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LACERATA TIERRA DE GRACIA. IL POETA CANTA LA TUA BELLEZZA E IL TUO DOLORE di Cecilia Chiavistelli
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A nord dell’equatore esiste un autentico paradiso, uno dei pochi paesi al mondo privilegiati per le sue caratteristiche naturali. Il Venezuela è uno dei 17 scrigni vitale della Terra. Tanta bellezza, fa da sottofondo a una delle più grandi tragedie umane. Tensioni e conflitti sono uniti alle molecole dell’aria che la popolazione, affamata, derubata e oltraggiata, respira ogni giorno. Nel Venezuela, il paese dalla bellezza folgorante, si sopravvive disordinatamente, si sparisce e si muore inutilmente. La guerra tra governo e opposizione, lacera le notti e le anime. In un eterno scontro. La tensione sale e scende ma non scompare mai. Sono i giovani, gli artisti, i poeti e chiunque si trovi nel raggio d’ombra a svanire. Sono quelli che hanno il coraggio di guardare la realtà e documentarla che rischiano la prigione e la tortura.
Il Venezuela. E le parole di un poeta, che non distoglie lo sguardo.
Ecco come Antonio Nazzaro, nel suo libro “Appunti dal Venezuela. 2017: vivere nelle proteste”, collana: Lontani da qui, 2017, Edizioni Arcoiris, descrive il luogo dove ha scelto di vivere:
“A volte, in verità spesso, in questi ultimi tempi, molti mi chiedono di spiegare cosa succede in Venezuela. È davvero complicato spiegarlo e bisognerebbe andare indietro nel tempo e tanto. Una cosa però mi stupisce da sempre. Da anni, sia da parte del Governo che dell’opposizione, si chiama il popolo a esprimere il proprio volere quasi su ogni cosa con dibattiti e riunioni, le comuni, le missioni e quant’altro. Adesso anche con la costituente. Ebbene, questo popolo non ha mai chiesto giustizia per i forse tre, cinque, chissà ottomila desaparecidos della sua storia politica. Una commissione che indaga sui fatti ha prodotto solo silenzio ma nessun urlo di protesta. Nessuno ne chiede giustizia.
Forse è questa la sintesi più chiara di un Paese che non c’è.
noi qui viviamo
la sopravvivenza
senza sopravvivere”.
Ma non solo. Antonio Nazzaro con l’armonia del poeta e la freddezza del documentatore, pagina dopo pagina, racconta la situazione del paese, dove non ci sono certezze e la dignità delle persone è un concetto dimenticato. La corruzione è l’arma che i potenti del governo usano per dividere, controllare e sopprimere. Sono sempre più numerosi i sopraffatti dalla fame, esclusi dalla sanità, allontanati dalla possibilità di una vita decorosa, costretti all’incertezza quotidiana. E poi ci sono le guerriglie urbane, le barricate e le manifestazioni, con la polizia bolivariana onnipresente, pronta a reprimere ogni tentativo di ribellione e anche ogni coda notturna in attesa dell’apertura del supermercato.
Visioni che fanno male, intrecciate come sono alle vicissitudini degli affetti. Così il poeta scrive nei mesi più bui del paese, una sorta di diario, descrivendo quel che vede, chi incontra. Sono i mesi del 2017, dove la crisi fa precipitare il Venezuela in un caos sempre più oscuro da cui non si riprende. Così scrive Antonio Nazzaro: “Siamo un paese in balia di violenti da una parte e dall’altra. Tutti i leader politici di questa terra sono coinvolti in atti di violenza nella loro storia. E adesso perché loro continuino o tornino a comandare s’ammazzano ragazzini”.
Mesi di proteste, e morti, i beni di prima necessità che scarseggiano, e l’inflazione inarrestabile, mentre la rabbia popolare riempie le strade.
A nord dell’equatore esiste un autentico paradiso
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