cctm collettivo culturale tuttomondo Giorgio Gaber Cattiva coscienza
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Ringraziamo la nostra cattiva coscienza che ci fa vivere il falso proprio come fosse vero.
L’assenza totale di responsabilità cui stiamo assistendo sposta fa vita in una dimensione più leggera. Non essendo più responsabili di niente siamo in pace con noi stessi. I nostri comportamenti sono sempre confortati da qualche inconfutabile giustificazione.
Giorgio Gaber
da Aforismi, Re Nudo – n. 1, p. 11, 1996
Re Nudo è stata una delle principali riviste italiane dedicate alla controcultura e alla controinformazione, di natura libertaria, fondata a Milano nel novembre 1970 da un gruppo di intellettuali e di artisti, tra i quali Andrea Valcarenghi.
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foto: Giorgio Gaber
Giorgio Gaber, pseudonimo di Giorgio Gaberščik (Milano, 25 gennaio 1939 – Montemagno di Camaiore, 1º gennaio 2003), è stato un cantautore, commediografo, attore, cabarettista, chitarrista e regista teatrale italiano, tra i più importanti dello spettacolo e della musica italiana del secondo dopoguerra.
Soprannominato Il Signor G dai suoi estimatori, è stato anche un chitarrista di valore, utilizzando per lo più strumenti costruiti da Carlo Raspagni; è stato tra i primi interpreti del rock and roll italiano alla fine degli anni cinquanta, nonché autore e attore teatrale, divenendo un precursore del genere del teatro canzone. È uno tra gli artisti con il maggior numero di riconoscimenti da parte del Club Tenco, con due Targhe e un Premio Tenco … continua a leggere su Wikipedia
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Al lettore di oggi potrà sembrare normale che un intellettuale raffinato come Giorgio Gaber potesse intrattenere relazioni di scambio, dibattito, amicizia con un esponente della controcultura italiana degli Anni 70 come Andrea Valcarenghi .
Basta riascoltare la densità di contenuti delle sue melodie che custodiamo nei più preziosi scaffali della nostra memoria. Dunque è perfino ovvio figurarci un Gaber proteso all’incontro con pensatori di minoranza, lontanissimo dallo star-system. Disinteressato alla televisione, sempre in ricerca… E invece normale non lo era affatto. Perché all’inizio degli Anni 70 Giorgio Gaber – più ancora di Dario Fo – era uno dei personaggi più famosi e amati d’Italia, cantante popolarissimo, ricco, invidiato, fotografato, omaggiato. Dappertutto te lo saresti potuto immaginare tranne che nelle sedi polverose del movimento femminista o al fianco di pensatori alternativi dall’aspetto – per limitarci a un eufemismo – decisamente trasandato.
Gaber salutava il “dorato mondo dello spettacolo” ma, a differenza di altri, sfuggiva pure i salotti prestigiosi dell’intellighenzia di sinistra.
Poteva ben considerarsi un uomo appagato, ma nello stesso tempo era anche un uomo tormentato. Sapeva di avere già ricevuto moltissimo dalla vita, ma se pensava a forme di restituzione certo non le avrebbe mai interpretate come militanza o come beneficenza.
Così i dialoghi fra Valcarenghi e Gaber testimoniano un passaggio cruciale: l’avvio di una ricerca intorno e dentro di sé da parte di un uomo così saggio da riconoscere i benefici, ma anche la futilità del proprio successo. L’incontro con Valcarenghi, ma anche con altri pensatori appartati e originali – favorito da un discografico dal nome illustre e dalle aspirazioni simili come Nanni Ricordi – avrebbe dato esiti imprevedibili.
Chi lo avrebbe mai detto che nell’appartatezza Giorgio Gaber sarebbe riuscito a conservare un rapporto solidissimo con il suo grande pubblico. Trascinandolo a faticare intorno ai contenuti dei suoi spettacoli, non a caso da quel momento in avanti concepiti per il teatro. Di modo che anche ascoltando il disco, la singola canzone, tu dovessi sempre viverla come parte di un percorso articolato. Ben presto si modificò il rapporto del cantante con il suo pubblico, sempre più coinvolto e partecipe. Nel giro di pochi anni l’icona della canzonetta popolare poteva concludere il Festival di Re Nudo del Parco Lambro rivolgendosi – come dice giustamente Gaber – non alla massa enorme dei centomila lì accampati, ma individualmente a ciascuna persona componente della massa. (by Gad Lerner)
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