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L’ infinito di Giacomo Leopardi (Recanati, 1798 – Napoli, 1837)
Manoscritto autografo convervato presso l’ Archivio Comunale di Visso
Sempre caro mi fu quest’ermo colle,
E questa siepe, che da tanta parte
Dell’ultimo orizzonte il guardo esclude.
Ma sedendo e mirando, interminati
Spazi di là da quella, e sovrumani
Silenzi, e profondissima quiete
Io nel pensier mi fingo; ove per poco
Il cor non si spaura. E come il vento
Odo stormir tra queste piante, io quello
Infinito silenzio a questa voce
Vo comparando: e mi sovvien l’eterno,
E le morte stagioni, e la presente
E viva, e il suon di lei. Così tra questa
Infinità s’annega il pensier mio:
E il naufragar m’è dolce in questo mare.
Giacomo Leopardi (Recanati, 29 giugno 1798 – Napoli, 14 giugno 1837) è stato un poeta, filosofo, scrittore e filologo italiano.
È ritenuto tra i maggiori poeti italiani dell’Ottocento e una delle più importanti figure della letteratura mondiale, nonché uno dei principali esponenti del romanticismo letterario, sebbene abbia sempre criticato la corrente romantica di cui rifiutò quello che definiva “l’arido vero”, ritenendosi vicino al classicismo. La profondità della sua riflessione sull’esistenza e sulla condizione umana — di ispirazione sensista e materialista — ne fa anche un filosofo di spessore. La qualità lirica della sua poesia lo ha reso un protagonista centrale nel panorama letterario e culturale internazionale, con ricadute che vanno molto oltre la sua epoca.
Leopardi, intellettuale dalla vastissima cultura, inizialmente sostenitore del classicismo, ispirato alle opere dell’antichità greco-romana, ammirata tramite le letture e le traduzioni di Mosco, Lucrezio, Epitteto, Luciano e altri, approdò al Romanticismo dopo la scoperta dei poeti romantici europei, quali Byron, Shelley, Chateaubriand, Foscolo, divenendone un esponente principale, pur non volendo mai definirsi romantico. Le sue posizioni materialistiche, derivate principalmente dall’Illuminismo, ma sviluppatesi successivamente in un compiuto sistema filosofico e poetico, si formarono invece sulla lettura di filosofi come il barone d’Holbach, Pietro Verri e Condillac, a cui egli unisce però il proprio pessimismo, originariamente probabile effetto di una grave patologia che lo affliggeva. Morì nel 1837 poco prima di compiere 39 anni, di edema polmonare o scompenso cardiaco, durante la grande epidemia di colera di Napoli. (fonte Wikipedia)
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