collettivo culturale tuttomondo Patrizia Cavalli Sono malata
Sono malata sono malnata
e poi tanto dico sempre
le stesse cose.
Patrizia Cavalli
frammento di Riderò sparlerò, da Le mie poesie non cambieranno il mondo, Einaudi, 1974
_
foto Yung Cheng Lin – fair use
Esordisce con questo titolo nel 1974 Patrizia Cavalli (1947 -2022), la ‘poeta’, come amava definirsi lei.
Il nome della sua prima raccolta sembra esprimere un comune sentire di quegli anni, quando altri autori come Montale, Attilio Bertolucci e Pasolini sono consapevoli che la società di massa con i giornali, la tv e il continuo mescolare le regole dell’arte con quelle della comunicazione mette in crisi la cultura umanistica e soprattutto la poesia: in una società in cui la comunicazione avviene in modo istantaneo e superficiale, rapido e facile e, perché no, anche divertente, è illusorio continuare a credere che la lingua speciale della poesia sia più potente e popolare di film e canzoni, più interessante delle arti di massa e della lotta politica.
A chi chiede se abbia ancora senso scrivere versi, Patrizia Cavalli reagisce con rinnovata fiducia nella forza del ritmo; continua a credere che la poesia non possa finire, perché c’è sempre stata e non smette di essere un’esigenza umana fondamentale e fuori dal tempo, e sceglie la strada dell’immediatezza e di un linguaggio semplice, diretto, addirittura parlato:
‘Qualcuno mi ha detto / che certo le mie poesie / non cambieranno il mondo. / Io rispondo che certo sì / le mie poesie / non cambieranno il mondo’.
A chi dunque le contestasse la validità dei suoi versi, è come se rispondesse: “E allora?”, in modo semplice e diretto, uno stile che l’ha fatta apprezzare dal pubblico, ma la cui ‘facilità’ è solo apparente e frutto di maestria.
La poesia non può certo risolvere i problemi degli uomini, ma può essere, almeno per chi la pratica e per i fruitori, una promessa di felicità. (by Claudia Cominoli)
collettivo culturale tuttomondo Patrizia Cavalli Sono malata