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Eduardo De Filippo da Napoli milionaria

21/08/2023 By carlaita

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S’ha da aspettà, Ama’. Ha da passà ‘a nuttata.

Eduardo De Filippo

frammento da Napoli milionaria, 1945

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Eduardo De Filippo (Napoli, 1900 – Roma, 1984) è stato un drammaturgo, attore, regista, sceneggiatore e poeta italiano. È considerato uno dei più importanti drammaturghi italiani del XX secolo.

Era figlio naturale di Eduardo Scarpetta, uno dei più importanti drammaturghi napoletani dell’epoca, e di Luisa De Filippo, una sarta teatrale. I suoi fratelli erano Titina e Peppino De Filippo, anch’essi attori e drammaturghi.

Eduardo De Filippo iniziò la sua carriera teatrale nel 1917, quando debuttò a soli 17 anni in una commedia di suo padre. In seguito, fondò con i suoi fratelli la compagnia teatrale “Teatro Umoristico I De Filippo”, che riscosse un grande successo in tutta Italia.

Eduardo De Filippo scrisse oltre 40 commedie, tra cui “Napoli milionaria!” (1945), “Filumena Marturano” (1946), “Il sindaco del rione Sanità” (1960) e “Le voci di dentro” (1961). Le sue opere sono state tradotte in molte lingue e sono state rappresentate in tutto il mondo.

Eduardo De Filippo fu anche un attore e regista teatrale di grande talento. Diresse molti dei suoi spettacoli e interpretò molti dei suoi personaggi più famosi, come Ferdinando Quagliolo in “Napoli milionaria!” e Filumena Marturano nell’omonima commedia.

Le sue opere sono ancora oggi studiate e rappresentate in tutto il mondo.

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cctm.website

Napoli milionaria, 1945

ATTO I
Siamo nel 1942, al termine del secondo anno di guerra, a Napoli, nel basso affacciato come tanti altri su un vicolo, in cui vive la famiglia del tranviere disoccupato Gennaro Jovine. La famiglia sopravvive con i traffici illeciti organizzati dalla moglie Amalia insieme ai figli maggiori, Amedeo e Maria Rosaria. C’è anche una terza figlia, ancora piccola, Rituccia. La casa è sempre piena di gente che viene per comprare a caro prezzo i generi alimentari procurati con il mercato nero e a bere un caffè, come al bar. Donna Amalia al proposito all’inizio della commedia litiga con una vicina con modi da “vasciaiola”: entrambe offrono tazze di caffè di contrabbando, ma Amalia chiede 3 lire, l’altra due lire e mezzo. Il commento di Gennaro: Il Caffè Italia fa concorrenza al Gambrinus!. Gennaro non condivide questa scelta di vita e ricorda sempre a moglie e figli che il rischio è la galera, ma deve sottostare alla volontà dei parenti e fare anche la parte del morto quando arriva la polizia per i controlli e la merce di contrabbando viene nascosta sotto il materasso su cui lui si distende “cadavere”. Nella prima rappresentazione del testo a Roma, alla fine del primo atto Eduardo si affaccia in proscenio per parlare al pubblico: “L’atto che avete ascoltato è ancora legato al nostro vecchio teatro: quelli che seguiranno rappresentano i nuovi propositi d’arte”.

ATTO II
Con lo sbarco alleato tutto cambia.
Il basso non è più lurido e disordinato, ma rimesso a nuovo. Gennaro è scomparso dopo un bombardamento e non si sa nulla di lui. Amalia si fa corteggiare da Errico Settebellizze, un trafficante di merce di contrabbando che si è messo in società con lei. Gli affari prosperano. Amedeo “lavora” con Peppe ‘o Cricco, ladro di automobili. Maria Rosaria si prostituisce e ora è incinta di un militare americano. Mentre sono in atto i preparativi per il festeggiamento del compleanno di Settebellizze, arriva Gennaro, reduce dalla prigonia. Abbracci, lacrime e racconti delle vicissitudini passate fanno già comprendere come Gennaro sia cambiato con questa esperienza: “sulamente mo me sent’ommo overamente”. Intanto si apparecchia per la sontuosa cena di compleanno. Amalia indossa un abito lussuoso e arrivano gli ospiti. Gennaro sente particolarmente la distanza tra questa realtà e quella vissuta in prigionia. Vorrebbe raccontare la sua esperienza tragica, ma nessuno l’ascolta, nessuno vuol sentir parlare di guerra. In particolare, molte volte inizia un racconto: “Mmiez ‘a na campagna, annascuosto dint ‘a nu fuosso, perchè fuori chiuvevano granate e cannunate…”, ma viene sempre interrotto dal suo interlocutore di turno; sono tante le tragedie vissute da tutti e tanta è la voglia di dimenticarle che nessuno ha piacere ad ascoltare storie di guai, di morti e di sofferenze.
Intanto si sa che la figlia più piccola, Rituccia, ha la febbre.

ATTO III
Rituccia si è aggravata. Il medico dice che l’unico modo per salvarla sarebbe reperire una particolare medicina. Ad averne un po’ è un pover’uomo che Amalia ha trattato con disprezzo, speculando sulla sua miseria quando era venuto ad elemosinare cibo per la famiglia. Ma l’uomo dimostra generosità e solidarietà e cede la medicina per la bimba. Intanto Gennaro scopre tutte le miserie e i guai della sua famiglia, ma comprende. La guerra lo ha aiutato a capire che esiste un legame inestricabile tra bene e male. Instrada verso una soluzione onesta la moglie e i figli e la commedia termina con la casa ritornata silenziosa in cui si vive l’ansia per la sorte della figlia più piccola. Se supererà la notte sarà salva. “Ha da passà ‘a nuttata”, bisogna saper attendere per scoprire se la cose torneranno normali.

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