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Alda Merini Io sono l’ uva

10/04/2022 By carlaita

collettivo culturale tuttomondo Alda Merini io sono l’ uva

di Alda Merini (Italia)

Io sono l’ uva io sono la gola e anche
l’ accidia quando il peccato trova in me
la dimora, e in fondo sono l’ estasi
del piacere perchè nel calice dell’ amore
io sono virtualmente
il nulla.
_
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de Alda Merini (Italia)

Yo soy la uva, yo soy la garganta y también
la inercia cuando el pecado encuentra en mí
su morada, y en el fondo soy el éxtasis
del placer porque en el cáliz del amor
yo soy virtualmente
el nada

_
traduzione dal web

dipinto Mel Odom

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«Sono nata il ventuno a primavera», così recita un verso di Alda Merini, che inizia giovanissima a comporre le sue prime liriche.

Segnalata dal critico Giacinto Spagnoletti, nel 1950 pubblica due sue poesie (Il gobbo e Luce) nell’antologia di Poesia italiana contemporanea 1909-1949 (Guanda 1950). Inizia così la frequentazione del mondo letterario milanese dove conosce, fra gli altri, Giorgio Manganelli – vero maestro per lei e suo primo grande amore – David Turoldo, Maria Corti, Luciano Erba.

La sua prima raccolta poetica, La presenza di Orfeo, esce per l’editore Schwarz nel 1953, anno anche del suo matrimonio con Ettore Carniti.
Alla prima raccolta seguono Paura di Dio (1955), Nozze romane (1955), Tu sei Pietro (1961): sono anni molto intensi, già minati però da quel disagio che la porterà all’internamento nel manicomio Paolo Pini, nel quale resterà, con alterne vicende, dal ’65 al ’72, per poi emergere dal silenzio artistico solo nel 1979.

Al termine di questo forzato ostracismo letterario, la sua poesia cambia registro e le sue liriche si fanno più intense. Nel 1984 Scheiwiller pubblica Terra Santa, che nel 1993 le vale il premio Librex Montale.

Con L’altra verità. Diario di una diversa pubblicato per Rizzoli nel 1986, inizia la sua produzione in prosa, che narra, con forte accento lirico, testimone di una inevitabile uniformità percettiva, la devastante esperienza dell’internamento. Segue una ripresa artistica eccezionale che la vede dare alle stampe, tra le altre, le raccolte Vuoto d’amore (1991), Ballate non pagate (1995), La volpe e il sipario (1997), Fiore di poesia 1951-1997 (1998), Superba è la notte (2000), La clinica dell’abbandono (2003) e infine Nel cerchio di un pensiero (2005).

Sono da ricordare poi alcune opere che costituiscono quasi le finestre di una stessa casa. Una casa dentro la quale si è sviluppato un intenso dialogo con l’immaginario biblico-cristiano: L’anima innamorata (2000) dedicata a Padre David Maria Turoldo «amico e poeta»; Corpo d’amore. Un incontro con Gesù (2001) con prefazione di Gianfranco Ravasi; Magnificat. Un incontro con Maria (2002); La carne degli angeli (2003); Poema della croce (2004), dedicato a Giovanni Raboni e con prefazione di Ravasi; Cantico dei Vangeli (2006); e infine Francesco. Canto di una creatura (2007), Mistica d’amore (2008) e Padre mio (2009).

Il nucleo della poesia meriniana intreccia costantemente dramma esistenziale e ispirazione religiosa, e genera una poesia carica di forza visionaria. La parola poetica giunge alla poetessa inaspettata, oracolare, come una sorta di visitazione da accogliere e da cui non pare possibile sottrarsi.
La vita, dunque, il suo dramma e la sua bellezza, l’amore, quello umano, carnale e fecondo, carico di ambiguità e di forza generativa, l’incontro col Dio compagno di strada, questi alcuni dei temi meriniani.

La dimensione religiosa, poi, pur presente da sempre nei testi della poetessa milanese, si potenzia nella sua produzione più recente a cui presta un ricchissimo bagaglio di figure archetipiche e di metafore. E’ infatti la corporeità che occupa i versi di Merini, come conditio sine qua non del nostro esistere in relazione, sia pure a rischio dell’ambivalenza e del carico di dolore che il corpo porta con sé.

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«Sono nata il ventuno a primavera», così recita un verso di Alda Merini, che inizia giovanissima a comporre le sue prime liriche

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