collettivo culturale tuttomondo Museo del Giocattolo (Napoli)
Il Museo del Giocattolo di Napoli è un museo dedicato al ricordo di Ernst Lossa, il bambino zingaro ucciso nel 1944, a quattordici anni, dalla feroce campagna nazista di eugenetica.
Il Museo del Giocattolo di Napoli nasce dall’incontro tra uno dei principali centri di studi e ricerca nel campo dell’educazione e dell’infanzia, qual è l’Università degli Studi Suor Orsola Benincasa, e una delle più raffinate collezioni di giocattoli antichi presenti sul territorio italiano, quella di Vincenzo Capuano, docente di Storia del Giocattolo presso la Facoltà di Scienze della Formazione.
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The Toy Museum (Museo del Giocattolo), devoted to Ernst Lozza – a young gipsy killed at the age of 14 by the Nazis in 1944 – contains a collection of about 1500 old toys from various areas.
Set up with the aim of combining two museums within the convent complex, now a university, the Polo Museale Suor Orsola Benincasa in Naples is a museum network that includes the Art History Museum (Museo Storico-Artistico) and the Toy Museum (Museo del Giocattolo). The former is a large permanent workshop designed to provide information about art and art history for people with special needs through the project “L’arte apre alla disabilità” (Art embraces people with special needs).
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foto: giocattolo di legno con meccanismo a trascinamento de La Norimberga, Italia anni ’50 del XX sec., Museo del Giocattolo Napoli
L’idea della collezione è nata quando ero bambino. A tre anni, a Natale del 1965, mio padre mi regalò un pupazzo americano, che non si vedeva in Italia.
Ma a Napoli c’erano le basi Nato e arrivava molta roba di contrabbando. Quello è stato il mio numero uno, come il primo dollaro di Zio Paperone. Si chiamava Captain Action, era una specie di Big Jim con sembianze più realistiche e maschili. Aveva i costumi da supereroe.
Mi ricordo di aver pensato: me lo deve conservare per ritrovarmelo. Ora ce l’ho in collezione. Inoltre ero un appassionato ricercatore di oggetti antichi, nei cassetti, negli armadi, soprattutto a casa dei miei nonni. C’era in me fin da allora un amore per la ricerca, una vocazione, diciamo, un po’ archeologica.
Ho sempre pensato di essere diventato un collezionista appassionato perché sono in realtà un artista fallito. Non ho gli strumenti e le tecniche per esprimermi artisticamente, ma ho cercato comunque qualcosa che mi permettesse di raccontare quello che sento. E quindi ho amato gli oggetti che sentivo più aderenti a questa forma personale di narrazione.
Vincenzo Capuano