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Roberto Bolano La Francese

04/09/2018 By carlaita

cctm collettivo culturale tuttomondo Roberto Bolano La Francese
Una donna intelligente.
Una donna bella.
Conosceva tutte le varianti, tutte le possibilità.
Lettrice degli aforismi di Duchamp e dei racconti di Defoe.
In genere con un autocontrollo invidiabile,
tranne quando era depressa e si ubriacava,
cosa che poteva durare due o tre giorni,
una sequela di bordeaux e di valium da far accapponare la pelle.
Allora di solito ti raccontava le storie che aveva vissuto
tra i quindici e i diciotto anni.
Un film di sesso e di terrore,
corpi nudi e affari ai limiti della legalità,
un’attrice per vocazione e, nello stesso tempo, una ragazza con strani tratti di avarizia.

La conobbi quando aveva appena compiuto venticinque anni,
in un’epoca tranquilla.
Immagino che avesse paura della vecchiaia e della morte.
La vecchiaia per lei erano i trent’anni.
La Guerra dei Trent’Anni,
I trenta anni di Cristo quando cominciò a predicare,
un’età come un’altra,
le dicevo mentre cenavamo a lume di candela,
contemplando la corrente del fiume più letterario del pianeta.
Ma per noi l’incanto era da tutt’altra parte,
negli angoli posseduti dalla lentezza,
nei gesti divinamente lenti del disordine nervoso,
Nei letti al buio,
nella moltiplicazione geometrica delle vetrinette vuote
E nell’ abisso della realtà,
nostro assoluto,
nostro Voltaire,
nostra filosofia da camera e da toilette.
Una ragazza intelligente, dicevo,
Con quella rara virtù previdente
(rara per noi latinoamericani)
che è così comune nella sua patria,
dove perfino gli assassini hanno il libretto di risparmio
E lei non era da meno,
un libretto di risparmio e una foto di Tristán Cabral,
la nostalgia del non vissuto,
mentre quel prestigioso fiume trascinava un sole moribondo e sulle sue guance cadevano lacrime apparentemente gratuite.
Non voglio morire,
sussurrava mentre veniva nella tagliente oscurità della camera da letto,
e io non sapevo cosa dire, non sapevo veramente che dire,
salvo accarezzarla e sostenerla mentre si muoveva su e giù come la vita,
su e giù come le poetesse di Francia innocenti e pudiche,
fino a quando ritornava sul pianeta Terra
e dalle sue labbra spuntavano paesaggi della sua adolescenza
che subito riempivano la stanza
con copie di se stessa che piangevano sulle scale mobili della metropolitana,
con copie di se stessa che facevano l’amore con due tizi per volta mentre fuori cadeva la pioggia sopra i sacchetti della spazzatura e sulle pistole abbandonate dentro i sacchetti della spazzatura,
la pioggia che tutto lava tranne la memoria e la ragione.
Vestiti, giubbotti di cuoio, stivali italiani, biancheria intima che mi faceva impazzire,
che la faceva impazzire,
apparivano e sparivano nella nostra camera sfavillante e frenetica,
e tracce veloci di altre avventure meno intime
brillavano nei suoi occhi feriti come lucciole.
Un amore che non sarebbe durato a lungo
ma che alla fine sarebbe diventato indimenticabile.
Questo disse,
seduta vicino alla finestra,
il volto sospeso nel tempo, e le sue labbra:
le labbra di una statua.
Un amore indimenticabile sotto la pioggia,
sotto quel cielo fitto di antenne
dove convivevano le ampie soffittature del XVII secolo
e le cacche di piccione del XX secolo.
E in mezzo tutta l’inestinguibile capacità
di provocare dolore,
intatta attraverso gli anni,
intatta attraverso gli amori Indimenticabili.
Sì, disse proprio così.
Un amore indimenticabile e breve.
Come un uragano?
No, un amore breve come il sospiro di una testa ghigliottinata,
la testa di un re o di un conte bretone,
breve come la bellezza,
la bellezza assoluta,
quella che contiene tutta la grandezza e la miseria del mondo,
visibile solo a coloro che amano.
_

Una mujer inteligente. Una mujer hermosa.
Conocía todas las variantes, todas las posibilidades.
Lectora de los aforismos de Duchamp y de los relatos de Defoe.
En general con un auto control envidiable,
salvo cuando se deprimía y se emborrachaba,
algo que podía durar dos o tres días,
una sucesión de burdeos y valiums que te ponía la carne de gallina.
Entonces solía contarte las historias que le sucedieron
entre los 15 y los 18.
Una película de sexo y de terror,
cuerpos desnudos y negocios en los límites de la ley,
una actriz vocacional y al mismo tiempo una chica con extraños rasgos de avaricia.

La conocí cuando acababa de cumplir los 25, en una época tranquila.
Supongo que tenía miedo de la vejez y de la muerte.
La vejez para ella eran los treinta años,
La Guerra de los Treinta Años,
Los treinta años de Cristo cuando empezó a predicar,
una edad como cualquier otra,
le decía mientras cenábamos
a la luz de las velas
contemplando el discurrir del río más literario del planeta.
Pero para nosotros el prestigio estaba en otra parte,
en las bandas poseídas por la lentitud, en los gestos
exquisitamente lentos
del desarreglo nervioso,
en las camas oscuras, en la multiplicación geométrica de las vitrinas vacías
y en el hoyo de la realidad, nuestro absoluto,
nuestro Voltaire,
nuestra filosofía de dormitorio y tocador.
Como decía, una muchacha inteligente,
con esa rara virtud previsora
(Rara para nosotros, latinoamericanos)
que es tan común en su patria,
en donde hasta los asesinos tienen una cartilla de ahorros
y ella no iba a ser menos,
una cartilla de ahorros y una foto de Tristán Cabral,
la nostalgia de lo no vivido.
Mientras aquel prestigioso río arrastraba un sol moribundo
y sobre sus mejillas rodaban lágrimas
aparentemente gratuitas.
No me quiero morir,
susurraba mientras se corría en la perspicaz oscuridad del dormitorio,
y yo no sabía qué decir, en verdad no sabía qué decir,
salvo acariciada
y sostenerla
mientras se movía arriba y abajo como la vida,
arriba y abajo como las poetas de Francia inocentes
y castigadas,
hasta que volvía al planeta Tierra
Y de sus labios brotaban
pasajes de su adolescencia que de improviso llenaban nuestra habitación
con duplicados que lloraban en las escaleras automáticas del metro,
con duplicados que hacían el amor con dos tipos a la vez mientras afuera caía la lluvia sobre las bolsas de basura y sobre las pistolas abandonadas en las bolsas de basura, la lluvia que todo lo lava menos la memoria y la razón.
Vestidos, chaquetas de cuero, botas italianas, lencería para volverse loco,
para volverla loca,
aparecían y desaparecían en nuestra habitación fosforescente y pulsátil,
y trazos rápidos de otras aventuras
menos íntimas
fulguraban en sus ojos heridos como luciérnagas.
Un amor que no iba a durar mucho
pero que a la postre resultaría inolvidable.
Eso dijo,
sentada junto a la ventana,
su rostro suspendido en el tiempo, sus labios:
los labios de una estatua.
Un amor inolvidable bajo la lluvia,
bajo ese cielo erizado de antenas en donde
convivían los artesonados del Siglo XVII
con las cagadas de palomas del Siglo XX.
Y en medio toda la inextinguible capacidad de provocar dolor,
invicta a través de los años,
invicta a través de los amores inolvidables.
Eso dijo, sí.
Un amor inolvidable
Y breve
¿Como un huracán?
No, un amor breve como el suspiro de una cabeza guillotinada,
la cabeza de un rey o un conde bretón,
breve como la belleza,
la belleza absoluta,
la que contiene toda la grandeza y la miseria del mundo
y que sólo es visible para quienes aman.

_
Roberto Bolaño, La Francese, La Francesa, tratta da Los perros romanticos, 1998

_
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_

traduzione dal web

opera: Otto Gutfreund 

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