cctm collettivo culturale tuttomondo Evgenij Evtushenko (Russia)
di Evgenij Evtušenko (Zima, 1932 – Tulsa, 2017)
Abbi pazienza, osserva, ascolta.
Cerca, cerca. Percorri tutta la terra.
Sì, la verità è buona, ma la felicità è migliore,
eppure non c’è felicità senza verità.
Cammina per il mondo a testa alta,
con il cuore e gli occhi in avanti,
e sul viso
l’umida sferza delle nostre conifere
e sulle ciglia
lacrime e tempesta.
Ama gli uomini, e saprai capirli.
Ricordati.
Io ti seguo.
Quando sarà difficile, tornerai da me…
Va!” E io andai.
E sono in cammino.
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immagine dal web
Il 1 aprile 2017 è scomparso negli Usa, dove si era trasferito nel 1991, il poeta Evgenij Evtushenko, figura altamente esemplare, nel bene e nel male, del secondo Novecento russo, tra adesione all’esperienza sovietica, specie nei suoi possibili momenti di disgelo, protesta antitotalitaria e disillusione.
Autore versatile in più generi, contrario al diktat estetico del socialismo reale, ma noto soprattutto per la produzione poetica, tanto da essere candidato al Nobel nel 1963, Evtushenko ha visto crescere nel tempo i suoi detrattori per gli aspetti controversi della sua personalità istrionica, presenzialista, incline all’autopromozione.
In occasione della sua scomparsa ha scritto Serena Vitale (“Il Sole24ore”, 1 aprile 2017): «Il giudizio sull’opera di Evtušenko, che negli anni Sessanta e Settanta fu il poeta sovietico più famoso all’estero, quasi l’ambasciatore di un Paese che voleva dare di sé l’immagine più positiva e “ democratica”, non può oggi prescindere da alcuni difetti (superficialità, retorica, lunghezza) che spesso viziano un’opera vigorosa, capace talvolta di raccogliersi in momenti di sommessa intimità, caratterizzata da una scrittura fluida, fantasiosa, ricca di immagini, giochi di parole, suoni».
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Evtushenko esordì nel 1952 con una prima raccolta di poesie, Gli esploratori dell’avvenire, grazie alla quale, a soli 20 anni, divenne il membro più giovane dell’Unione Sovietica degli Scrittori.
Negli anni Sessanta fu una delle figure di riferimento degli intellettuali critici verso il sistema. Nel 1961 pubblicò il suo poema più famoso, Babi Yar, che denunciava il massacro degli ebrei di Kiev, stigmatizzando le distorsioni storiche e l’antisemitismo sovietici. E nel 1968 si schierò contro l’occupazione sovietica di Praga. Negli anni successivi verrà però accusato da altri intellettuali come Josef Brodsky di essere sempre rimasto nei limiti “accettabili” della protesta per il regime.