cctm collettivo culturale tuttomondo Jean-Michel Basquiat (USA)
Jean-Michel Basquiat (New York, 1960 – New York, 1988) è stato un writer e pittore statunitense.
È stato uno dei più importanti esponenti del neoespressionismo e del graffitismo americano, riuscendo a portare, insieme a Keith Haring, questo movimento dalle strade metropolitane alle gallerie d’arte … continua a leggere su Wikipedia
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opera: Jean-Michel Basquiat, Ernok, 1983
Quando si muore a ventisette anni, uccisi da nient’altro che dalla propria vita, si passa automaticamente a godere della benedizione maledetta della leggenda. Così è stato per Jimi Hendrix, Jim Morrison, Janis Joplin. E, poco più oltre e poco più lontano, per Jean-Michel Basquiat.
Non è facile apprezzare a fondo il lavoro artistico di Basquiat, se non ce lo si trova di fronte.
Perché la sua è un’arte di impatto, d’istinto, di palpiti vivi, eppure allo stesso tempo meditata e decantata da una strana saggezza ribelle, imparata sulle strade e nel mondo. Va visto, Basquiat, e nel momento in cui lo si vede sembra quasi di capire la ragione per cui è morto a soli ventisette anni, con quella sua bellezza anomala e quella sua eleganza innata: come se l’irruenza, la forza, la malattia che aveva dentro fossero troppo forti per non ucciderlo.
I suoi lavori, dal 1981 (anno in cui “SAMO is dead”, ossia in cui i suoi primi graffiti firmati con l’acronimo ormai famoso, muoiono per entrare nelle gallerie di SoHo) al 1988 (anno in cui è lo stesso Jean-Michel Basquiat a morire), mantengono come cifra caratterizzante principale uno straordinario eclettismo.
Ciascuna tela è una sofferta mescolanza tra rabbia e ironia, tra linguaggio adulto e linguaggio infantile, tra passato e presente, tra riferimenti culturali diversissimi tra loro, tra realtà e fantasia, ma soprattutto tra pittura e scrittura.
Basquiat sembra adorare i nomi, le parole, non nel loro significato ma semplicemente per il loro significante e per il loro impatto visivo: ciascuna tela è una composizione affollata di scritte lapidarie e apparentemente (anzi, molto spesso non è solo un’apparenza) senza senso, che si mescolano con immagini assolutamente superficiali, bidimensionali, che richiamano i soggetti più vari. Il tutto nello stile giocoso della pittura naif , e con un fortissimo impatto cromatico e figurativo.
Evidenti i richiami all’arte contemporanea: c’è Pollock, nei capricci del colore che schizza e sgocciola sulla tela con un’aggressività cromatica che vuole essere ribellione; c’è Cy Twombly, nell’idea della grafia elementare e dei frammenti verbali; ci sono – forse più nascosti – Magritte e Klee, nel riferimento talora presente in Basquiat all’onirico e al visionario; e ci sono Lichtenstein e Warhol con la pop art dei soggetti pubblicitari e popolari.
Proprio con Warhol, come già accennato, il giovane artista intreccia – oltre ad un’amicizia personale – un sodalizio collaborativo in cui rientra anche Francesco Clemente.
Sarà difficile per Basquiat superare il turbamento provocatogli dalla morte di Warhol avvenuta nel 1987, e quella morte entrerà nei suoi quadri sottoforma di scheletro stilizzato, un po’ come la vedono i bambini, ma non per questo meno difficile da accettare.
Barbara Meneghel
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Ernok