collettivo culturale tuttomondo Erica Jong (Usa)
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Nessuno stato è così simile alla pazzia da un lato, e al divino dall’altro quanto l’essere incinta. La madre è raddoppiata, poi divisa a metà e mai più sarà intera.
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Erica Jong
frammento da Fanny, Bompiani, 1980
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opera: Gustav Klimt, Le tre età della donna (particolare), 1905
Erica Jong, Fanny, Bompiani, 1980
Diciottesimo secolo. Una donna sta scrivendo. È nella sua sfarzosa camera da letto. La sua identità è un mistero, così come la sua vita. La fama può diffonderne la grazia e magnificarne i lineamenti, eppure è penoso farne un ritratto che non ne esalti al contempo il carattere. Del resto, le voci al riguardo sono sempre state dubbie e le espressioni dei suoi peccati effimere. Aver sentito parlare, anche molto, di Fanny – quest’ultimo il nome per gli amici, Frances sui documenti più ufficiali e Fannikins per gli amanti più appassionati – non va a genio a chi potrebbe saggiare dalla sua viva e vivace voce la veridica storia delle avventure favoleggiate. Ed ecco che lo scrittoio si libera. Fanny depone la penna d’oca, si alza e si mostra in tutta la sua radiosa bellezza. Chloe, la sua cagnetta, l’ha distratta. L’occasione fa presto a presentarsi per chi desiderando sbirciare le sue memorie si trovi lì vicino nel parco di Merriman, nel quale «il verde è quel verde che non esiste se non in Inghilterra»…
La ricerca della fortuna, il coraggio e il peccato senza pentimento di una donna nell’Inghilterra del diciottesimo secolo. Erica Jong racconta le avventure di Fanny Hackabout-Jones: e non ne nasconde gli aspetti licenziosi e scandalosi per l’epoca.
In primo luogo la sua vita a Lymeworth e l’esperienza della seduzione; l’iniziazione affascinante alla stregoneria e i suoi viaggi con i Banditi Gaudenti, l’oltraggioso e pure complice soggiorno in un bordello; nessun patetismo, neppure quando le situazioni crude in cui si imbatte sarebbero capaci di far impallidire individui più maturi e di ben più forte tempra. E ancora, trascorsa poca della sua giovane vita e disvelatosi il suo destino, la piena affermazione di sé e il gioco dei ruoli, che le suggerisce l’idea di un mondo a misura di donna.
Il personaggio richiama innegabilmente le vicende di Fanny Hill che erano state narrate nel Settecento da John Cleland in Fanny Hill – Memorie di una donna di piacere, un capolavoro della narrativa erotica, ma la prospettiva della Jong è totalmente altra da quella seguita dallo scrittore e appare incalzata dall’appassionante visione di un forte ruolo della donna: brillante, colta e smaliziata.
Una parabola di avventure variegate, in altri termini, che si svolge con un’attenzione peculiare all’erotismo dell’audace protagonista e che talora riesce ad imbarazzare. Peraltro, l’intento di questa eroina è nobile perché le memorie trascritte costituiscono un testamento spirituale per la sua unica figlia, Belinda.
Proprio con le iniziali parole di Fanny, rivolte all’amata figlia, in chiusura mettiamo in guardia i futuri lettori di questa storia e li invitiamo a riflettere sull’ingegno di Fanny e a perdonarla se il Vizio nei suoi racconti non dovesse soccombere o essere punito: «Ogni cura possibile è stata adottata al fine di non arrecare deliberata offesa al Pudore e alla Castità; tuttavia l’Autrice attesta che la Verità è Dea ben più severa della Pudicizia, e là dove si è resa necessaria una scelta fra quella e codesta, è sempre stata la Verità a, giustamente, trionfare». (by Mangialibri)
frammento da Fanny, Bompiani