centro cultural tina modotti dario bellezza poesia
de Dario Bellezza (Italia 1944-1996)
Nella mia notte il pessimo tuo mattino
sul lastrico mentre io vado a dormire
e tu non hai casa. Sei solo nel temporale.
Sì, nel lastrico, i marciapiedi a camminare,
sonno mai dormito per te. Invano io
nel letto e le sudate coperte
e tu mendichi a me piangendo la tua giornata
per accontentare la mia primordiale ferocità.
Che ora costringo il mio cattivo giorno all’aria
fino al castello delle tue ossa che un amante
inglese scrocchia.
Non c’è lutto per te, letto, usate
brande o mutande…
de Dario Bellezza (Italia 1944-1996)
En mi noche tu pésima mañana
en el empedrado mientras yo voy a dormir
y tu no tienes casa. Estás solo en la tormenta.
Si, en el empedrado, las aceras para caminar,
sueño nunca dormido por ti. Vanamente yo
en la cama y las sudadas cobijas
y tu mendigas a mi llorando tu jornada
para satisfacer mi primordial ferocidad.
Que ahora obligo mi mal día al aire
hasta el castillo de tu huesos que un amante
ingles cruje.
No hay luto para ti, cama, gastados
catres o calzones…
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Traduzione: Centro Cultural Tina Modotti
foto Dario Belezza poesia
La vita di Bellezza è stata segnata da lutti insopportabili, ultimo il suicidio dell’amica poetessa Amelia Rosselli, con la quale condivise anche un appartamento a Roma, vicino a piazza Trilussa.
Malato di AIDS, nella sua piccola casa di Trastevere, ha subito l’isolamento, indigente, e ha ottenuto quel vitalizio chiamato Legge Bacchelli, soltanto dopo una lotta faticosa, e ne usufruì solo per pochi anni prima della morte.
Era povera Alda Merini, era povera la stessa Amelia Rosselli, e Bellezza conquistò la pensione dopo che una lettera arrivò a Lamberto Dini, firmata da tutti i nomi del mondo culturale italiano: Attilio Bertolucci e Norberto Bobbio, Gesualdo Bufalino e Vincenzo Consolo, Jacqueline Risset e Lalla Romano, Carlo Bo e Giorgio Bocca, Inge Feltrinelli e Carmine Donzelli, Maria Corti e Livio Garzanti, Pietro Citati e Mario Luzi, Annamaria Ortese e Fernanda Pivano, Antonio Tabucchi e Emilio Tadini e tanti altri.
A chi passava a casa sua diceva:
Sono sfiduciato ormai, sto malissimo, ora dovrei prendere l’antibiotico, ma non c’è nessuno a farmi una spremuta d’ arancia, e io non ce la faccio ad alzarmi dal letto…
Oh, la morte di Amelia, che cosa terribile, mi aveva chiamato qualche giorno prima del suicidio, ma stavo così giù che non ho capito quanto stesse male lei. Era la telefonata d’addio, ma io non l’ ho intuito…
Del resto, cosa vuole, tutto quello che può accadere è niente rispetto alla malattia, alla morte…
Devo pensare alla mia morte, i tempi sono stretti…
Sono solo, solissimo: del resto, ho seminato vento e raccolgo tempesta.
Non c’ è nessuno vicino a me. A pagamento, no, non voglio nessuno…
Un’ amica mi accudiva giorno e notte, ma – poverina – ha avuto un incidente d’ auto, è un mese che non la vedo… Mia madre? Ma mia madre ha quasi ottant’anni, ha perso mio padre in quel modo, proprio non ce la fa ad affrontare una cosa del genere, capisce?
Di notte, soprattutto di notte mi sento tanto solo.