusa perché la paura del contagio ha fatto cadere tutta la responsabilità su di voi; la vostra giovinezza, la vostra resistenza al virus che vi lascia per lo più illesi e asintomatici ma contagiosi (come tutti gli altri d’altronde), è stata vista come sufficiente per chiedervi uno sforzo smisurato e un sacrificio enorme del quale nessuno o pochissimi vi hanno ringraziato.

Io vi chiedo scusa perché abbiamo stanziato soldi per l’edilizia privata che verranno utilizzati da chi sarà in grado di orientarsi tra burocratese e cavilli alimentando (mi auguro di no, ma lo temo fortemente) gli speculatori edilizi e il lavoro nero; e non ho visto stanziato un euro per la next generation.

Io vi chiedo scusa perché vi stiamo rubando il presente ma soprattutto

Io vi chiedo scusa perché vi abbiamo ipotecato il futuro.

Io vi chiedo scusa perché non ho sentito nessun altro che lo abbia fatto!
_

Francesca D’Alessio, insegnante di Storia dell’arte dell’Istituto di Istruzione Superiore Statale Cine-tv Roberto Rossellini di Roma – gennaio 2021

_
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Les pido perdon.

Les pido perdon, estudiantes de escuelas secundaria.

Les pido perdon porque como profesor tendría que haber luchado por ustedes con valentía, sin sufrir pasivamente y esperar a que llovieran desde arriba indicaciones y protocolos evasivos y poco después retirados y modificados; les pido perdon porque no deberíamos haber permitido el cierre de las escuelas y este agotador ballet de anuncios de reaperturas y negaciones posteriores.

Les pido perdon porque hemos aceptado los bancos monoplaza, a ruedas, la distribución de máscaras quirúrgicas, el higienizante en clase, los protocolos de saneamiento, tomamos por buenas promesas, proclamaciones y siguientes anuncios apocalípticos pero NO nos movilizamos porque las clases se quedaban en 30 estudiantes, porque las cátedras estaban vacías y quienes tienen derecho a apoyo tuvieron que esperar meses, nos quedamos inmóviles e ignavos, y los encerramos en sus habitaciones.

Les pido perdon porque pensamos que la distribución de algunos dispositivos (a menudo inútiles porque no son lo suficientemente poderosos para apoyar las plataformas escolares), podría ocupar su tiempo escolar sin preguntarnos cuál era la situación de cada uno de ustedes, sin saber si la casa es un lugar acogedor, seguro y tranquilo; sin tener en cuenta que la fragilidad económica puede conducir a crisis familiares y a la fragilidad emocional a situaciones dramáticas.

Les pido perdon porque sé que muchos de ustedes han soportado lo insoportable.

Les pido perdon porque, en lugar de crear una movilización conjunta, cohesionada y transversal para que las escuelas sean realmente seguras, hemos preferido gritarles si los bancos de ruedas los han tomado como una forma de acercarse y no de distanciarse.

Les pido perdon porque deberíamos haber mantenido abierta la escuela todo el día porque la escuela es un lugar seguro y protegido, es un lugar de intercambio y participación donde se aprende a respetar las reglas y a aceptarlas;

Les pido perdon porque deberíamos haber mantenido abierta la escuela todo el día porque la escuela es un lugar seguro y protegido, es un lugar de intercambio y de intercambio donde se aprende a respetar las reglas y a aceptarlas;

Les pido perdon porque hemos cerrado los museos que podrían haber permanecido abiertos SÓLO para las escuelas de todos los niveles y con total seguridad, reduciendo la presencia de estudiantes en los locales escolares y diversificando los desplazamientos;

Les pido perdon porque no hemos sido capaces, en un año, de potenciar los transportes utilizando todos los autobuses turísticos, dolorosamente bloqueados desde hace meses, proporcionando a cada escuela los coches necesarios para realizar recorridos/lanzadera que aligeraran o resolvieran el drama de los desplazamientos estudiantiles;

Les pido perdon porque hemos mantenido abiertos los mercados ambulantes donde se rebusca entre ropa usada y máscaras puestas bajo las narices a modo de bufanda y hemos cerrado los cines y los teatros donde las entradas contingentadas, la distancia física, la higienización de las manos y la sanificación de los ambientes estaba garantizada y de protocolo;

Les pido perdon porque muchos cines y teatros no volverán a abrir.

Les pido perdon porque habríamos podido actuar en sinergia con todos aquellos que han perdido su trabajo en el ámbito del turismo, de la restauración o de cualquier otro sector y podríamos haber aprovechado los conocimientos técnicos de muchos trabajadores devolviéndoles su dignidad y proporcionándoles cultura y competencias.

Les pido perdon porque les estamos enseñando que la cultura es la primera estructura de una nación que puede ser sacrificada; porque les estamos proponiendo una sociedad hecha sólo de consumos, comercio y dinero: Cerramos las escuelas, pero dejamos que sus tardes fueran sin control, manteniendo abiertos los centros comerciales y algunos lugares de reunión – tristemente conocidos por peleas y reuniones – permitiendo una socialidad fina a sí misma y a veces insana.

Les pido perdon porque hemos aceptado el desmantelamiento progresivo de la salud pública cerrando hospitales en nombre del ahorro, sin contar que el precio que estamos pagando es, y será, muy superior a los míseros ingresos;

Les pido perdon porque no hemos luchado lo suficiente para tener una pensión digna a una edad digna, obligando a muchos maestros anagráficamente grandes y psicológicamente cansados de tener que estar en la escuela incluso en esta situación que los hace especialmente frágiles y en riesgo.

Les pido perdon porque los maestros NO somos una sola voz, estamos divididos y perdidos cada uno detrás de su punto de vista; por la seguridad de nuestro puesto fijo pontificamos sobre la necesidad de permanecer en casa olvidando que muchas personas van al trabajo en condiciones mucho peores que las nuestras y no tienen opción;

Les pido perdon porque el miedo al contagio ha hecho caer toda la responsabilidad sobre vosotros; vuestra juventud, vuestra resistencia al virus que os deja casi siempre ilesos e asintomáticos pero contagiosos (como todos los demás) ha sido vista como suficiente para pedir un esfuerzo desmesurado y un sacrificio enorme del que nadie o muy pocos le han dado las gracias.

Les pido perdon porque hemos asignado dinero para la construcción privada que serán utilizados por quienes serán capaces de orientarse entre burocrates y tecnicismos alimentando (espero que no, pero lo temo fuertemente) a los especuladores de la construcción y el trabajo clandestino; y no he visto un euro asignado a la next generation.

Les pido perdon porque les estamos robando el presente pero sobre todo

Les pido perdon porque le hemos hipotecado el futuro.

¡Les pido perdon porque no he oído a nadie más que lo haya hecho!

_
Francesca D’Alessio, profesora de Historia del Arte del Instituto de Educación Superior Estatal Cine-tv Roberto Rossellini de Roma – enero 2021

_

Traduzione: Centro Cultural Tina Modotti

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Francesca D’Alessio, profesora de Historia del Arte del Instituto de Educación Superior Estatal Cine-tv Roberto Rossellini de Roma – enero 2021

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Il silenzio che mi ha fatto scrivere questa poesi Il silenzio che mi ha fatto scrivere 
questa poesia è stato immenso 
e necessario. 
C’è voluto del tempo affinché 
le fitte strade dei miei pensieri 
potessero essere percorse 
senza più alcun pericolo.,
Il cuore - nel silenzio- ingigantisce 
le parole che sente, la pancia cresce senza far nascere niente e 
le mandibole si serrano. 
Le spalle provano ad allacciarsi 
ma le braccia sono immobili e da sole 
non ce la fanno. 
Ecco allora la necessità del silenzio
che piano piano diventa partitura del possibile. Ecco allora la necessità 
del silenzio con tutta la sua infinita possibilità di apertura. 
Non avere paura del silenzio. 
Esso ti insegna molte cose. Eccone alcune: ascoltare, sentire, amarsi, 
amare.

Ilaria Grasso

foto Michael Färber Photography - Watching The World
opera: Maurizio Bertinetti, Trinity, 1980 … http opera: Maurizio Bertinetti, Trinity, 1980 … https://cctm.website/maurizio-bertinetti-italia-2/
#mauriziobertinetti #artecontemporanea #cctmwebsite #linkinbio #anoipiaceleggere #leggere
Ci deve essere un’altra vita, pensò, appoggiand Ci deve essere un’altra vita, pensò, appoggiandosi allo schienale, esasperata. Non nei sogni; ma qui e ora, in questa stanza, con persone vive … https://cctm.website/virginia-woolf-gli-anni/
#virginiawoolf #vita #cctmfb #cctmwebsite #linkinbio #anoipiaceleggere #leggere
Non sappiamo. Non so. Non è dato sapere con parol Non sappiamo. Non so. Non è dato sapere
con parole. Solo il corpo sa.
Sapienza di respiro. Sapienza naturale
di particelle tenute insieme
dalla circolazione. Atomi piastrine
aminoacidi tessuti vitamine proteine
una distribuzione di funzioni
svolte perfettamente. Ogni parte
una precisa mansione. E tutte insieme
dalla vetta degli occhi
sotto l’immensa volta della notte
per meccanico alzarsi della faccia
tutte le particelle insieme sobbalzano
un istante – quasi rammentando una
sgomentante felicità.

Mariangela Gualtieri

foto  Platon Yurich

#mariangelagualtieri
La solitudine s’inventa le cose: fa spuntare uom La solitudine s’inventa le cose:
fa spuntare uomini invisibili,
mette battiti cardiaci,
costruisce i “noi” senza fondamenta;
può farti credere che un fiammifero spento
sia il fuoco,
può farti credere
che oggi sarà l’ultimo giorno
in cui ti sentirai sola.
Elisa Longo 

foto @morteza_yousefi_
Rilassati. Raccogliti. Allontana da te ogni altro Rilassati. Raccogliti. Allontana da te ogni altro pensiero. Lascia che il mondo che ti circonda sfumi nell'indistinto
Italo Calvino 

dipinto Ben Aronson

#italocalvino
Eppure lei, lei, la bambina, basta che per un solo Eppure lei, lei, la bambina, basta che per un solo istante sia trascurata, si sente perduta per sempre.

Pier Paolo Pasolini a Maria Callas
[La presenza]

*

tutto si trasferì su quel vento;
il bisogno di amore
si identificò nella dolcezza inesprimibile
e nell'impotenza che dava il piacere di quel vento
la cui provenienza era ignota, e cosi la sua meta;
parve che altro non ci fosse al mondo;
non avremmo mai voluto ammettere ch'era un pretesto
la sua grazia fresca d’un fresco sconosciuto ...
Pier Paolo Pasolini 

foto: Maria Callas (2 dicembre 1923-16 settembre 1977) sul set di ''Medea'' regia di Pier Paolo Pasolini, Cappadocia Turchia 1969
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La donna viene educata al delirio. La istruiscono La donna viene educata al delirio. La istruiscono fin da bambina al feticismo: deve amare le pentole, venerare gli oggetti della casa, tenerli puliti, accudirli. Il focolare diventa il simbolo della matriarcalità. Neppure il femminismo è riuscito a sradicare queste simbologie. Infine ci si sente impazzire tra i feticci. I panni addosso si fanno pesanti (...).
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Pioviggina un po' ma non abbastanza perché si pos Pioviggina un po'
ma non abbastanza perché si possa 
proprio chiamarla pioggia
e noi lentamente ci bagniamo
ma non abbastanza perché valga proprio 
la pena di parlarne
e un po' ci innamoriamo
ma non abbastanza perché si possa
proprio chiamarlo amore.

Henrik Nordbrandt 

illustrazione Daniel Del Orfano
Va bene non ci sono più visionari, la passione Va bene
non ci sono più visionari, 
la passione  non è più di  moda, 
e neanche l’aggettivo colorito, 
ed è ridicolo parlare delle sirene; 
il poeta è assente dalla poesia  e, nel frattempo, 
beve caffè al  sole con gli amici, 
scende da un  un taxi  al mare e la 
 metafora si assottiglia tra le onde…
 La poesia  non soffre senza 
di te; prendi un bicchiere e il  gin, 
immergi la tua innocenza, assapora 
il pomeriggio senza notizie, 
senza miti, senza passato, 
nell’amaca indolente del silenzio

Aurora Luque

illustrazione Julian Landini
🍂🍁 🍂🍁
Ti capita mai di sentirti un buco nel cuore affond Ti capita mai di sentirti
un buco nel cuore
affondarci le unghie per farlo placare
sentire il rumore di passi perduti
chiudere gli occhi andare lontano

dimmi, ti capita mai
di sorridere al vento che muove danzando
frammenti di vite sogni e ricordi 
che porta carezze che intreccia sospiri
al vento che parla parole non dette

al vento che infiamma che spegne che asciuga
mani tremanti di gocce salate
che sono le nostre, le nostre e di tutti.
Patrizia Fortunati 

Illustrazione Corinne Ko
L’umiltà non fa rumore. Camminavo con mio padre L’umiltà non fa rumore.
Camminavo con mio padre, quando all’improvviso si arrestò ad una curva e dopo un breve silenzio mi domandò: “Oltre al canto dei passeri, senti qualcos’altro?”.
Aguzzai le orecchie e dopo alcuni secondi gli risposi: “Il rumore di un carretto”.
“Giusto – mi disse –. È un carretto vuoto”.
Io gli domandai: “Come fai a sapere che si tratta di un carretto vuoto se non lo hai ancora visto?”.
Mi rispose: “E’ facile capire quando un carretto è vuoto, dal momento che quanto più è vuoto, tanto più fa rumore”.
Divenni adulto e anche oggi quando vedo una persona che parla troppo, interrompe la conversazione degli altri, è invadente, si vanta delle doti che pensa di avere, è prepotente e pensa di poter fare a meno degli altri, ho l’impressione di ascoltare la voce di mio padre che dice: “Quanto più il carretto è vuoto, tanto più fa rumore”.
Bruno Ferrero
[Elogio dell’umiltà]

foto Dorothea Lange
Il più difficile non è il primo bacio, ma l’ul Il più difficile non è il primo bacio, ma l’ultimo … https://cctm.website/paul-geraldy-francia/

Paul Géraldy
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