collettivo culturale tuttomondo Lucetta Frisa
Ti prego poesia
fratturami il quotidiano in polvere.
Por favor poesía
fractura mi diario en polvo.
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Lucetta Frisa
frammento da Gioia Piccola, edizioni All’antico mercato Saraceno, 1999
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traduzione: Carla
Photo by Jason Dent on Unsplash
Lucetta Frisa (Genova, 1949) è poeta, scrittrice, traduttrice, lettrice a voce alta.
Tra i suoi libri di poesia: La follia dei morti (Campanotto, 1993), Se fossimo immortali (Joker 2006), Ritorno alla spiaggia (La Vita Felice, 2009), L’emozione dell’aria (CFR, 2012), Sonetti dolenti e balordi (CFR, 2013).
Ha tradotto, tra gli altri, Henri Michaux, Bernard Noël, Alain Borne.
Suoi testi in riviste (Poesia, Nuova Corrente, Nuova Prosa, La Clessidra, La mosca di Milano, L’immaginazione ecc.) e antologie (Il pensiero dominante, Genova in versi, Trent’anni di Novecento, Altramarea, Poems from Liguria).
Collabora a riviste cartacee e siti web. Sue poesie sono tradotte in inglese, francese, spagnolo e tedesco. Suoi racconti per ragazzi sono apparsi sul quotidiano Avvenire. In prosa pubblica Sulle tracce dei cardellini (Joker, 2009) e La Torre della luna nera (Puntoacapo, 2012). In coppia con Marco Ercolani scrive l’epistolario fantastico Nodi del cuore (Greco & Greco, 2000), Anime strane, (ibidem, 2006) Sento le voci (La Vita Felice, 2009; tradotti anche in francese da S.Durbec per Etats civils, 2011), e il Muro dove volano gli uccelli (Edizioni l’Arcolaio, 2013).
Finalista in diversi premi letterari, ha vinto il Lerici-Pea (2005) per l’Inedito e l’Astrolabio 2011 della critica per la sua opera complessiva.
Lucetta Frisa, Gioia piccola edizioni All’antico mercato saraceno, Treviso 1999
Il dono di un libretto come questo è un dono di poesia. Il poemetto dedicato alla madre porta Lucetta Frisa dentro un “cercare”, ancora più energico che in passato, negli strati profondi del nido, dove le parole scritte e le parole dette stringono un patto vigoroso. Il segno è quello del ricordo rimpicciolito e trasformato in ripostiglio ombroso. Non credo che lì dentro, poi, vi restino confinate aspettative dickinsoniane, o attese di valore, conferme. Come già in Notte alta, la figlia esplora l’universo delle radici terrene, ben conosciuto e travasato nel presente talvolta contrario; la figlia guarda ancora una volta il corpo materno, e così facendo lo rende percorribile da mani ormai tremanti e “piccole”.
Una misura, senza alcun dubbio, da consegnare all’avvenire, alle cose del corpo e alle cose che stanno intorno. Viene dunque fuori da queste pagine anche una memoria del futuro, non un semplice presagio, ma quello che sicuramente sarà.
Così i gesti sono gesti che qualcuno vedrà, e per questo ci sono momenti di lettura che hanno poca aria, ma per eccesso di visione. Le labbra si stringono quando incontriamo accenni a situazioni della contingenza quotidiana, quando di schianto si capisce che la misura “piccola” è la realtà di un letto sbarrato, di pareti che non esistono e che i pochi metri quadrati di quel letto sono il confine di tutta una casa.
Ma sono ricchi i voli che Lucetta Frisa tende su questo precipizio, arretrando alle fiabe d’occidente e d’oriente, usandole come unguento alleviante. E, come in una fanciullezza rivisitata, sfiora le cose dei dintorni, anche le pietre, anche la pelle liscia dei corpi, ne annusa la dolcezza. Fa presto a passare dalla stanza stretta alla stanza infinita, ecco tutto: la voce, ora allarmata ora musicale, diventa una voce di mille sfumature, capace di salmodiare nella poesia e nella vita, direttamente sul video del computer e nell’aria mal arredata che sta intorno al letto sbarrato, alla culla. (by Elio Grasso)