collettivo culturale tuttomondo Cesare Pavese lasciavamo
Quando ci lasciavamo, non ci pareva di separarci, ma di andare ad attenderci altrove.
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Cuando nos dejábamos, no parecía separarnos sino de ir a esperarnos en otro lado.
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Cesare Pavese
foto Władysław Sławny 1955, fair use
Annoverato tra i maggiori intellettuali italiani del XX secolo, Cesare Pavese ha operato come poeta, scrittore, traduttore e critico letterario.
Vincitore del Premio Strega nel 1950 per “La bella estate”, Pavese è uno degli autori più sorprendenti della letteratura italiana. Anche se, al giorno d’oggi è poco letto, merita davvero di essere riscoperto per via della sua scrittura profonda e delle sue opere, tra le poche realmente in grado di interpretare il ‘900.
Il modo di scrivere di Cesare Pavese risulta, al contempo, coinvolgente per le vicende raccontare e profondo per come continua incessantemente a scavare nell’animo umano. Da sempre attento alle realtà contadine e del popolo, Pavese ha anche avuto una grande apertura rispetto alle letterature europee e non solo; Cesare fu infatti uno dei primissimi ad interessarsi alla letteratura statunitense, essendo anche traduttore. Autore neorealista, Pavese è marchiato da una tragica visione della vita, concentrata sulle problematiche esistenziali e sul mito contrapposto alla realtà contemporanea.
La personalità dell’autore è specchio della sua poetica e del pensiero che egli trasmette nelle sue opere.
Introverso, tendente alla depressione e al suicidio (poi tragicamente attuato), Pavese è affetto da quella che egli stesso definisce “paura di vivere” che si traduce nella spiccata tendenza a dubitare di tutte quelle che sono le decisioni importanti da prendere nella vita. In molti sostengono anche che la via del suicidio venne percorsa da Pavese pure per via di diverse frustrazioni sentimentali che provò negli ultimi anni della sua esistenza.
La poetica di Pavese, dunque, è caratterizzata da un contrasto tra fanciullezza e adolescenza, viste come età di spensieratezza inconsapevole, e l’età adulta, caratterizzata invece da una serie di doveri imposti dalla società, primo fra tutti il lavoro.
Spesso parlerà del lavoro, Pavese, considerandolo fonte di fatica e oppressione alle quali l’uomo può sfuggire solo e soltanto attraverso l’immaginazione e il ricordo dei momenti belli e spensierati che hanno caratterizzato la sua infanzia.
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