collettivo culturale tuttomondo Tracy Chapman (USA)
Tracy Chapman, Baby Can I Hold You, 1988
Sorry
Is all that you can’t say
Years gone by and still
Words don’t come easily
Like sorry, like sorry
Forgive me
Is all that you can’t say
Years gone by and still
Words don’t come easily
Like forgive me, forgive me
But you can say baby
Baby, can I hold you tonight?
Maybe if I told you the right words
Ooh, at the right time you’d be mine
I love you
Is all that you can’t say
Years gone by and still
Words don’t come easily
Like I love you, I love you
But you can say baby
Baby, can I hold you tonight?
Maybe if I told you the right words
Ooh, at the right time you’d be mine
Baby, can I hold you tonight?
Maybe if I told you the right words
Ooh, at the right time you’d be mine
You’d be mine
You’d be mine
Tracy Chapman, Baby Can I Hold You, dall’ album Tracy Chapman, Elektra Records, 1988
Compositori: Tracy Chapman
Al grande concerto nello stadio di Wembley organizzato per i 70 anni di Nelson Mandela, allora ancora in prigione nel Sud Africa del “apartheid”, a un certo punto è salita sul palco una ragazza di 24 anni con solo la sua chitarra, quasi sconosciuta a chi in mondo visione assisteva a un evento musicale che sarebbe rimasto storico. Eppure con pochi accordi delle sue canzoni, puro folk in mezzo a tanto rock e pop, Tracy Chapman ha conquistato il mondo. Erano canzoni “di protesta” che avevano come soggetto gli umili, come Talkin’ Bout a Revolution (la canzone di Wembley), Fast Car o Across The Lines ma c’era anche questa canzone d’amore, una delle più belle di sempre, che è rimasta nella memoria collettiva, e che molti ricordano semplicemente come “Sorry”.
Sono solo tre frasi, non sembrano contenere grandi significati, eppure in queste tre semplici strofe l’artista americana trasmette una riflessione profonda sulla relazione tra due persone (quindi sul passaggio più importante nella vita per tutti noi). Potremmo interpretare i versi solo come un dialogo tra lei e la persona amata, che ha qualcosa di cui dispiacersi e farsi perdonare, ma non riesce a dirlo. Ma la terza strofa stona un poco. Quindi il significato forse è un altro, e Tracy sta rivolgendo le domande a sé stessa, si chiede perché non sa dire “mi dispiace” o “perdonami” e soprattutto “io ti amo” e come sarebbe stato più facile se solo avesse potuto dire “posso stringerti forte?”. Un rimpianto per quello che poteva essere ed anche una riflessione sulle parole più semplici eppure più importanti che possiamo dire nella nostra vita, nei momenti cruciali nei quali avremmo dovuto dire mi dispiace” o “perdonami” o “io ti amo” e che magari potrebbero essere stati risolti con qualcosa di ancora più semplice: un abbraccio.
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