cctm collettivo culturale tuttomondo Stefano Simoncelli
di Stefano Simoncelli (Cesenatico, 1950)
Una fessura dovrà esserci da qualche parte,
una ferita mai rimarginata o interstizio
dove sgusciare per raggiungerti
adesso che sei pura energia nell’aria.
Forse dovrò aspettare il prossimo inverno
(ti piaceva immensamente l’inverno),
la cruna del suo gelo da cui passare
con il mio cappotto di cammello
o un percorso più caldo e sinuoso:
l’impianto idraulico, le tubature
che corrono dentro i muri
e sotto i pavimenti
fino ai radiatori
nella cui corrente immobile
potrò nuotarti accanto evaporando.
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da Giocavo all’ala, Pequod, 2005
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illustrazione: A mia madre by Dina Carruozzo Nazzaro aka AtelierD
Stefano Simoncelli è nato nel 1950 a Cesenatico e da circa dieci anni vive all’Acquarola sulle colline di Cesena.
È stato uno dei redattori di «Sul Porto», la rivista di letteratura e politica che catturò negli anni Settanta l’attenzione e la collaborazione di poeti come Pasolini, Bertolucci, Caproni, Sereni, Fortini, Raboni e Giudici.
Nel 1982 ha pubblicato presso Guanda “Via dei platani” (premio Mondello opera prima). Nel 1989, è uscito il libro Poesie d’avventura. Nel 2004 ha pubblicato con Pequod la raccolta Giocavo all’ala (premio Gozzano) e nel 2006 La rissa degli angeli.
Nel 2012 ha pubblicato Terza copia del gelo presso le edizioni Italic Pequod e nel 2014 Hotel degli introvabili. Nel 2015 è uscito il racconto in prosa poetica Il collezionista di vetri (Italic arte) con fotografie di Daniele Ferroni e la plaquet notizie interferenze sibili edita dai Quaderni di Orfeo.
Nel 2017 è uscita la silloge Prove del diluvio. Nel 2018 è uscita la silloge Residence Cielo. Nel 2019 esce la plaquette La paura dei tuoni con chine del pittore Silvano Barducci e introduzione di Mario Santagostini. Nel 2023 ha pubblicato, con Pequod, Sotto falso nome.
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Giocavo all’ala, Pequod, 2005
Il “prodigioso tormento d’essere al mondo” è al centro dei versi intimi, struggenti di Stefano Simoncelli in questa raccolta. L’incedere del tempo scandisce la strenua ricerca di unione totale con la donna amata e l’inevitabile paura di abbandono, perdita, morte.
Ma è la scomparsa della madre il momento culminante del suo errare. Come Perceval, ritorna a casa troppo tardi perché la madre è già morta, e di fronte al dolore di questa verità cerca di ricomporre la propria identità frammentata. Ora che lei non c’è più, può finalmente confessarsi il bisogno di esserle vicino, può urlare “ti voglio” con rabbia, la rabbia di non averlo saputo fare prima.
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