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Alvaro Mutis (Colombia)

06/04/2022 By carlaita

collettivo culturale tutto mondo Álvaro Mutis (Colombia)

di Álvaro Mutis (Colombia)

A volte penso che sia arrivata l’ora di
tacere.
Di lasciare da parte le parole,
le povere parole sfruttate
sino alle ultime fibre,
vessate ancora e ancora
finché non hanno perso
il più sottile segno
della loro intenzione originale
di nominare le cose, gli esseri,
i paesaggi, i fiumi
e le effimere passioni degli uomini
in sella su destrieri
bardati dalla vanità,
prima di avere la schietta
inconfutabile lezione della tomba.
Sempre gli stessi,
consumando le parole
fino a non poter neanche farne preghiera,
né esibire i propri desideri
nella modesta dimensione dei loro sogni,
sogni mendicanti,
più adatti alla pietà e all’oblio
che al vano rantolare del ricordo.
Le parole insomma che cadono
nel pozzo senza fondo
dove vanno a cercarle
tribuni inorgogliti
avidi di potere
comunque misto a ombra e a sventura
Immersa nel silenzio
che l’avvolge come in acque tranquille
di ruscello che fermando il corso
s’abbandona all’immutabile
quiete delle liane,
all’impercettibile fremito delle radici,
nel silenzio sì, Rimbaud l’aveva detto,
deve vivere la poesia:
l’unica ormai possibile,
forgiata negli abissi
dove ogni cosa nominata
da molto tempo ha perso
la minima occasione di sussistere,
di rinnovare la sterile menzogna
ordita nella tenue trama delle parole
che senza posa girano nel vuoto
e nelle sciocche faccende degli uomini
si perdono.
Penso a volte che sia arrivata l’ora di
tacere,
ma il silenzio sarebbe allora
un premio smisurato,
una grazia indicibile
che non credo di avere meritato ancora.
_
Álvaro Mutis Colombia poesia cctm a noi piace leggere tacere

de Álvaro Mutis (Colombia)

Pienso a veces que ha llegado la hora de
callar.
Dejar a un lado las palabras,
las pobres palabras usadas
hasta sus últimas cuerdas,
vejadas una y otra vez
hasta haber perdido
el más leve signo
de su original intención
de nombrar las cosas, los seres,
los paisajes, los ríos
y las efímeras pasiones de los hombres
montados en sus corceles
que atavió la vanidad
antes de recibir la escueta,
la irrebatible lección de la tumba.
Siempre los mismos,
gastando las palabras
hasta no poder, siquiera, orar con ellas,
ni exhibir sus deseos
en la parca extensión de sus sueños,
sus mendicantes sueños,
más propicios a la piedad y al olvido
que al vano estertor de la memoria.
Las palabras, en fin, cayendo
al pozo sin fondo
donde van a buscarlas
los infatuados tribunos
ávidos de un poder
hecho de sombra y desventura
Inmerso en el silencio,
sumergido en sus aguas tranquilas
de acequia que detiene su curso
y se entrega al inmóvil
sosiego de las lianas,
al imperceptible palpitar de las raíces;
en el silencio, ya lo dijo Rimbaud,
ha de morar el poema,
el único posible ya,
labrado en los abismos
en donde todo lo nombrado
perdió hace mucho tiempo
la menor ocasión de subsistir,
de instaurar su estéril mentira
tejida en la rala trama de las palabras
que giran sin sosiego en el vacío
donde van a perderse
las necias tareas de los hombres.
Pienso a veces que ha llegado la hora de
callar,
pero el silencio sería entonces
un premio desmedido,
una gracia inefable
que no creo haber ganado todavía

 

Traduzione italiana di Martha L. Canfield

dipinto di Andrew Wyeth, Frostbitten,  1962

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A volte penso che sia arrivata l’ora di tacere … di Álvaro Mutis

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