collettivo culturale tuttomondo Fabrizio Lombardo (Italia)
Ho dimenticato ancora una volta le coordinate per la crudeltà. Riprovo con i vetri aguzzi, il ghiaccio tra i denti,l’incertezza/ la resa. Abito vestiti soliti. Con poche sfumature di grigio e di nero per mimetizzarmi meglio con la ghiaia davanti a casa.
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Fabrizio Lombardo
da Coordinate per la crudeltà, Edizioni Kurumuny, 2018
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immagine: copertina del libro – opera di Emanuela Frassinella, Solchi (particolare)
Fabrizio Lombardo (Bologna, 1968) E’ stato uno dei fondatori, nel 1994, di “Versodove -rivista di letteratura”, di cui ancora oggi è redattore.
È direttore operativo di una catena di librerie. Cura, insieme alla redazione di Versodove, la rassegna Passaggi di versi al festival della saggistica Passaggi di Fano.
Ha pubblicato i libri Carte del cielo, (VersodoveTesti, 1999), di quello che resta (Fara,1998) e Confini provvisori (Joker, 2008). Sue raccolte sono presenti in: Il grande blu, il grande nero (Transeuropa, 1988), Poesie del Navile (Mobydick, 1996) Sesto Quaderno di Poesia Italiana (Marcos Y Marcos 1998), Ákusma (Metauro, 2000) Parole di passo (Aragno, 2003), Parola Plurale (Sossella, 2005), La linea del Sillaro (Campanotto, 2006); Memoria mare (Pendragon, 2009).
Suoi versi sono apparsi su Il Verri, Poesia, Tratti, Atelier, La clessidra, L’Ulisse, sui quotidiani Corriere della sera e Repubblica.
Ha curato le note del volume Yellow, di Antonio Porta (Mondadori, 2002).
Giunto alla terza raccolta, Fabrizio Lombardo assembla in Coordinate per la crudeltà una serie di quattro reportage, tanti quanti sono le sezioni in cui è diviso il libro, incentrati sulla realtà e sulla vita quotidiana dentro cui gli esseri umani agiscono.
Via via che il testo procede, i componimenti appaiono farsi sempre più rarefatti quanto impetuosi, passando dalla riflessione di un privato quotidiano alla constatazione dell’orrore insito nell’universo del lavoro, così come oggi ci si propone.
Mantenendo fede a uno stile dagli accenti rapsodicamente lirici, pur restando sempre strettamente collegato con una versificazione narrativo-riflessiva, oltre che profondamente autobiografica, Lombardo traccia le coordinate tutte contemporanee di un teatro della crudeltà tenuto in tensione sul filo di una glaciale constatazione degli eventi.
Anche quando il personaggio cui l’autore si rivolge prende le sembianze concrete di uno degli affetti più intimi.
È proprio in questo sguardo, attento quanto parzialmente distaccato, che Lombardo indica la necessità di nuove coordinate capaci di tracciare una possibile rotta attraverso la quale permettersi di vedere finalmente, quindi di riconoscere, la crudeltà del nostro contemporaneo, meglio: la “dittatura del contemporaneo”.
Apparentemente invisibile ai nostri occhi, sottolinea Lombardo lungo tutto il suo libro, la crudeltà deve invece essere indicata e nominata, affinché non ci fagociti. Ecco anche perché, in Coordinate per la crudeltà, il paesaggio appare ridotto ai minimi termini se non del tutto scomparso nella sua accezione classica.
Lo troviamo spesso annegato nella nebbia, o sostituito dalle catatoniche composizioni create per lo più da silenziosi, inquietanti Centri commerciali.
Anche questo diventa in Lombardo notazione forte di come il nostro occhio abbia difficoltà a percepire natura e suo concetto – al pari di quello di umanità – se non travisato, se non nelle forme della totale contaminazione. Stesso segnale di alienazione che può provare chi sfreccia lungo l’autostrada o si muove all’interno di un orizzonte vuoto dove il Retail ha manomesso, fino a renderla assuefatta, la nostra percezione del mondo, di cosa lo abita, di come sia stato pervertito dal profitto.