cctm collettivo culturale tuttomondo Natalia Ginzburg Vita Immaginaria
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Da bambini e da giovani, essere soli e in ozio significava per noi costruire immediatamente luoghi immaginari, e vicende e storie, di cui eravamo i protagonisti.
Credo che ognuno di noi, da bambino, abbia chiamato questo fantasticare con un termine suo. Io lo chiamavo «parlare di notte». In verità non fantasticavo solo di notte ma anche di giorno. Penso però che la parola «notte» volesse per me indicare, del fantasticare, le qualità nascoste e notturne.
Da bambina, ospitavo nella fantasia intere popolazioni, brulicanti nelle mie ore di solitudine come un esercito di formiche. Li chiamavo «i noi» perché usavano denominarsi così. Mi facevano arrabbiare, piangere, bisbigliare, discutere, ma soprattutto mi facevano ridere, assordandomi con i loro strilli. Per ragioni che non sapevo spiegarmi, la loro esistenza non doveva essere rivelata a nessuno.
Qualche volta, camminando per strada con mia madre, mi mettevo a fantasticare, come se fossi stata nella mia stanza da sola. I «noi» mi assordavano con le loro strillanti richieste, io gli rispondevo con segni, smorfie, bisbigli. Mia madre mi chiedeva perché facevo tutte quelle smorfie da scimmia. Sentivo allora una gran vergogna. Non c’era niente che mi piacesse come «parlare di notte», ma per strada, e in presenza di mia madre, avere i «noi» mi sembrava a un tratto una cosa che mi disonorava e umiliava.
Pensavo di essere la sola persona al mondo ad avere un segreto così strano, così ridicolo, così umiliante. Pensavo che probabilmente ero pazza.
Natalia Ginzburg
da Vita immaginaria, Mondadori, 1974
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immagine dal web
Il meno conosciuto fra i libri di Natalia Ginzburg – la sua terza raccolta di scritti non narrativi, apparsa nel 1974 e mai piú ristampata finora – è anche il piú multiforme di tutti, e il piú pervicacemente battagliero.
A dargli il titolo è un memorabile esercizio di autobiografia, collocato in chiusura; ma quel titolo cosí assorto e sfumante, Vita immaginaria, è anche un titolo da interpretare a rovescio: perché, di fatto, in ciascuno dei trenta testi qui radunati Natalia Ginzburg interviene, con la esitante perentorietà che rende unica la sua voce, sulla vita reale dell’oggi, di un oggi che porta date di mezzo secolo fa ma sul quale ascolteremo cose che valgono per il nostro qui-e-ora, cosí diversamente complesso ma cosí simile nelle opzioni estetiche, nelle scelte morali, nei tragici dilemmi politici che impone a ciascuno di noi.
Vita immaginaria è stato ripubblicato da Einaudi, nella nuova edizione a cura di Domenico Scarpa, nel 2021.
Natalia Ginzburg, nata Levi (Palermo, 1916 – Roma, 1991), è stata una scrittrice, drammaturga, traduttrice e politica italiana, figura di primo piano della letteratura italiana del Novecento.
La sua vita è stata segnata da eventi storici difficili e pesantissime tragedie personali. Cresce a Torino in un ambiente intellettuale e antifascista, presto duramente colpito dal regime: il marito, il letterato Leone Ginzburg, morirà in carcere nel 1944, dopo essere stato mandato al confino in Abruzzo, con Natalia e i tre figli. L’intreccio di relazioni personali e culturali saranno soggetto del suo capolavoro autobiografico, Lessico famigliare (1963).
Il suo linguaggio è semplice, come i titoli dei suoi romanzi. I personaggi sono messi a vivo nei gesti e nelle semplici parole, attraverso lo sguardo di una donna.
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